Il giudice deve utilizzare la dichiarazione del terzo resa dal legale rappresentante, unitamente agli altri elementi probatori.
Poteri del giudice tributario: la normativa
Il giudizio tributario è di natura documentale per cui dall’introduzione del d.lgs n. 546/1992 non sono ammessi la prova testimoniale e il giuramento.
L’art. 7, comma 4, D.Lgs. n. 546/1992, infatti, dispone che “non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale”, sancendo, quindi, un divieto perentorio in merito all’ammissibilità delle prove testimoniali nel processo tributario.
Tale divieto comunque è soggetto a limitazioni che la giurisprudenza ha riconosciuto nel corso degli anni.
Tale divieto risulta venire meno in presenza di dichiarazioni rese dai terzi (ad es. atto notorio contenente le dichiarazioni rese dal genitore del contribuente), ponendosi il problema circa la loro utilizzabilità nel processo tributario.
Le dichiarazioni di terzi: ammissibilità nel processo tributario
L’orientamento consolidato della Suprema Corte ha affermato che le dichiarazioni di terzi sono ammesse nel processo tributario, non a titolo di fonti di prova in senso proprio, ma piuttosto a titolo di sussidio all’accertamento, che deve, comunque, essere sostenuto da ulteriori elementi.
Il giudice tributario deve attribuire a tali dichiarazioni, pur non assurgendo a prova decisiva, il ruolo di elemento indiziario, da valutare unitamente agli altri elementi, ad esempio le presunzioni, la documentazione acquisita, le movimentazioni finanziarie, la mancata contestazione dell’Amministrazione.
Diversamente opinando, le dichiarazioni testimoniali, se non possono costituire prova nel processo tributario, in virtù del divieto contenuto nell’art. 7, comma 4, D.Lgs. n. 546/1992, possono confermare il quadro accusatorio in mano al giudice.
Novità della Legge di riforma della Giustizia Tributaria: introduzione della prova testimoniale scritta
Sul tema si segnala che tra le novità della legge di riforma della giustizia tributaria