Contratto di affitto di azienda: trattamento degli ammortamenti e IVA

Col contratto di affitto di azienda il concedente, proprietario del bene, attribuisce l’intera gestione a un soggetto terzo, affittuario; spesso le problematiche di questo utilizzatissimo contratto non sono ben conosciute: in questo articolo puntiamo il mouse sulla questione della deducibilità delle quote di ammortamento per l’affittuario e sul trattamento ai fini IVA dell’affitto (con particolare attenzione al caso dell’affitto dell’unica azienda).

Con il contratto di affitto d’azienda, il concedente, proprietario del bene, attribuisce l’intera gestione dell’azienda di cui è proprietario a un soggetto terzo, affittuario, che si obbliga a

“gestire l’azienda senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte”;

la recente nota della Fondazione Accademia Romana analizza gli aspetti civilistici, contabili e fiscali dell’operazione.

Con il presente commento analizziamo l’aspetto che interessa il trattamento degli ammortamenti e la questione delle imposte indirette.

Con comunicazione del 4 agosto 2016, la Fondazione Accademia Romana di Ragioneria Giorgio di Giulia Maria, ha fatto presente che è stata pubblicata on line, la nota operativa n.9/2016, avente ad oggetto “L’affitto d’azienda: aspetti civilistici, contabili e fiscali”; col presente commento analizziamo la parte in cui è trattata la questione della deducibilità delle quote di ammortamento per l’affittuario e del trattamento ai fini IVA dell’affitto di azienda.

 

Aspetti civilistici dell’affitto di azienda

Da un punto di vista civilistico l’affitto di azienda è un contratto in forza del quale il proprietario concede un diritto personale di godimento ad un terzo dietro pagamento di un canone.

La disciplina di tale contratto, per espressa previsione delcombinato disposto degli artt. 2561 e 2562 c.c., fa integralmente riferimento a quella dell’usufrutto dell’azienda, con il vincolo dell’affittuario, di:

  • esercitare l’attività senza modificare la ditta che contraddistingue l’azienda;
  • non modificare la destinazione dell’azienda, in modo da conservarne l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti, nonché le normali dotazioni di scorte, con applicazione dell’art. 1015 c.c. in caso di inadempienza ai suddetti obblighi o di cessazione arbitraria dalla gestione dell’azienda.

Il contratto di cessione dell’azienda, o di affitto, determina l’automatico trasferimento all’acquirente (o all’affittuario) di tutti i rapporti compresi nel complesso aziendale, sia attivi che passivi.

Salvo diversa disposizione, infatti, l’affittuario subentra nei contratti aziendali, compresi quelli con i dipendenti, limitatamente alla durata della locazione. Per quanto concerne i crediti dell’azienda concessa in locazione, è opportuno evidenziare che la gestione degli stessi resta, in assenza di apposito accordo tra le parti, esclusiva del proprietario.

Questo in attuazione dell’art. 2559 c.c., ove si prevede che

“La cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese.

Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all’alienante. Le stesse disposizioni si applicano anche nel caso di usufrutto dell’azienda, se esso si estende ai crediti relativi alla medesima”.

Si estende, infine, al locatore dell’azienda, per la durata dell’affitto, il divieto di concorrenza di cui all’art. 2557 c.c., il quale prevede che

“Chi aliena l’azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta.

Il patto di astenersi dalla concorrenza in limiti più ampi … è valido, purché non impedisca ogni attività professionale dell’alienante. Esso non può eccedere la durata di cinque anni dal trasferimento.

Se nel patto è indicata una durata maggiore o la durata non è stabilita, il divieto di concorrenza vale per il periodo di cinque anni dal trasferimento .

Nel caso di usufrutto o di affitto dell’azienda il divieto di concorrenza … vale nei confronti del proprietario o del locatore per la durata dell’usufrutto o dell’affitto…”.

 

Aspetti fiscali dell’affitto d’azienda

Ai fini fiscali, come ampiamente risaputo, il reddito derivante dall’affitto dell’unica azienda da parte dell’imprenditore rientra nell’ambito dei redditi diversi in quanto l’affitto di azienda, comporta l’inizio di un nuovo periodo gestionale dell’azienda stessa nell’interesse ed a rischio dell’affittuario; inoltre non è previsto che il canone attribuito al locatore sia ottenuto nell’esercizio di impresa.

A tale riguardo, l’art. 67, c. 1, lett. h, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, dispone che i redditi derivanti dall’affitto e dalla concessione in usufrutto dell’unica azienda da parte dell’imprenditore “… non si considerano fatti nell’esercizio dell’impresa…”, stabilendo inoltre, analogamente, che in caso di successiva vendita totale o parziale le plusvalenze realizzate concorrono a formare il reddito complessivo come redditi diversi.

In conseguenza della concessione in affitto dell’unica azienda, l’imprenditore perde lo status di soggetto passivo Iva.

 

 

Affitto d’azienda e quote di ammortamento

La nota operativa della Fondazione Accademia Romana sottolinea che ai fini della deducibilità degli ammortamenti, l’affittuario è obbligato a mantenere in efficienza impianti e macchinari.

La quota di ammortamento deducibile in ciascun periodo di imposta dipende da due distinti fattori:

  1. le aliquote di ammortamento previste in base alla tipologia di bene e di attività svolta: potrà dedurre quote di ammortamento calcolate sulla base delle aliquote contenute nel D.M. 31.12.1988 che tiene conto dell’attività di impresa svolta e della tipologia di bene da ammortizzare;

  2. il costo originario del bene da ammortizzare.

E’ opportuno, osserva la nota della Fondazione, che l’affittuario prenda in visione il registro dei beni ammortizzabili del concedente e, ai fini di una miglior tutela, è opportuno che una copia autentica dei beni ammortizzabili venga allegata al contratto di affitto, unitamente ad una dichiarazione del locatore che ne attesti la regolare tenuta.

E’ da precisare, però, che nel caso in cui l’affittuario constati la non regolare tenuta del registro dei beni ammortizzabili (o comunque in assenza di un parametro contabile certo e documentabile), il legislatore al comma 8, dell’articolo 102, del DPR 917/86, adotta una presunzione ritenendo già ammortizzato una parte pari al 50% del costo originario del bene.

Si ricorda che tale comma 8, afferma che

“Per le aziende date in affitto o in usufrutto le quote di ammortamento sono deducibili nella determinazione del reddito dell’affittuario o dell’usufruttuario.

Le quote di ammortamento sono commisurate al costo originario dei beni quale risulta dalla contabilità del concedente e sono deducibili fino a concorrenza del costo non ancora ammortizzato ovvero, se il concedente non ha tenuto regolarmente il registro dei beni ammortizzabili o altro libro o registro secondo le modalità di cui all’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 435, e dell’articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 9 dicembre 1996, n. 695, considerando già dedotte, per il 50 per cento del loro ammontare, le quote relative al periodo di ammortamento già decorso. Le disposizioni … non si applicano nei casi di deroga convenzionale alle norme dell’articolo 2561 del codice civile, concernenti l’obbligo di conservazione dell’efficienza dei beni ammortizzabili”.

 

 

Affitto d’azienda e trattamento IVA

In merito alla partita IVA, la circolare n. 154/E del 30 maggio 1995, ha precisato che nel caso in cui l’imprenditore individuale conceda in affitto l’unica azienda di cui è titolare

“viene sospesa la partita Iva”. Il citato documento di prassi ha aggiunto, inoltre, che “ove nel periodo di affitto il titolare dell’azienda ponga in essere cessioni di beni facenti parte della azienda stessa, l’operazione deve essere assoggettata ad Iva e devono essere osservati i conseguenti adempimenti di fatturazione, registrazione, liquidazione e versamento dell’imposta e presentazione della relativa dichiarazione annuale”.

La nota in commento evidenzia che per quanto concerne l’IVA, l’affitto d’azienda rientra nel suo campo di applicazione ai sensi degli artt. 3 e 4, c. 2, del DPR 633/72 ed è soggetta all’attuale aliquota ordinaria del 22% ed all’imposta di registro in misura fissa pari a 200 €.

Come anticipato nel caso in cui l’imprenditore individuale concede in affitto l’unica azienda, l’operazione è esclusa da IVA e soggetta ad imposta di registro in misura proporzionale.

In tal caso, l’imprenditore sospende il suo status di soggetto passivo IVA, mantenendo il numero di Partita IVA ai soli fini anagrafici.

E’ da evidenziare, osserva la nota della Fondazione, che per una corretta applicazione dell’imposta di registro, bisogna verificare se il contratto di locazione prevede canoni separati per la parte immobiliare e per tutti gli altri beni, in quanto per la prima si applica l’aliquota del 2%, mentre per gli altri beni il 3%. Nell’ipotesi che il canone sia unico, invece, si applica il 3%.

16 settembre 2016

Federico Gavioli