La detrazione dell’IVA per spese sostenute prima dell’avvio o dopo la cessazione di un’attività non segue regole univoche. Due recenti decisioni giurisprudenziali, apparentemente simili, giungono a conclusioni opposte, sollevando interrogativi sulla coerenza interpretativa e sulla reale tutela della neutralità dell’imposta.
Detrazione IVA e operazioni esenti: la Cassazione traccia una distinzione tra attività preparatorie e cessazione
La Corte di Cassazione si è pronunciata in ordine al rimborso IVA relativo ad attività preparatorie l’inizio un’attività imprenditoriale che avrebbe dato luogo a sole operazioni non soggette ad IVA (operazioni esenti), ai sensi del combinato disposto degli artt. 19, 30 comma 2 e 38 del DPR 633/1972, nonché dell’art 168 della Direttiva n. 2006/112/CE.
L’IVA nelle operazioni preparatorie: esclusione dalla detraibilità
La Corte di Cassazione ha dapprima ritenuto di precisare come sulla questione abbia, già con la sentenza n. 4931/2025, chiarito che l’art. 19 Decreto IVA, in conformità con l’art. 17 della Sesta Direttiva (come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia), non ammette la detrazione dell’imposta pagata “a monte” per l’acquisto o l’importazione di beni, o per conseguire la prestazione di servizi afferenti al successivo compimento di operazioni esenti o comunque non soggette ad imposta, atteso che, in base alla normativa citata, ai fini della detrazione non è sufficiente che le dette operazioni attengano all’oggetto dell’impresa (principio di inerenza), essendo anche necessario che esse siano, a loro volta, assoggettabili all’IVA.
Ne deriva il corollario che l’esclusivo compimento di operazioni “esenti” da parte di un imprenditore comporta la totale indetraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti anche in ordin