La rappresentazione del ristorno in bilancio nelle cooperative è dibattuta: alcuni lo vedono come un costo di gestione, altri come una destinazione del risultato d’esercizio.
Questa discrepanza incide sulla contabilizzazione, influenzando sia i ricavi che i costi. Le normative e le raccomandazioni di enti professionali offrono interpretazioni diverse, rendendo la questione complessa e soggetta a interpretazioni variabili. A cura di Andrea Ciccarelli.
Nella prima parte ci siamo occupati della natura giuridica del ristorno e delle relative modalità di erogazione nei confronti dei soci di società cooperative. Proseguiamo ora soffermandoci sugli aspetti contabili e sulla rappresentazione in bilancio dei ristorni.
La rappresentazione in bilancio del ristorno: i diversi orientamenti della dottrina
Ferma restando la necessità universalmente invocata che venga correttamente individuato e determinato nel suo ammontare, in dottrina è sempre stato molto acceso il confronto tra chi concepisce il ristorno come costo di gestione e chi, invece, lo considera una destinazione del risultato d’esercizio.
Ne discende che, seguendo l’una o l’altra delle due concezioni, la rappresentazione in bilancio cambia completamente.
Ristorno come componente economico
Seguendo la dottrina che considera il ristorno come un componente economico si avrebbe infatti:
- la sottrazione dalla voce A1 del conto economico accesa ai ricavi per vendite di beni o prestazioni di servizi per le cooperative di consumo o di utenza;
- un incremento dei costi rappresentati nelle voci B9, B7 o B6 delle voci del conto economico per le cooperative di lavoro, di servizi o agricole di conferimento.
Perciò a fine esercizio, a seguito del ristorno, sarebbe contabilizzato un incremento dei costi o una rettifica dei ricavi a fronte dell’iscrizione di un debito verso i soci nel passivo patrimoniale.
Ristorno come destinazione del risultato d’esercizio
Se, invece, venisse considerato una destinazione del risultato d’esercizio, il ristorno non apparirebbe affatto in bilancio, dovendosi registrare contabilmente una scrittura per cui l’utile di esercizio viene girato, oltreché alla riserva legale ed ai debiti verso i fondi mutualistici per il 3%, ad una voce di debito verso soci per l’importo assegnato a tale titolo.
Interessanti sono le motivazioni alla base delle due teorie esposte in precedenza; in particolare, tra coloro che concepiscono il ristorno come un componente economico vi è stato il Gruppo ristretto Cooperative del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, il quale, con la Raccomandazione del gennaio 2006, ha sostenuto che il ristorno rappresenta un conguaglio a fine periodo del vantaggio mutualistico e, come tale, ha la stessa natura della grandezza conguagliata.
Implicazioni contabili
Ne segue che:
- laddove il vantaggio mutualistico sia rappresentato nel bilancio all’interno della gestione dei costi, anche il ristorno dovrà risultare inevitabilmente un costo;
- laddove il vantaggio mutualistico sia rappresentato invece da un risparmio del socio e quindi un minor ricavo per la cooperativa, anche il ristorno dovrà essere rappresentato da un risparmio del socio e quindi da un minor ricavo per la cooperativa.
Secondo il Gruppo Ristretto non sembrerebbe accettabile qualunque diversa rappresentazione che possa derogare alla precedente configurazione di ristorno, in quanto quella indicata sarebbe conforme ai postulati di bilancio ed ai principi contabili e coerente con una rappresentazione del vantaggio mutualistico non lucrativo.
Fondamenti normativi e dottrinali
Le argomentazioni alla base di tale impostazione sarebbero seguenti: