Illustriamo una interessante pronuncia della Cassazione, che riguarda l’eccezione di inadempimento delle prestazioni di un collegio sindacale. Il principio espresso che collega adempimento e compenso può essere esteso ad ogni ambito professionale?
“Se hai lavorato male, non puoi chiedere di essere pagato” è un principio banale, ma evidentemente non così tanto, posto che una fattispecie del genere è finita nientemeno che all’esame della Corte di legittimità.
Il caso: contestazione del compenso al Collegio Sindacale
Il caso riguarda la prestazione svolta (o meglio, svolta male) dal collegio sindacale, ma diciamo fin da subito che i principi espressi nella ordinanza che andiamo ad illustrare hanno carattere generale, per quanto riguarda le prestazioni professionali.
L’ordinanza è la n. 34671/2024 della Cassazione, nella quale è stato preso in esame il caso di due sindaci-revisori di una SPA fallita che, in sede di richiesta al curatore fallimentare di ammettere al passivo i crediti vantati nei confronti della società, vedevano eccepito il proprio inadempimento.
Quale inadempimento dei sindaci?
In breve, la società aveva venduto delle partecipazioni, grazie alla quale cessione aveva potuto chiudere l’anno con l’esposizione di un significativo utile; in verità, dopo pochi mesi, ma prima della data di approvazione dello stesso bilancio, la stessa società aveva riacquistato la partecipazione, sostanzialmente annullando (ma nell’anno successivo) la portata della posta attiva fondante il risultato positivo dell’esercizio 2019.
L’inadempimento del Collegio consisteva nel non aver dato alcuna rappresentazione di tale operazione (di riacquisto), avvenuta nel luglio 2010, nonostante l’approvazione del bilancio, inizialmente fissata per il 10.6.2010, fosse stata differita al 30.10.2020.
A loro discolpa, i sindaci sostenevano l’assenza di una norma che disporrebbe che, in caso di ritardo nell’approvazione del bilancio, le relazioni dei sindaci o degli amministratori debbano essere riviste o aggiornate (vedi qui le norme suggerite dai Commercialisti).
Inoltre, essi affermano che, anche a voler ritenere fondata l’eccezione svolta dal fallimento, questo non potrà avere come effetto quello di estinguere l’obbligazione di pagamento, potendo, eventualmente, il giudice, ove sia accertata la sussistenza di un pregiudizio arrecato alla società, ed effettuata la liquidazione, dar corso ad una compensazione tra il credito dei sindaci e quello risarcitorio vantato dalla società.
Le opposizioni vengono tutte rigettate.
L’importanza dei fatti avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio
La Suprema Corte afferma che poiché gli amministratori hanno l’obbligo di indicare nella nota integrativa al bilancio “la natura e l’effetto patrimoniale, finanziario ed economico dei fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio” (e l’evento di cui è causa rientrava senz’altro in tali fatti), i sindaci, proprio perché il dovere di vigilanza si estende al regolare svolgimento dell’intera gestione sociale in funzione della tutela non solo dell’interesse dei soci, ma anche di quello concorrente dei creditori sociali, non possono sottrarsi, a loro volta, al dovere di segnalare i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio, soprattutto in una situazione, come ricostruito dal decreto impugnato, in cui gli stessi ne erano sin dall’inizio specificamente a conoscenza.
I doveri dei sindaci – osservano i giudici di legittimità – non si esauriscono nel mero, burocratico, espletamento delle attività indicate dalla legge, ma comportano l’obbligo di adottare, in relazione alle circostanze del caso concreto, ogni atto teso a un’effettiva ed efficace (e non solo formale) vigilanza sull’amministrazione della società e sulle relative operazioni gestorie.
L’inesatto adempimento influisce sul compenso professionale
Infine, si afferma che il giudice di merito, nel negare l’ammissione al passivo di qualunque credito, ha ritenuto che l’inesatto adempimento dei sindaci non abilitasse gli stessi a chiedere alcun compenso. In altre parole, non si è proceduto ad estinguere l’obbligazione, bensì a negarne l’esistenza.
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Danilo Sciuto
Martedì 11 Marzo 2025