La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 29498 del 24/12/2020, ha chiarito i profili di non imponibilità Iva, in particolare con riferimento alla prova del trasferimento all’estero delle merci.
La Cassazione sulla prova del trasferimento di merci all'estero
La contestazione di mancata sussistenza dei presupposti per esenzione IVA
Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale aveva accolto gli appelli proposti dall'Agenzia delle Entrate nell’ambito di una controversia relativa a due avvisi di accertamento per IVA 2004 e 2005 e conseguente atto di contestazione sanzioni.
Gli avvisi di accertamento erano stati emessi sul presupposto della imponibilità delle operazioni intracomunitarie effettuate, non avendo la società contribuente indicato correttamente il codice identificativo VAT del cliente estero comunitario.
La mancata sussistenza dei presupposti per l'esenzione IVA nel Paese del cedente comportava dunque, ad avviso dell’Amministrazione finanziaria, il recupero dell'IVA e la comminatoria delle sanzioni.
La CTR, per quanto di interesse, motivava l'accoglimento degli appelli proposti dalla Agenzia delle Entrate osservando che il recupero dell'IVA si giustificava in ragione della indicazione di codici identificativi cessati delle imprese cessionarie, e sulla base del fatto che la contribuente, su cui gravava il relativo onere, non aveva provato l'effettivo invio delle merci all’estero.
La società impugnava le sentenze della CTR con ricorsi per cassazione, poi riuniti, deducendo, tra le altre, la nullità della sentenza per violazione degli artt. 115 e 116 codice procedura civile, nonché della convenzione relativa al trasporto internazionale di merci su strada del 19/05/1956, ratificata dall'Italia con L. 6 dicembre 1960, n. 1621, evidenziando che i giudici di appello avevano omesso la valutazione sulle prove documentali offerte dalla contribuente e, in particolare