Dichiarazione integrativa IVA: il caso della destinazione a compensazione del credito da rimborso

L’Agenzia delle entrate interviene sui termini per modificare la scelta di utilizzo del credito IVA, che non coincidono sempre con quelli previsti per l’accertamento.

La disciplina dei termini dell’accertamento ai fini Iva ricalca quello previsto per le imposte sui redditi.

 

Differimento dei termini di accertamento e rettifica della dichiarazione IVA

integrativa iva compensazione creditoL’articolo 57 del Decreto Iva stabilisce infatti al comma 1 che i termini per le rettifiche e gli accertamenti devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione; ciò salvo il caso in cui la dichiarazione sia omessa, perché (comma 2) in tale fattispecie l’avviso di accertamento può invece essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

Il comma 3 prevede una ipotesi ulteriore di slittamento, nel caso di richiesta di rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile risultante dalla dichiarazione annuale: se tra la data di notifica della richiesta di documenti da parte dell’ufficio e la data della loro consegna intercorre un periodo superiore a quindici giorni, il termine di decadenza relativo all’anno oggetto di rimborso è differito di un periodo di tempo pari a quello compreso tra il sedicesimo giorno e la data di consegna.

 

Il caso della destinazione a compensazione dell’eventuale credito tramite presentazione di dichiarazione IVA

Detto questo, si pone il problema se tale differimento operi anche nel caso in cui il contribuente, che originariamente ha chiesto a rimborso l’IVA, decida di optare per la compensazione.

Il comma 6-bis dell’articolo 8 del DPR n. 322/1998 prevede infatti che le dichiarazioni Iva possono essere integrate/corrette non oltre i termini stabiliti dall’articolo 57 suddetto, e come visto l’articolo 57 prevede anche l’ulteriore allungamento nel comma 3.

La lettura della norma non pone ostacoli alla applicazione di tale termine, anche se tale conclusione potrebbe sembrare a taluni un po’ forzata.

Nella risposta ad interpello n. 231/2020 è stato d’altronde confermato che è possibile modificare la scelta dell’utilizzo del credito Iva (da rimborso a detrazione/compensazione), tra l’altro, presentando una dichiarazione integrativa non oltre i termini stabiliti dall’articolo 57 Dpr 633/1972.

L’Agenzia ritiene però che il rinvio ai termini stabiliti dall’articolo 57 citato con riferimento alle tempistiche di presentazione della dichiarazione integrativa ai fini Iva non possa che far riferimento ai termini “ordinari” disciplinati dal comma 1 (e non quindi anche a quelli del comma 3), anzitutto per ragioni di coerenza del sistema.

Il differimento contemplato dal comma 3 rappresenta uno “strumento di controllo”, volto ad evitare strumentalizzazioni che potrebbero ravvisarsi nell’ipotesi in cui il contribuente pretestuosamente temporeggi nell’ottemperare alla richiesta dell’ufficio di presentazione della documentazione necessaria ai fini dell’erogazione dei rimborsi Iva, con l’obiettivo di far decorrere i termini per l’accertamento.

Si tratta, dunque, di una misura posta a presidio dei poteri dell’Ufficio, la cui applicazione discende dall’adozione di una condotta del contribuente scorretta o omissiva, da cui pertanto non può derivare un beneficio a suo favore, qual è l’allungamento dei termini di presentazione della dichiarazione integrativa.

 

Fonte: Risposta Agenzia Entrate n. 328 del 9 giugno 2022.

 

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A cura di Danilo Sciuto

Lunedì 13 giugno 2022