Sulla decontribuzione Sud l’Agenzia prende una cantonata?

di Danilo Sciuto

Pubblicato il 15 novembre 2023

Illustriamo i motivi per cui la decontribuzione Sud non può che essere considerata irrilevante ai fini impositivi, a differenza di una recente (e a nostro avviso errata) risposta ad interpello da parte del Fisco.

L’agevolazione nota con il nome “decontribuzione Sud”, introdotta dall’art. 27 del D.L. n. 104/2020 per gli ultimi tre mesi del 2020, estesa fino al 2029 dall’art. 1 commi 161 e seguenti della L. n. 178/2020, consiste in un esonero del 30% (che verrà ridotto dal 2026) dal versamento dei complessivi contributi previdenziali, dovuti dall’impresa in qualità di datore di lavoro, per le prestazioni lavorative svolte nelle Regioni del meridione.

 

Agevolazione decontribuzione Sud: il trattamento fiscale

decontribuzione sudIn merito al trattamento fiscale di tale agevolazione, vale l’art. 10-bis del D.L. n. 137/2020, che ha riconosciuto la non concorrenza al reddito IRES e IRAP dei “contributi” e delle “indennità” se ed in quanto erogati:

  • in via eccezionale a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19;
     
  • spettanti ai soggetti esercenti impresa, arte o professione, nonché ai lavoratori autonomi.

La logica della non concorrenza alla formazione del reddito è fin troppo evidente, in quanto si pone per evitare che gli effetti positivi dell’erogazione dei diversi contributi/ indennità concessi durante il periodo di emergenza COVID 19, finalizzati a limitare le gravi conseguenze economico/finanziarie della crisi pandemica, risultino depotenziati dall’incidenza della tassazione dei contributi stessi.

 

Il parere contrario del Fisco

Con una motivazione assai discutibile, l’Agenzia delle Entrate non ritiene applicabile la suddetta disciplina di cui all’art. 10-bis alla “decontribuzione sud” sulla base del fatto che tale agevolazione si traduce non già in un contributo/indennità, ma in una riduzione dell’aliquota contributiva datoriale.

In altre parole, non potendo negare il requisito della eccezionalità e della connessione al Covid, l’Agenzia disconosce il requisito oggettivo della misura, ossia nega che si tratti di “contributo”.

All’agenzia sfugge che, sulla base di tale considerazione, qualsiasi agevolazione o contributo potrebbero essere considerati una riduzione di aliquota, traducendosi nella sostanza in un minor versamento delle imposte, con la conseguenza che nessuna di queste potrebbe beneficiare dell’esenzione suddetta, ciò che non è nemmeno ipotizzabile.

Ma non è solo questo il motivo per cui, per noi, la tesi dell’Agenzia è errata.

La motivazione infatti non trova riscontro in alcuna disposizione normativa, sicché è più da interpretarsi come dettata dalla esigenza di “fare cassa”.

Non sfugga nemmeno che con le risposte agli interpelli 618 e 748 del 2021 è stato precisato che non concorrono alla formazione del reddito i contributi e le indennità di qualsiasi natura da chiunque erogati e indipendentemente dalle modalità di fruizione e contabilizzazione.

D’altronde, nel modello DM10 l’esonero si qualifica quale credito e, dunque, come una forma di contributo e non già come una riduzione di aliquota.

Almeno quattro motivi, quindi, dimostrano l’infondatezza della tesi dell’Agenzia.

 

Come beneficiare della esenzione da imposizione?

Più che indicare come fare a seguire la tesi dell’agenzia, è doveroso quindi indicare come “sterilizzare” il contributo in oggetto.

Poiché imprese che hanno beneficiato di tale esonero hanno contabilizzato i contributi previdenziali direttamente al netto dell’esonero previsto dalla suddetta norma, per beneficiare della esenzione l’impresa dovrà apportare una variazione in diminuzione in dichiarazione ai fini della determinazione dell’imponibile Ires ed Irap.

 

NdR: vedi anche: Decontribuzione Sud: istruzioni per la fruizione

 

A cura di Danilo Sciuto

Mercoledì 15 Novembre 2023