Rivalutazione ISTAT canoni di locazione non tassabile se non richiesta

Se il proprietario (nel caso in esame, una società) non aggiorna il canone di locazione in base all’ISTAT e, pertanto, non incassa tali somme dal conduttore, la mancata rivalutazione del canone non può essere tassata.

Illustriamo una fattispecie di natura fiscale, relativa a un contratto di affitto che esplicitamente prevedeva dei proventi accessori (rivalutazione ISTAT canoni di locazione e interessi) al locatario; la Cassazione interviene a disciplinare un caso di contestazione per mancata dichiarazione della rivalutazione non richiesta.

 

La mancata rivalutazione ISTAT dei canoni di locazione

rivalutazione canoni locazioneUn caso recentemente trattato dalla Corte di Cassazione è relativo ad un argomento abbastanza frequente e interessante, relativo all’ambito degli immobili in affitto. Una società aveva locato un immobile ad un terzo, prevedendo contrattualmente che il locatore avesse diritto a percepire dal conduttore, oltre ovviamente ai canoni, sia l’incremento annuale del canone in base all’indice ISTAT, sia gli interessi sulle spese di ristrutturazione dell’immobile.

La società non chiedeva tali somme, e di conseguenza non le percepiva e nemmeno le dichiarava. Tale comportamento veniva giudicato illegittimo dall’ Agenzia delle Entrate, che provvedeva ad effettuare il recupero.

Il giudice di merito aveva affermato che l’Agenzia avrebbe almeno dovuto provare la corresponsione del canone maggiorato da parte del conduttore o la richiesta di aggiornamento del canone da parte della locatrice. In assenza di prove (anche presuntive) dell’effettivo versamento delle somme e della loro richiesta, la mera previsione contrattuale non dimostra la corresponsione degli importi che l’Agenzia vorrebbe tassare.

La questione giunge in Cassazione, che conferma la decisione di merito e quindi rigetta il ricorso dell’Agenzia.

 

La decisione della Cassazione

La Corte (ordinanza n. 8301, depositata il 29 marzo 2025) rileva come è giurisprudenza consolidata che la richiesta di aggiornamento del canone da parte del locatore costituisce condizione per il sorgere del relativo diritto, con la conseguenza che il locatore stesso può pretendere il canone aggiornato solo dal momento di tale richiesta, senza che sia configurabile un suo diritto ad ottenere il pagamento degli arretrati, e ciò, sia in caso di locazione di immobili ad uso non abitativo, sia per le locazioni di immobili ad uso abitativo in forza dell’art. 24 della medesima legge.

Questo principio, aggiunge poi la Corte, si applica anche “per comunanza di ratio”, agli interessi contrattualmente previsti dalle parti sugli oneri sopportati dal locatore per la ristrutturazione dell’immobile locato.

Viene, quindi, enunciato il seguente principio di diritto:

“la richiesta di pagamento degli interessi contrattualmente pattuiti dalle parti in conseguenza degli oneri sopportati dal locatore per la ristrutturazione dell’immobile, sia in caso di locazione ad uso diverso da quello di abitazione, sia in caso di locazione di immobili ad uso abitativo, costituisce condizione per il sorgere del relativo diritto; pertanto solo a seguito di tale richiesta il locatore può esigere il pagamento degli interessi, ne consegue che ove non sia stata richiesta la corresponsione, l’ente impositore non può invocare la presunzione di intervenuto versamento degli interessi ai fini dell’imposizione”.

La fattispecie commentata è interessante in quanto è applicabile non solo al caso in specie, ma anche a quello in cui locatore sia un privato, stante la logica alla base della decisione stessa.

 

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Danilo Sciuto

Giovedì 10 Aprile 2025