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La ratio della deducibilità sta nel fatto che l’importo versato con assegni periodici all'altro coniuge o ex coniuge è soggetto a tassazione, mentre gli assegni divorzili una tantum non lo sono.
Tale simmetria non vale automaticamente anche nei rapporti tra diversi ordinamenti sovrani, conseguendone che, in assenza di una specifica disposizione di un trattato internazionale, o di una disposizione sovranazionale, anche in caso di tassazione a carico dell’ex coniuge nel Paese estero, resta comunque esclusa la deducibilità dell'assegno versato.
Il caso: l’assegno divorzile una tantum e l’IRPEF
La Corte di Cassazione, con la Sentenza 29/8/2023 n. 25384, ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di (in)deducibilità degli assegni divorzili una tantum.
Nel caso di specie, il Tribunale di Valencia aveva dichiarato la separazione personale dei coniugi, allora entrambi residenti in Spagna, sulla base di un accordo approvato dal giudice spagnolo.
La sentenza aveva riconosciuto alla coniuge la somma una tantum di 1.000.000 di Euro, a titolo di "pension compensatoria" (assegno divorzile), da versare ratealmente nel corso di sei anni sino all'estinzione del debito.
Dopo la separazione, il coniuge aveva trasferito il proprio domicilio in Italia.
Nel 2008 il contribuente aveva versato una rata della "pension compensatoria", pari ad Euro 60.000, che veniva tassata in Spagna in capo alla percipiente, in quanto assimilata ad un reddito da lavoro dipendente.
In sede di dichiarazione dei redditi del 2009, presentata in relazione al periodo d'imposta 2008, il contribuente portava quindi in deduzione dal reddito imponibile il suindicato importo, ma, in esito ad un controllo formale ex Dpr 600 del 1973, art. 36 ter, l'Ufficio ne rilevava l'indebita deduzione.
Successivamente, l'agente della riscossione notificava la cartella di pagamento.
Il contribuente proponeva quindi ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale, invocando il principio di simmetria e la doppia imposizione economica.
Il giudice di primo grado rigettava il ricorso, con sentenza poi confermata anche dalla Commissione Tributaria Regionale.
Avverso la sentenza d'appello il contribuente proponeva infine ricorso per cassazione, criticando, per quanto di interesse, l'interpretazione del Dpr. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. c), data dalla CTR, secondo la quale, a prescindere dal trattamento fiscale di quanto percepito dal coniuge o ex coniuge, la deducibilità dal reddito imponibile del coniuge, o ex coniuge, tenuto al versamento è limitata agli assegni periodici, con esclusione degli importi versati una tantum, come quello per cui era causa (e benché la sua corresponsione fosse stata pattiziamente rateizzata).
Secondo il contribuente, invece, la citata disposizione del Tuir andava letta alla luce del "principio di simmetria", risiedendo il motivo della indeducibilità dell'assegno una tantum nel fatto che il corrispondente importo non è soggetto (in Italia) a tassazione in capo al coniuge o ex coniuge percipiente.
La sua tassazione in capo al solvens evitava dunque possibili "salti d'imposta".
Secondo il ricorrente, ne conseguiva pertanto che, qualora, come in Spagna, anche l'assegno versato una tantum sia soggetto a tassazione, si giustificava, per evitare la doppia imposizione, la deducibilità del correlativo importo dal reddito imponibile del solvens.
Secondo la Suprema Corte la censura era infondata.
La decisione della Cassazione sugli assegni corrisposti al coniuge
Evidenziano i giudici di legittimità che, innanzitutto, sul piano letterale, il Dpr. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. c), è chiaro nel limitare la deducibilità dei soli "assegni periodici corrisposti al coniuge", con esclusione, quindi, degli assegni una tantum.
Vero è che, come affermava la difesa del contribuente, la ratio della deducibilità degli assegni periodici (di separazione o divorzili) sta nel fatto che, nell’Ordinamento italiano, il corrispondente importo versato all'altro coniuge, o ex coniuge, è soggetto a tassazione ed, equiparato ad un reddito da lavoro dipendente, mentre gli assegni una tantum (previsti nell'ordinamento italiano solo per il caso di divorzio), non essendo soggetti a tassazione in capo all'accipiens, non sono deducibili dalla base imponibile del solvens.
Attenzione alla doppia imposizione
In altri termini, rileva la Corte, l'Ordinamento tributario italiano, per evitare una doppia imposizione economica sul piano interno, prevede, simmetricamente, la tassazione in capo al coniuge o ex coniuge accipiens, degli assegni periodici di separazione o divorzili, nonché la deducibilità del corrispondente importo dalla base imponibile del solvens.
Mentre, non assoggettando a tassazione l'importo degli assegni una tantum corrisposti all'ex coniuge, non ne consente la deduzione da parte del solvens, evitando in tal modo che il detto importo sfugga totalmente alla tassazione.
Senonché, afferma la Cassazione, tale principio di simmetria non vale automaticamente anche nei rapporti tra diversi ordinamenti sovrani.
Nel caso di specie, i soggetti erano infatti residenti in due Stati, e ciascuno di essi instaurava quindi il proprio rapporto d'imposta con un diverso Stato sovrano.
Ne conseguiva che, in assenza di una specifica disposizione di un trattato internazionale (nella specie, tra Italia e Spagna), o di una disposizione di una fonte sovranazionale (del diritto dell'Unione Europea), non poteva che applicarsi il Dpr. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. c), che, come visto, esclude espressamente la deducibilità dell'assegno una tantum versato (sebbene in forma rateale) all'ex coniuge.
La convezione Italia - Spagna
Nell'ambito della Convenzione tra Italia e Spagna, ratificata a mezzo della L. n. 663 del 1980, aggiunge la Corte, non si rinviene del resto alcuna disposizione idonea a consentire al coniuge o ex coniuge italiano, che versa un assegno una tantum (anche in più rate predefinite nel tempo, cfr. Risoluzione n. 153/E dell'Agenzia delle Entrate, dell'11 giugno 2009) ad un soggetto residente in Spagna, di portare in deduzione dalla base imponibile, ai fini Irpef, quanto versato al coniuge soggetto al fisco spagnolo.
E anche l'art. 22 della citata Convenzione, che mira ad evitare la doppia imposizione giuridica dei redditi dello stesso soggetto passivo, non serviva ad evitare la doppia imposizione economica in una fattispecie come quella di causa.
Neppure vi era, infine, alcuna violazione del principio di non discriminazione.
L'ordinamento dell'Unione Europea, rileva la Cassazione, non impone infatti l'uniformità del trattamento fiscale nei diversi Paesi, né impone il coordinamento dei regimi fiscali allo scopo di evitare tutte le possibili forme di doppia imposizione economica.
La indeducibilità della rata di assegno una tantum versata dal contribuente non concretizzava quindi un ostacolo alla libera circolazione delle persone da un Paese, nel quale quella deduzione sarebbe possibile, ad un altro (nella specie, l'Italia), nel quale, in base alla legislazione vigente, quella deduzione non è invece consentita.
In sostanza, conclude la Cassazione, quella di escludere, con una disposizione generale che non conosce deroghe, la deducibilità degli assegni non periodici una tantum è una scelta di politica fiscale non sindacabile in via giurisdizionale.
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A cura di Giovambattista Palumbo
Lunedì 25 settembre 2023