La sentenza scritta a mano dall’estensore, scarsamente comprensibile o illeggibile, è da ritenere non valida e quindi inutilizzabile dal giudice d’appello per decidere la controversia.
La validità della decisione è subordinata al fatto che alle parti processuali o al giudice del grado superiore non può essere richiesto un lavoro di interpretazione che superi l’impegno derivante dalla lettura.
Il tema in argomento riguarda la validità della sentenza scritta a mano dall’estensore/relatore, fattispecie ormai infrequente e tuttavia non del tutto scomparsa nonostante l’introduzione del processo tributario telematico.
Redazione sentenza: prassi e normativa
Nel constatare che al momento non sono riscontrabili disposizioni normative di rango primario, atti aventi forma o solo forza di legge, che prevedono sanzioni di nullità per la redazione di un provvedimento decisorio giurisdizionale in forma manoscritta, per tale intendendosi quella che viene redatta senza l’ausilio di mezzi meccanici o informatici di riproduzione, la questione viene riproposta dalla sentenza in esame.
Certo è che nell’attuale epoca non dovrebbe assistersi ad emissioni di sentenze scritte a mano, ma non sussistendo una specifica norma che ne preveda il divieto, si possono ancora verificare casi in cui il giudice estensore, o per ragioni personali di tempo o perché il testo della decisione non sia molto esteso, si affidi alla scrittura a mano.
L’argomento involge anche il capitolo della motivazione della sentenza che risulterebbe mancante non solo quando essa sia omessa, e non solo allorché il testo della sentenza, scritto a mano, è incomprensibile e illeggibile, ma anche quando la poca leggibilità di essa renda necessario un esame interpretativo del testo, tanto da prestarsi ad equivoci o anche a manipolazioni delle parti che possono in tal modo attribuire alla sentenza contenuti diversi.
L’art. 36 del D.Lgs 546/1992, ricalcando il testo dell’art. 132 codice procedura civile, stabilisce il contenuto della sentenza, prevedendo “la concisa esposizione dello svolgimento del processo”, ossia l’iter logico-argomentativo seguito dal giudice per giungere alla d