Cessione d'azienda da padre a figlio – ad esempio licenza taxi – e plusvalenza ai fini IRPEF

è configurabile la plusvalenza ai fini IRPEF in caso di cessione d’azienda individuale – ad esempio licenza taxi – dal genitore al figlio?

 

Plusvalenza

La cessione d’azienda a titolo oneroso da parte di un imprenditore individuale nei confronti di familiari è trattata come una normale cessione, e pertanto è operazione suscettibile di generare in capo al cedente una plusvalenza imponibile, ai sensi dell’articolo 58, comma 1, periodo 1, del TUIR. Tale plusvalenza è determinata come differenza tra il prezzo di vendita e il costo fiscalmente riconosciuto dell’azienda in capo al cedente.

Cessione della licenza del servizio taxi

La cessione di una licenza di taxi concretizza una cessione di azienda1. Il trasferimento della licenza con la quale il tassista è abilitato a svolgere la propria attività è equiparabile ad una vera e propria cessione d’azienda e, pertanto, l’eventuale plusvalenza deve essere dichiarata nella propria dichiarazione dei redditi (CTR Roma 20-07-2011 n.575 sez. 14)

Cessione da padre a figlio

Qualora il trasferimento di una azienda ed in particolare di una licenza avvenga nell’ambito di un nucleo familiare (nella specie da un padre a un figlio) prima di recuperare a tassazione una plusvalenza è bene accertarsi se il trasferimento di ricchezza si è effettivamente realizzato o no. Qualora, quindi, l’Ufficio finanziario equipari a una cessione d’azienda il trasferimento della licenza taxi, il recupero della plusvalenza è illegittimo se non c’è prova del pagamento di un prezzo. Occorre, infatti, escludere che si sia trattato di un atto a titolo gratuito che (insieme al trasferimento per causa di morte) non costituisce realizzo di plusvalenza (Corte di Cassazione ordinanza del 29 settembre 2014 n. 20533)2.

La cessione della licenza del servizio taxi configura una cessione d’azienda3; tuttavia, quando avviene da padre a figlio, il trasferimento si presume a titolo gratuito, senza corrispettivo4. Il trasferimento di licenza per il servizio taxi configura una cessione di azienda, che non richiede la forma scritta ad substantiam, essendo questa prevista solo per il trasferimento di immobili e di alcuni altri beni particolari. La cessione presuppone, naturalmente, la realizzazione di una plusvalenza da assoggettare a imposizione. Il rapporto di parentela tra padre e figlio costituisce, una presunzione di gratuità dell’atto. È presumibile, infatti, che il trasferimento tra due soggetti legati da un così stretto vincolo di parentela sia avvenuto senza corrispettivo (CTR Roma 02-02-2011 n.24 sez. 6)5.

In base all’art. 54 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, la donazione di un’azienda ai figli non costituisce realizzo di plusvalenze dell’azienda stessa (Sent. n. 6837 del 18 maggio 2001 della Corte Cass., Sez. tributaria).

Ai fini della configurazione della natura onerosa dell’atto di cessione di azienda e della conseguente soggezione all’imposta sui redditi6 della relativa plusvalenza, ai sensi dell’art. 54, c. 5, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (numerazione anteriore a quella introdotta dal d.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344), occorre interpretare l’atto, secondo i canoni legali di ermeneutica contrattuale, allo scopo di accertarne la natura intrinseca, anche prescindendo dal contenuto di clausole o dichiarazioni inserite per finalità incoerenti rispetto agli elementi essenziali del tipo di contratto concluso. Costituiscono elementi presuntivi della natura onerosa di una cessione di azienda tra padre e figlio la denominazione della scrittura privata quale compravendita, con indicazione del relativo prezzo, il difetto di una vera collaborazione nell’esercizio dell’attività da parte del figlio cessionario e l’ubicazione dell’azienda) (Cass. civ. Sez. V, 11-04-2011, n. 8204).

15 ottobre 2014

Ignazio Buscema

 

1 Il compenso percepito per il trasferimento dell’attività di noleggio si configura come una cessione d’azienda e l’eventuale plusvalenza realizzata rientra nel reddito d’impresa e costituisce reddito imponibile (Sentenza del 07/11/2012 n. 603, C.T.R. Lazio, Sezione 14).La cessione della licenza di taxi deve ritenersi cessione di azienda e, come tale, costituisce una plusvalenza imponibile ai sensi degli artt. 58 e 17 lett. g del TUIR (Sentenza del 02/10/2008 n. 117, C.T.R Lazio, Sezione 26). La cessione di una semplice licenza di noleggio con conducente, sia pure collegata a un’autovettura di proprietà, manca dei requisiti minimi per la configurazione di azienda (sentenza del 09/10/2012 n. 297, C.T.R. Lazio, Sezione 4).

 

2 Il principio in base al quale la cessione d’azienda all’interno del medesimo nucleo familiare deve presumersi gratuita è stato affermato in passato già dalla Corte di Cassazione (cfr. sentenza 6837/2001). 

 

3La sentenza n. 44/06/2006 emessa dalla Ctp di Forlì enuncia il principio di diritto secondo il quale il trasferimento di un’azienda a titolo oneroso tra familiari genera plusvalenza anche per quanto riguarda l’avviamento, prescindendo dal fatto che in atto lo stesso venga o meno indicato ai fini dell’imposizione diretta. La medesima situazione di fatto, già tassata secondo le regole dell’imposizione indiretta, non può che essere rivelatrice della stessa capacità contributiva e quindi essere soggetta all’imposta diretta e al conseguente prelievo fiscale; e ciò è tanto più evidente in quanto in assenza di espresse deroghe normative, non possono sussistere due distinti concetti di cessione di azienda in relazione al settore impositivo preso in esame. D’altra parte, sia l’articolo 54, comma 5, del Dpr 22 dicembre 1986, n. 917 (nella formulazione ante riforma) ai fini della tassazione diretta delle plusvalenze conseguite mediante cessione a titolo oneroso, sia l’articolo 51, comma 4, del Dpr 26 aprile 1986, n. 131, stabiliscono che alla determinazione del valore dell’azienda trasferita concorre anche l’avviamento.

 

4 Contra,Cass. civ. Sez. V, 01-06-2007, n. 12899 secondo cui la mera sussistenza di un rapporto di parentela fra cedente e cessionario nell’ambito di un negozio traslativo della proprietà di un compendio aziendale non è di per sé idoneo a dimostrare la gratuità dell’operazione. Né appare corretto sostenere che il contenuto degli atti rileva soltanto ai fini dell’interpretazione del contratto in merito all’applicazione dell’imposta di registro. Conseguentemente, il contribuente che intenda contestare l’accertamento di maggior imponibile ai fini delle imposte sui redditi derivante dal valore venale in comune commercio attribuito all’azienda in sede di accertamento ai fini dell’imposta di registro deve assolvere all’onere della prova contraria all’uopo fornendo anche elementi indiziari sufficienti a superare la presunzione di corrispondenza dei valori accertati nelle singole discipline d’imposta.Con successiva sentenza (Corte di Cassazione, 22 aprile 2009, n. 9516), la Cassazione è giunta alle medesime conclusioni sopra esposte, accogliendo le rimostranze dell’Ufficio, in un caso di cessione di azienda a favore della figlia, affermando che “ Il giudice di secondo grado ha osservato che si era trattato di donazione, come anche risultava dalla scrittura privata predisposta dalle parti, e pertanto nessuna plusvalenza si era verificata a favore della cedente, che aveva trasferito l’azienda alla figlia. L’assunto non è esatto. Va premesso che nella cessione d’azienda, ai fini della configurazione di una plusvalenza da avviamento commerciale…, deve farsi riferimento alla natura intrinseca ed alla configurazione giuridica dell’atto che ha operato il trasferimento del bene (prescindendo dal contenuto di clausole o dichiarazioni, inserite per finalità dell’atto stesso e comunque incoerenti rispetto agli elementi essenziali del tipo di contratto concluso) ed al fatto che la stessa cessione risulta realizzata e tassabile, in presenza di un negozio oneroso. Deve invece ritenersi insussistente nel caso di trasferimento “mortis causa” o per atto gratuito a familiari, prima però che fosse intervenuta la novella di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 25, che ha escluso dalla imponibilità gli atti a titolo gratuito a favore dei familiari stessi. Peraltro l’atto di cessione prevedeva un prezzo, anche se la CTP l’aveva limitato all’avviamento, ma ciò comunque comportava che la cessione non era stata operata a titolo gratuito. Ciò posto, inoltre va rilevato che in tema di accertamento, ai fini IRPEF, delle plusvalenze realizzate a seguito di trasferimento di azienda, il valore dell’avviamento resosi definitivo ai fini dell’imposta di registro, assume carattere vincolante per l’amministrazione finanziaria, come nella specie, spostandosi sul contribuente l’onere della prova della insussistenza della contestata plusvalenza”.

 

5La CTR del Lazio, nella sentenza n. 24 del 2 febbraio 2011, in un caso di trasferimento dell’azienda al figlio, ha affermato che la cessione d’azienda “presuppone la realizzazione di una plusvalenza da assoggettare a imposizione, ma che, nella maggioranza dei casi, non viene dichiarata al Fisco. Nella fattispecie in esame, però, il trasferimento della c.d. azienda è avvenuto tra padre e figlio… Orbene, il rapporto di parentela tra padre e figlio, ad avviso di questo collegio, costituisce una presunzione di gratuità dell’atto. È presumibile, infatti, che il trasferimento tra due soggetti legati ad un così stretto vincolo di parentela sia avvenuto senza corrispettivo. Ciò in linea con lo Spirito del Legislatore, che ha voluto favorire i passaggi generazionali, senza ritenere sussistente la presunzione di passaggio a titolo oneroso”.Il medesimo organo giurisdizionale, nella sentenza n. 211 del 23 marzo 2011 ha affermato che “non sussiste il valore dell’avviamento … nel caso di trasferimento dell’azienda da padre a figli allorquando questi ultimi collaboravano con il primo nella gestione dell’esercizio, verificandosi in tale ipotesi solo un mutamento della ditta. In tale ipotesi esiste il vincolo di parentela tra cedenti e cessionari ed in tale occasione non si può invocare la normativa fiscale che regola la cessione onerosa tra parenti” .in definitiva ,l ‘atto unilaterale di carattere amministrativo con il quale il padre, come nel caso esaminato dai giudici tributari laziali, in ottemperanza al regolamento comunale, consente alla voltura della licenza di servizio di taxi a favore del figlio configura una donazione indiretta, non tassabile ai fini delle imposte sui redditi. Per procedere alla tassazione dell’avviamento «implicitamente» trasferito da padre a figlio, l’Ufficio avrebbe dovuto dimostrare l’effettiva onerosità dell’operazione, e cioè che il figlio avesse corrisposto al padre una somma di denaro per il subentro nella licenza.

 

6La cessione a titolo oneroso dell’azienda dal padre al figlio, avvenendo in ambito familiare, non determina alcuna base imponibile per l’applicazione dell’imposta di registro, a cui, quindi, non deve essere assoggettata. Lo ha stabilito la C.T.R. di Roma, con la sentenza n. 555/01/11 del 19 settembre 2011.La C.T.R. ha ricordato innanzitutto che, ai sensi dell’articolo 58, comma 1, periodo 2, del TUIR, il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenze dell’azienda stessa: l’azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa. Secondo i giudici regionali, tale norma, pur essendo dettata per la determinazione delle plusvalenze e, quindi, del reddito imponibile ai fini delle imposte dirette, formula un principio di carattere generale sulla valutazione delle aziende cedute ai familiari, per le quali è negata l’esistenza di qualsiasi plusvalenza rispetto ai valori riconosciut  nei confronti del dante causa. L’atto di cessione dell’azienda nell’ambito familiare, infatti, è un mero strumento di regolarizzazione amministrativa della situazione contingente in cui versa il genitore che, ritirandosi dall’attività, lascia che il figlio vi subentri. In conclusione, la C.T.R. ha stabilito che, in simili situazioni, non avviene alcun trasferimento di ricchezza tassabile con l’imposta di registro e, pertanto, il ricorso del Fisco è stato respinto.

 

 

vedi Sentenza della Corte di Cassazione