La determinazione dell’assegno divorzile ha subito una nuova interpretazione, a cura delle Sezioni Unite della Cassazione, che hanno abbandonato il criterio di conformare il tenore di vita avuto durante il matrimonio, per assicurare una funzione esclusivamente assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa. In questo articolo vediamo gli aspetti fiscali collegati all’assegno divorzile
Determinazione assegno divorzile: i precedenti remoti
L’assegno periodico divorzile è rimasto fermo per circa un trentennio senza alcuno scossone: la sua quantificazione era dettata in funzione di un criterio esclusivamente assistenziale, senza alcuna valutazione in merito a differenti premesse quale quella di tener conto del contributo personale ed economico dato da un coniuge al patrimonio dell’altro, anzi se la richiesta del coniuge più debole si fosse fondata su tale pretesa, l’assegno di divorzio sarebbe stato negato; ciò in quanto il suo riconoscimento affondava le sue motivazioni nell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente (redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilità a sua disposizione) ad assicurargli un tenore di vita equivalente a quello avuto durante l’unione matrimoniale.
In sostanza, non era necessario versare in uno stato di bisogno, ma era importante il notevole deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle precedenti condizioni economiche, avendo come obiettivo ricostituire un doveroso equilibrio di tenore di vita con il passato.
Tenendo a mente questa premessa, la misurazione in concreto dell’assegno doveva essere effettuata seguendo i ponderati criteri della legge, cioè le condizioni dei coniugi, le motivazioni della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, il reddito di entrambi, la durata del matrimonio, tutti fattori da valutare al momento della pronuncia di divorzio.
A questo proposito, secondo la predetta sentenza, il giudice del merito, a condizione che avesse dato appropriata giustificazione, era esonerato dall’utilizzare tutti i predetti criteri, anche con riferimento alla deduzione e richieste delle parti, “salva restando la valutazione della loro influenza sulla misura dell’assegno stesso (che potrà anche essere escluso sulla base della incidenza negativa di uno o più di essi)” (sentenza delle Sezioni Unite civili n. 11490 del 29 novembre 1990).
L’ultimo precedente
L’attuale art. 5, comma 6, della L. 1 dicembre 1970, n. 898, prevede che il giudice del divorzio, in occasione della sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, disponga l’obbligo, a carico di un coniuge, di versare, con una certa periodicità, a favore dell’altro un assegno, quando quest’ultimo coniuge è sfornito di mezzi economici adeguati, ovvero non ha mezzi adeguati o, comunque, non può procacciarseli per motivi oggettivi, dopo aver accertato:
- le condizioni dei coniugi;
- le ragioni della decisione;
- il contributo personale ed economico dato da ciascun coniuge alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune;
- il reddito di ambedue i coniugi;
e dopo aver valutato tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio.
Tra le ultime sentenze della Corte di Cassazione, in ordine alla valutazione della indipendenza o autosufficienza economica dell’ex coniuge richiedente, al fine di fissare l’assegno verso il coniuge più debole, si ricorda quella della sua sez. I, del 10 maggio 2017, n. 11504, che suddivide il riconoscimento al diritto condizionato all’assegno di divorzio in due fasi completamente distinte, come previste dalla predetta norma di cui all’art. 5, della L. n. 898/1970.
Dette fasi sono valutate, dalla Suprema Corte, come poste in ordine progressivo, nel senso che non si può accedere alla seconda, se non dopo aver raccolto l’esito della prima:
- nella prima fase, il giudice del divorzio deve verificare, nella fase dell’“an debeatur” (se dovuto), se la domanda avanzata dall’ex coniuge richiedente appaga le indicate condizioni di legge (mancanza di «mezzi adeguati» o, comunque, impossibilità «di procurarseli per ragioni oggettive»), non al fine di assicurare un “tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio”, ma con particolare riferimento all’“indipendenza o autosufficienza economica” dello stesso. Detta indipendenza economica, ricavata dai principali “indici” – salvo altri, rilevanti nei singoli particolari casi:
- del possesso di redditi di qualsiasi natura e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari (tenendo presente tutti gli oneri di natura generale collegati, nonché del costo della vita nel luogo di residenza dell’ex coniuge richiedente);
- della capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all’età, al sesso e al mercato del lavoro dipendente o autonomo);
- della ferma disponibilità di una casa di abitazione.
Quanto sopra facendo leva sulle relative documentazioni allegate, confacenti allegate deduzioni e prove rilasciate dallo stesso coniuge richiedente, sul quale grava il relativo onere probatorio, fatto salvo il diritto all’eccezione ed alla prova contraria dell’altro ex coniu
- del possesso di redditi di qualsiasi natura e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari (tenendo presente tutti gli oneri di natura generale collegati, nonché del costo della vita nel luogo di residenza dell’ex coniuge richiedente);