Cosa si intende parlando di motivi specifici per proporre appello nel processo tributario? In quali casi l’appello rischia l’inammissibilità? A far chiarezza sull’argomento, una recentissima sentenza di Cassazione.
L’indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione non deve consistere in una rigorosa enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello, in quanto può contenere una esposizione chiara ed univoca, anche se sommaria. Nel giudizio tributario la sanzione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi ex art. 53 D.Lgs n. 546/92 deve essere interpretata restrittivamente essendo sufficiente che nell’atto sia espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado.
In tal senso si è recentemente espressa la Cassazione.
Requisiti e limiti dell’appello tributario: la normativa
L’art. 53 D.lgs n. 546/1992 – come modificato dall’art. 4, comma 1, della Legge n. 130/2022 -, indica gli elementi che sono contenuti nel ricorso in appello ossia gli estremi della sentenza impugnata, l’esposizione sommaria dei fatti, l’oggetto della domanda e i motivi specifici dell’impugnazione; il ricorso è inammissibile se manca o è incerto uno di tali elementi, o se non è sottoscritto.
Tale norma, introdotta per l’appello in materia tributaria, non può essere accostato alla medesima norma art. 342 del processo civile, essendo la prima norma speciale rispetto all’art. 342 codice procedura civile e tale da diversificarsi in modo significativo rispetto a quest’ultima, atteso che, nella prima, è richiesto unicamente che il ricorso in appello contenga “i motivi specifici dell’impugnazione”.
Ciò consente di ritenere legittimo l’appello, che si limiti a sottoporre alla CTR le medesime argomentazioni formulate innanzi alla CTP e da quest’ultima respinte, essendo in sostanza sufficiente l’emersione di dissenso tale da investire la decisione di primo grado nella sua interezza (cfr. Cass