Le controversie in materia di imposta di soggiorno sono di competenza del giudice tributario e non della Corte dei conti, in seno alla quale si registra un orientamento contrapposto tra chi sostiene la propria competenza e chi, invece, declina la giurisdizione a favore del giudice tributario.
L’imposta di soggiorno
L’imposta di soggiorno, che non può essere istituita da tutti i Comuni, ma solo in quelli turistici, le città d’arte e i capoluoghi di provincia, applicato a carico dei propri clienti (o di chi pernotta) in una struttura ricettiva che si trova in un Comune in cui tale imposta è stata istituita; non è corrisposta, quindi, da chi gestisce la struttura ricettiva ma dalle persone che vi soggiornano, e tutto l’ammontare incassato dall’Ente comunale, come da normativa, è interamente investito in ambito turistico.
Tale tassa viene poi raccolta e pagata dal gestore o proprietario della struttura al fisco, annualmente, secondo le date di scadenza.
L’imposta in esame, da intendersi come un tributo locale, è disciplinata dall’art. 4 del D lgs n. 23/2011 secondo cui:
“I comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte possono istituire, con deliberazione del consiglio, un’imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio…..”.
Il gettito derivante da tale imposta è:
“…destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupe