E’ prevista una procedura per il riversamento spontaneo, senza applicazione di sanzioni e interessi, di crediti d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo da parte di soggetti che li hanno indebitamente utilizzati.
La legge 17 dicembre 2021, n. 215 recante la “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n.146, cd. decreto Fiscale 2022, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili“, all’articolo 5, prevede una procedura per il riversamento (cioè restituzione) spontaneo, senza applicazione di sanzioni e interessi, del credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo da parte di soggetti che li hanno indebitamente utilizzati.
Rientrano nella fattispecie anche tutte quelle aziende che sanno di aver agito bene, in buona fede, che quindi NON hanno indebitamente utilizzato il credito, ma che preferiscono non avere noie con l’Agenzia delle entrate che potrebbe “attaccarsi” a interpretazioni legate ad esempio al Manuale di Oslo, o di Frascati, a cui l’agenzia stessa ha collegato una serie di ragionamenti molto dopo l’emanazione della legge.
Credito imposta ricerca e sviluppo: iter legislativo
L’articolo 3, del decreto legge n. 145 del 2013, come successivamente modificato nel tempo (in particolare dalla legge di Bilancio 2017, dal decreto legge n. 87 del 2018 e dalle leggi di Bilancio 2019 e 2020) ha attribuito a tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato, che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019, un credito d’imposta nella misura del 25 per cento, elevata al 50 in specifici casi, delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.
A seguito delle modifiche introdotte dalla legge di Bilancio 2017 (commi 15 e 16, della legge n. 232 del 2016), l’utilizzo del credito d’imposta è stato consentito (oltre che alle imprese residenti) anche alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguissero le attività di ricerca e sviluppo mediante contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni, ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni.
Tali disposizioni, contenute nel comma 1-bis dell’articolo 3, del decreto legge n. 145 del 2013, sono state oggetto di una norma interpretativa recata dall’articolo 1, comma 72, della legge n. 145 del 2018 (legge di Bilancio 2019) con la quale è stato chiarito esplicitamente che ai fini del calcolo del credito d’imposta attribuibile, assumono rilevanza esclusivamente le spese ammissibili relative alle attività di ricerca e sviluppo svolte direttament