In caso di accertamento analitico induttivo il Fisco fa uso di presunzioni per ricostruire ricavi e reddito dei contribuenti. Ecco come per le pizzerie viene sdoganato il farinometro: dal consumo di farina si possono ricostruire le lizze in nero.
Nel sistema processuale tributario non esiste il divieto delle c.d. presunzioni di secondo grado, in quanto lo stesso non è riconducibile né agli artt. 2729 e 2697 codice civile, né a qualsiasi altra norma, ben potendo il fatto noto, accertato in via presuntiva, costituire la premessa di un’ulteriore presunzione idonea a fondare l’accertamento del fatto ignoto.
Presunzioni fiscali: l’applicazione del farinometro
La Corte di Cassazione ha risolto un contenzioso su ricostruzione analitico-induttiva dei maggiori ricavi derivanti dall’esercizio di una pizzeria.
Nel caso di specie, la società ricorreva avverso la sentenza con la quale la Commissione Tributaria Regionale ne aveva rigettato l’appello avverso la sentenza di primo grado, che, a sua volta, aveva rigettato il ricorso avverso l’avviso di accertamento, con il quale, per l’anno di imposta 2002, l’Ufficio aveva provveduto, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del Dpr. n. 600 del 1973 e dell’art. 54, comma 2, Dpr. n. 633 del 1972, alla determinazione analitico-induttiva di maggiori ricavi non contabilizzati.
La società censurava la pronuncia per avere il Giudice d’appello erroneamente ritenuto sussistenti i presupposti di legge legittimanti l’esercizio, da parte dell’Agenzia delle Entrate, del potere accertativo analitico-induttivo e per aver ritenuto legi