E’ una eccezione di rito quella diretta a ottenere la dichiarazione di inutilizzabilità nel processo della documentazione non resa disponibile in sede di controllo?
Quando la devoluzione al giudice d’appello dell’eccezione di rito va necessariamente veicolata dall’appello?
Deve proporre appello incidentale la parte totalmente vittoriosa nel merito per l’eccezione di inutilizzabilità della documentazione non esaminata dal giudice di primo grado?
L’esposizione in controdeduzioni di tale eccezione comporta la rinuncia all’impugnazione e il conseguente passaggio in giudicato interno della stessa questione?
Gli Ermellini forniscono una chiave risolutiva alle problematiche e alle difficoltà operative in riferimento al regime processuale della ‘eccezione di rito diretta a ottenere la dichiarazione di inutilizzabilità nel processo della documentazione non resa disponibile in sede di controllo.
Eccezione di rito: il principio
L’eccezione di rito deve essere esaminata prima del merito e ne condiziona l’esame; a tal riguardo, il silenzio del giudice di primo grado si risolve in un error in procedendo, cioè nell’inosservanza della regola per cui il merito si deve esaminare solo per il caso di infondatezza dell’eccezione di rito.
Viola l’articolo 276 del cpc il giudice di primo grado che tratta direttamente e solamente il merito della causa senza affrontare dapprima la questione preliminare in rito riguardante l’inutilizzabilità della documentazione ex artt. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 e 52 d.P.R. n. 633 del 1972.
E’ una eccezione di rito quella diretta a ottenere la dichiarazione di inutilizzabilità nel processo della documentazione non resa disponibile in sede di controllo
L’impugnazione incidentale costituisce l’unico rimedio per ovviare al rigetto (espresso oppure implicito) nonché all’omesso esame (ricomprendendosi in quest’ultima espressione tanto l’ipotesi di illegittima pretermissione quanto la violazione dell’ordine di decisione delle domande e/o delle eccezioni impresso dalla parte) di una domanda e/o di un’eccezione.
Dunque, la riproposizione entra in gioco nei soli casi in cui non vi è la necessità di spiegare una critica nei confronti della sentenza impugnata, ovvero nelle ipotesi di legittimo assorbimento, nelle quali la parte può limitarsi – mancando una decisione sulla domanda e/o sull’eccezione avanzata – a proporre nuovamente (per l’appunto, ri-proporre) l’istanza non esaminata, cioè non accolta in quanto ritualmente assorbita.
Quindi, la parte totalmente vittoriosa nel merito, ma soccombente[1] su questione pregiudiziale di rito e/o preliminare di merito (in questo caso l’Ufficio, che si è visto sia pur indirettamente rigettata dalla CTP l’eccezione di inutilizzabilità della documentazione) per devolvere alla cognizione del giudice superiore la questione, rispetto alla quale ha maturato una posizione di soccombenza (teorica), deve spiegare appello incidentale[2].
Ciò impone, sul piano della tecnica processuale, il rispetto dei rigidi dettami di cui all’art. 342 codice di procedura civile nonché dei tempi di cui all’art. 343 codice procedura civile, pena l’inammissibilità del gravame ed il conseguente passaggio in giudicato interno della stessa questione ex art. 329, comma 2, codice di procedura civile.
L’appello incidentale è l’unico rimedio alla soccombenza virtuale derivante dalla violazione della regola secondo cui l’eccezione di rito deve essere esaminata prima del merito e ne condiziona l’esame.
Tali principi sono stati precisati dalla Corte di cassazione.
Il caso di Cassazione
Nel cas