La verifica sulla fattibilità del piano da parte dell’attestatore

I nuovi Principi di Attestazione dei Piani di Risanamento 2024 forniscono linee guida chiare per l’attestatore, il quale ha il compito di valutare la fattibilità dei piani presentati dagli imprenditori. È essenziale che il piano analizzi approfonditamente le cause della crisi e le strategie di risanamento, focalizzandosi sugli aspetti economico-finanziari e dimostrando la capacità di ripristinare un equilibrio sostenibile.
Approfondiamo come queste nuove disposizioni possano influenzare il successo dei Piani di Risanamento.

I nuovi Principi di Attestazione dei Piani di Risanamento 2024 pubblicati nello scorso aprile dal CNDCEC, introducono alcune novità in merito alle delicate attività che competono all’Attestatore.

Com’è noto, tra i suoi compiti principali vi è anche quello di accertare la concreta fattibilità del Piano formulato dall’imprenditore, valutando se la strategia del risanamento individuata dall’impresa e dai suoi advisor sia ragionevolmente idonea a risolvere le cause del dissesto e al puntuale adempimento della proposta che viene formulata ai creditori.

I Principi precisano che al professionista indipendente incaricato – così come ora lo definisce il CCII – non spetta il compito di formulare ipotesi di soluzione della crisi alternative rispetto a quelle già individuate nel Piano.

 

La diagnosi delle cause della crisi

verifica fattibilità attestatoreAll’interno del Piano di Risanamento è necessario che vengano adeguatamente individuate e descritte le cause della crisi e lo stato della crisi, dimostrandone la reversibilità.

Anche se la crisi in genere si manifesta in termini di squilibrio finanziario, di norma – e fatte salve le dovute eccezioni – la stessa nasce innanzitutto da problematiche strategiche, che poi si riverberano sui risultati economici (crisi economica), ed infine a livello finanziario (crisi finanziaria).

Inoltre, quasi sempre non ci si trova davanti a una singola causa ma a una serie di concause, inquadrabili come segue:

  • Crisi da inefficienza, per obsolescenza dei beni strumentali e/o delle tecnologie utilizzate, o per disorganizzazione, impreparazione e/o scarso impegno delle risorse umane, ecc.;
  • Crisi da sovracapacità produttiva, se l’impresa non riesce a ridimensionarsi in seguito a una contrazione della domanda;
  • Crisi da obsolescenza dei prodotti, se l’impresa non riesce ad adeguarsi con le richieste del mercato e/o le tecnologie disponibili;
  • Crisi da errori strategici, di marketing, commerciali, ecc;
  • Crisi da squilibrio finanziario, che spesso è conseguenza delle precedenti.

L’Attestatore accerterà che il Piano contenga un’adeguata disamina dei principali indicatori economici, finanziari e patrimoniali idonei ad individuare non solo le cause dell’insorgenza della crisi, ma anche il corrispondente livello di gravità, e il momento temporale in cui gli squilibri si sono manifestati.

Egli, pertanto, è tenuto a verificare che il Piano in continuità sia ragionevolmente idoneo a intervenire sulle cause della crisi, permettendo il superamento della stessa, e in tale valutazione sarà senz’altro aiutato dal confronto storico-previsionale dei principali indicatori di bilancio.

A tale fine possono senz’altro risultare utili anche comparazioni di tipo spaziale, relative ai principali concorrenti e ai dati medi di settore.

 

Valutazione della strategia di risanamento

Solitamente, il cosiddetto turnaround si basa:

  • su azioni di natura strategica: la revisione della strategia aziendale è in particolare necessaria quando la crisi dipende prevalentemente da fattori esterni (diminuzione della domanda, la maturità del prodotto, l’attività dei concorrenti, ecc.). In simili situazioni è necessario ridefinire la direzione futura dell’azienda e in taluni casi lo stesso core business;
  • su azioni di natura operativa: sono particolarmente adatte quando la crisi dipende da fattori interni all’azienda, quali inefficienze e inadeguatezza del management aziendale. In questi casi il Piano dovrà quindi prevedere riduzioni dei costi e ristrutturazioni organizzative, allo scopo di ricondurre in termini brevi, l’azienda ad una situazione di equilibrio economico, finanziario, patrimoniale.

Nel Piano relativo a strumenti di soluzione della crisi in continuità aziendale, l’impresa è tenuta ad esplicitare nel dettaglio le ipotesi a fondamento del risanamento, in termini di azioni strategiche, operative e finanziarie.

In generale, è necessario che venga dimostrata una significativa discontinuità con i fattori che hanno determinato la crisi.

Nel Piano deve essere analizzata, preferibilmente in apposite sezioni, l’evoluzione prevista del mercato di riferimento dei prodotti/servizi, nonché quella che ci si attende nei rapporti con il contesto competitivo (clienti, fornitori, concorrenti, aziende partner).

Inoltre, in caso di dismissione di significativi elementi del patrimonio, è preferibile l’individuazione di potenziali  acquirenti o, in assenza di questi, la valutazione degli asset con criteri di liquidazione.

È compito dell’Attestatore valutare la fondatezza delle ipotesi alla base del Piano. La verifica di fattibilità si fonda soprattutto sull’analisi della coerenza delle ipotesi assunte nel Piano, coerenza sia di natura interna, sia esterna. Ad esempio, la strategia di risanamento dovrà essere coerente con le cause della crisi e la storia aziendale, nonché con il contesto di riferimento e le attese macroeconomiche.

Ci dovrà, inoltre, essere coerenza dei nessi causali tra le differenti azioni contemplate nel Piano, ed anche tra gli interventi previsti e i relativi tempi necessari per il dispiegamento dei loro effetti.

 

La verifica delle ipotesi economico-finanziarie

Poiché lo sviluppo economico-finanziario del Piano rappresenta l’esplicitazione in termini di flussi economici e finanziari della strategia di risanamento, l’Attestatore è tenuto a verificare la coerenza e il nesso causale diretto tra strategie e risultati attesi.

In particolare, accerterà la ragionevolezza e la coerenza delle ipotesi formulate nella predisposizione dei dati previsionali e il realismo delle previsioni.

Per la verifica della ragionevolezza dei dati prospettici l’Attestatore farà riferimento al principio ISAE 3400 “The Examination of Prospective Financial Information” emesso dall’IFAC, il quale fa un distinguo tra previsioni e proiezioni.

Le prime sono costituite da dati prospettici condizionati da elementi ragionevolmente oggettivi o fondati sugli eventi futuri più probabili.

Ad esempio, le previsioni fondate su dati storici aziendali sono da considerarsi, in assenza di fattori di discontinuità, aventi un’elevata probabilità di realizzazione.

Lo stesso dicasi per quelle grandezze economiche e finanziarie, che trovano riscontro in fonti esterne sufficientemente attendibili (pubbliche istituzioni, associazioni di categoria, ricerche accademiche, note società di ricerca e di consulenza), quali andamento della domanda, dell’inflazione, dei tassi, delle materie prime, ecc.

Le proiezioni sono, invece, dati previsionali elaborati sulla base di assunzioni dell’imprenditore, in merito alle quali l’Attestatore dovrà raggiungere il necessario livello di convincimento sulla loro effettiva realizzabilità: eventuali dati prospettici fondati unicamente su ipotesi soggettive della Direzione aziendale, se prive di qualsivoglia supporto logico, dovranno essere rifiutate.

Nei Piani di risanamento sono in genere da includere nelle “proiezioni” le previsioni su ricavi conseguenti a un futuro riposizionamento del prodotto o del marchio aziendale, ovvero i risparmi di costo generati dalla riorganizzazione dei processi produttivi.

Tali aspetti dovranno essere oggetto di attento vaglio da parte dell’Attestatore, il quale dovrà tenerne conto anche in sede di verifica della tenuta del Piano attraverso l’utilizzo di adeguati stress test.

L’analisi di sensitività – che consiste nella costruzione di scenari patrimoniali, economici e finanziari – più conservativi rispetto all’ipotesi base, è un aspetto imprescindibile per la verifica della complessiva tenuta del Piano.

Occorre innanzitutto individuare le variabili critiche (competitive e gestionali) che più sono in grado di esercitare un influsso sulla fattibilità del Piano.

A seguire, è necessario individuare per lo meno il cosiddetto scenario di rottura, ovvero quali sono i valori limite di tali grandezze aventi maggiore rilevanza (ad esempio, il tasso di crescita dei ricavi di vendita) che comprometterebbero il raggiungimento del riequilibrio finanziario, rendendo il Piano non più idoneo per il risanamento.

 

La durata e il monitoraggio del piano

In genere il Piano deve coprire un arco temporale almeno sufficiente al soddisfacimento dei creditori e al ripristino delle normali condizioni di finanziamento.

La dottrina e la giurisprudenza difficilmente considerano ragionevoli Piani con durata superiore a cinque anni, anche alla luce dell’elevato dinamismo degli attuali contesti economici e competitivi.

Il Piano dovrà essere tradotto in un adeguato programma di intervento (Action Plan) in cui vengono sinteticamente illustrate le azioni previste e i tempi di realizzo delle stesse. È necessario anche prevedere una sistematica attività di monitoraggio.

A tale scopo nel Piano vanno individuati i più opportuni parametri – anche sotto forma di specifici KPI (Key Performance Indicator) – che fungeranno da riferimento per il risanamento, con indicazione dei limiti e degli obiettivi rispetto ai quali effettuare la misurazione delle prestazioni raggiunte.

 

Il giudizio di fattibilità

Dopo aver attentamente vagliato le ipotesi strategiche, la strategia di risanamento, il programma di azione, le ipotesi economico-finanziarie e gli stress test, si è in grado di pervenire ad un circostanziato giudizio finale.

Tale giudizio consiste in una valutazione prognostica circa la concreta ragionevole realizzabilità dei risultati attesi riportati nel Piano, sulla base dei dati e delle informazioni disponibili al momento del rilascio dell’attestazione, nonché l’idoneità del Piano a produrre flussi finanziari liberi al servizio del debito idonei a soddisfare i creditori nella misura e con le modalità proposte.

L’Attestatore, inoltre, accerta che al termine del Piano l’impresa abbia raggiunto un equilibrio economico e finanziario sostenibile.

I Principi, infine, chiariscono che in caso di mancato raggiungimento ex-post degli obiettivi indicati nel Piano, ciò non costituisce necessariamente un giudizio negativo sulla qualità dell’attestazione, la quale può essere valutata solo sulla base della ragionevolezza delle previsioni asseverate, con riferimento ai dati ed alle informazioni disponibili alla data di sottoscrizione della relazione.

Possono essere, infatti, svariate le ragioni per cui gli obiettivi non vengano in seguito conseguiti. Ad esempio, la normale incertezza di ogni attività d’impresa, o l’effetto di accadimenti imprevedibili, oppure eventi, fatti e circostanze non conoscibili alla data dell’attestazione, nonché la mancata implementazione del Piano da parte dell’azienda.

 

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Alessandro Scaranello

Martedì 5 novembre 2024

 

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