Forfettari e i compensi professionali come amministratore

Se un professionista svolge l’incarico retribuito di amministratore di società, il compenso che percepisce può influire sui limiti per accedere al regime forfettario?

Per illustrare questo argomento è utile analizzare il caso in cui il professionista, oltre a percepire compensi per l’attività esercitata ordinariamente, può trovarsi a svolgere funzioni che non sono necessariamente ricomprese in quelle di solito disciplinate dall’ordinamento professionale: ad esempio i redditi che subiscono un trattamento fiscale differenziato, con possibili ripercussioni sulla fattibile permanenza nel regime forfettario.

 

Permanenza nel regime forfettario: i limiti per il professionista che percepisce compensi come amministratore

Il caso del commercialista revisore o amministratore

compensi amministratore forfettariVa ricordato che il caso in commento non riguarda la professione del commercialista chiamato a svolgere funzioni di revisione legale o di amministratore di una società.

Su tale punto, infatti, la circolare 6.07.2001, n. 67/E ha chiarito che, al fine di stabilire se sussista o meno una connessione tra l’attività di collaborazione e quella di lavoro autonomo esercitata, occorre valutare se per lo svolgimento delle prestazioni di collaborazione siano necessarie conoscenze tecnico-giuridiche direttamente collegate all’attività esercitata abitualmente.

In questa ipotesi, i compensi percepiti per lo svolgimento del rapporto di collaborazione saranno assoggettati alla disciplina prevista per i redditi di lavoro autonomo.

 

Il caso del commercialista amministratore di società

Si afferma, con riferimento all’ufficio di amministratore di società, che tale attività non può essere attratta nell’ambito del lavoro autonomo, poiché l’esercizio della stessa non è necessario ad attingere a specifiche conoscenze professionali.

Per quanto riguarda l’incarico di sindaco o revisore di società o enti, invece, è stato chiarito che le relative attività possono essere ricondotte nel reddito professionale solo se attuate da ragionieri o dottori commercialisti.

La circolare 12.12.2001, n. 105/E, ha confermato che non può essere messo in discussione il principio espresso con la citata circolare n. 67/E, ma, proprio in applicazione di tale principio, anche l’esercizio dell’attività di amministrazione di società ed enti comporta, in alcune ipotesi la necessità di attingere a conoscenze direttamente collegate all’attività di lavoro autonomo svolto.

Questa valutazione può essere fatta tenendo in considerazione, quanto disposto dai singoli ordinamenti professionali.

Da questo l’attrazione dei compensi nella base del reddito professionale in senso stretto, con applicazione della ritenuta d’acconto e dell’Iva.

 

Il geometra o ingegnere amministratore di società immobiliare

In base a questo principio, risulta evidente, ancora esemplificando, che l’attività di amministratore svolta da un geometra o da un ingegnere in una società di costruzione edilizia rientra, fra quella che l’ordinamento professionale attrae alla fiscalità tipica applicabile ai compensi percepiti dai professionisti appena menzionati.

Si pensi ad esempio al caso del geometra o dell’ingegnere che, iniziata l’attività, presume di conseguire un volume di compensi non superiore a 85.000 euro o che, nell’anno precedente, non ha superato tale limite: il regime “naturale” è sicuramente il forfetario.

Facciamo l’ipotesi che nel corso del 2023 tale professionista consegue compensi per attività professionale “tipica” per 50.000 e, insieme, sia assunto l’incarico di amministratore in una banca o in una società di servizi non connessi in alcun modo al settore edile.

In questo caso, il compenso non è più attratto nella sfera dell’attività professionale in senso stretto, bensì è qualificabile come reddito assimilabile al lavoro dipendente.

Da qui ne consegue, che nel caso avesse un compenso di 32.000 euro, quest’ultimo rappresenterebbe una causa ostativa alla permanenza nel regime (infatti, l’art. 1, comma 57, lett. d-ter L. 190/2014 stabilisce l’incompatibilità del regime forfetario per i soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente – artt. 49 e 50 del Tuir), eccedenti l’importo di 30.000 euro, a meno che tale rapporto di lavoro sia cessato.

 

In conclusione…

Quindi, solo il professionista per il quale le attività di amministrazione (e di revisione) sono riconducili direttamente a quelle statuite dall’ordinamento di appartenenza possono superare i vincoli normativi rispettando, ovviamente, il limite di 85.000 euro.

Per gli altri, invece, queste attività, seppure minoritarie rispetto agli altri redditi derivanti dalle attività libero-professionali, si pongono come ostacolo insormontabile alla permanenza nel regime qualora sia superato il limite di 30.000 euro.

 

A cura di Francesco Costa

Venerdì 10 febbraio 2023

 

Questo intervento è tratto dalla circolare settimanale di CommercialistaTelematico…

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