La tregua Fiscale 2023 prevede diversi provvedimenti deflattivi del contenzioso tributario tuttavia, a fronte del dettato normativo e della interpretazione del Fisco, gli atti di recupero di un credito inesistente risultano esclusi dalla conciliazione agevolata.
Tregua Fiscale e provvedimenti di definizione agevolata del contenzioso tributario
Come è noto, i commi da 206 a 212 dell’art. 1, della L. n. 197/2022, prevedono, in alternativa alla chiusura agevolata delle controversie tributarie[1], la possibilità di definizione delle liti pendenti innanzi alle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, aventi ad oggetto atti impositivi, in cui è parte l’Agenzia delle entrate, mediante la sottoscrizione di un accordo conciliativo fuori udienza, con il beneficio di una riduzione delle sanzioni ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge (indipendentemente dallo stato del contenzioso) e l’ulteriore vantaggio di un’ampia rateazione degli importi dovuti.
Per effetto del combinato disposto del comma 206, dell’art. 1, della L. n. 197/2022 e dell’art.17, comma 2, del D.L. n. 34/2023, convertito con modificazioni in L. n. 56/2023, l’istituto definitorio interessa le controversie pendenti – di fatto – al 15 febbraio 2023, per le quali le parti provvedono, entro il 30 settembre 2023[2], alla sottoscrizione dell’accordo conciliativo di cui all’art. 48 del D.Lgs. n. 546/1992.
Inoltre, l’art.23, dello stesso D.L. n. 34/2023, convertito con modificazioni in L. n. 56/2023, in caso di adesione alle definizioni agevolate previste dai commi da 153 a 158 e da 166 a 252, dell’art.1, della L. n. 197/2022 (e quindi anche per le conciliazioni), introduce una causa speciale di non punibilità, in relazione ai reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, del D.Lgs. n. 74/2000[3].
Così come peraltro previsto nel