I giudici di Cassazione, in una causa relativa a dei recuperi fiscali effettuati a seguito di indagini finanziarie, affrontano e risolvono tre questioni frequentemente sollevate nelle deduzioni difensive dei contribuenti: rapporto esistente tra processo penale e tributario; consistenza della prova contraria del contribuente; necessità o meno del riconoscimento di costi correlati al maggior reddito accertato.
Difesa del contribuente nelle indagini finanziarie: il parere della Cassazione
A seguito della notifica di un avviso di accertamento redatto al termine delle c.d. indagini finanziarie, un contribuente proponeva ricorso alla Suprema Corte per tentare di ribaltare la “doppia conforme” a suo sfavore, dato che sia i giudici di prime cure che quelli regionali avevano respinto le sue censure difensive.
In particolare, la commissione di secondo grado aveva ritenuto che “l’esito del processo penale a carico del T., conclusosi con formula assolutiva, non poteva incidere sul processo tributario”, affermando altresì che le prove addotte “a discarico” dal ricorrente “non avevano offerto elementi di prova sufficienti a superare le presunzioni”.
L’organo di nomofilachia, preso atto dei quattro motivi di ricorso, ha rigettato le deduzioni difensive opposte, condannando altresì il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Con riguardo all’esito assolutorio ottenuto dal contribuente nel processo penale, il collegio di legittimità ha messo in evidenza che:
“se è vero infatti che la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula “perché il fatto non sussiste”, non spiega automaticamente efficacia di giudicato nel processo tributario, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta decisione è destinata ad operare (Cass., 22/05/2015, n. 10578; 27/06/2019, n. 17258), e se ciò implica che è compito del giudice di merito valutare nell’ambito del processo tributario la rilevanza dei fatti accertati in sede penale, doveva essere onere del ricorrente indicare quali fossero quei fatti ed in che misura essi potevano incidere sulla presente controversia”.
Nel caso di specie, i giudici non hanno ritenuto assolto dal contribuente il proprio onere probatorio proprio perché il motivo di ricorso appariva “del tutto generico, privo di contenuto e riferimenti circoscritti, limitandosi ad affermazioni di principio incapaci di far comprendere se e in quale misur