Non basta affidare l’incarico a terzi di trasmettere la propria dichiarazione dei redditi, «grava sul contribuente la prova dell’assenza assoluta di colpa, con conseguente esclusione della rilevabilità d’ufficio, occorrendo a tal fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole, non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza».
Sanzioni tributarie: come si attribuisce la responsabilità per omessa presentazione della dichiarazione?
Non è dunque sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato ma è richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente.
Tuttavia, è sufficiente la coscienza e la volontà della condotta, senza che occorra la dimostrazione del dolo o della colpa, presunta fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, che rileva, come esimente, solo se l’agente è incorso in un errore inevitabile, per essere incolpevole l’ignoranza dei presupposti dell’illecito e non superabile con l’uso della normale diligenza (Cassazione n. 2139 del 30/01/2020).
Nella specie, come è pacifico in giudizio ed accertato dalla CTR, viene in rilievo l’omessa presentazione delle dichiarazioni da parte del consulente incaricato.
“Si tratta di evenienza ben diversa da quella in cui il consulente trae in inganno il contribuente, consegnando, ad esempio, documentazione, che sia poi risultata ideologicamente o materialmente falsa e dalla quale si evinca, contro verità, la redazione della dichiarazione e il connesso versamento dei tributi.
Orbene, questa Corte ha precisato che il contribuente non assolve agli obblighi tributari con il mero affidamento ad un commercialista del mandato a trasmettere la dichiarazione alla competente Agenzia delle Entrate, essendo tenuto a vigilare affinché tale man