L’amministrazione finanziaria può basare le sue verifiche sui dati provenienti dai conti bancari del contribuente, che deve dimostrare che le operazioni non siano imponibili. Anche con le nuove disposizioni introdotte dalla riforma della giustizia tributaria, resta fondamentale per il contribuente fornire prove convincenti per contestare le presunzioni dell’ufficio. Scopriamo cosa implica questa responsabilità e come può influenzare le decisioni in materia fiscale.
L’onere probatorio dell’ufficio è soddisfatto, ai sensi dell’art. 32 del D.P.R. 600/1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti bancari, mentre si determina l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desunti dalla movimentazione bancaria non sono operazioni imponibili.
Va ribadito che in materia di giudizio tributario, il nuovo comma 5-bis dell’art. 7 del D.Lgs n. 546 del 1992, secondo cui il giudice deve valutare la prova “comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale”, non si pone in contrasto con la persistente applicabilità delle presunzioni legali, che, nella normativa tributaria sostanziale, impongano al contribuente l’onere della prova contraria.
Il caso: verifica per indagini finanziarie sui conti riferibili al contribuente
La Corte di Cassazione ha chiarito il valore presuntivo e la ripartizione dell’onere della prova in tema di accertamenti bancari, anche dopo l’entrata in vigore del nuovo comma 5 bis dell’art. 7 del D.Lgs 546/92.
Nel caso di specie, la contribuente impugnava avanti la Commissione Tributaria Provinc