Come va gestita l’IVA per le vendite on line di prodotti destinati fuori dall’Unione Europea?
Partendo da un recente interpello analizziamo il caso del soggetto non ancora identificato in Europa e del conseguente regime di non imponibilità IVA: è davvero un vantaggio per gli operatori italiani?
Vendite in Paesi extra UE: regime IVA
Premessa
Con la recente risposta a interpello n. 238/2020 l’Ufficio ha esteso il regime di non imponibilità, ex art. 8, comma 1 del DPR n. 633/1972[1], al caso in cui l’acquirente non risulta ancora individuato al momento dell’invio dei beni al di fuori della UE.
Seppur favorevole per gli operatori nazionali, l’estensione della non imponibilità al caso in questione risulta quantomeno discutibile.
Come avremo modo di vedere nel proseguo, infatti, la conclusione a cui è pervenuta l’Agenzia delle Entrate si scontra con il prevalente orientamento giurisprudenziale e con la consolidata prassi amministrativa in materia di non imponibilità.
L’istanza di interpello n. 238/2020
Il caso esaminato dall’Ufficio riguardava la commercializzazione, in un Paese extra UE, di beni prodotti da una società italiana mediante l’utilizzo di una piattaforma digitale.
Nello specifico l’istante precisava che la merce sarebbe partita dall’Italia per essere trasferita in un magazzino di proprietà, ubicato in una “zona franca” dello Stato extra UE di destinazione, per essere successivamente venduta a consumatori privati di detto Stato estero.
Analizzando l’operazione sotto un profilo amministrativo risulta, quindi, che:
- i beni rimangono nella proprietà del contribuente italiano fino al momento della vendita ai consumatori privati esteri;
- la merce che esce dal magazzino è accompagnata da una fattura proforma, necessaria per configurare un’esportazione definitiva ai fini doganali;
- i beni indicati nella fattura proforma sono valorizzati al presumibile valore di vendita, ovvero al prezzo praticato per la cessione;
- quando perviene l’ordine di acquisto sul portale online:
- la merce viene ceduta al cliente privato estero;
- l’incasso della società italiana viene ridotto dei dazi e delle altre misure applicate dalla Autorità fiscali al momento dello sdoganamento e delle altre commissioni pattuite contrattualmente;
- il portale non emette nessuna fattura al privato, salvo espressa richiesta da parte di quest’ultimo, ma solo uno scontrino che viene prodotto automaticamente alla conferma dell’ordine.
Non imponibilità e territorialità dell’operazione
Il corretto trattamento IVA da riservare all’operazione in questione richiede alcune necessarie precisazioni circa il rapporto tra la non imponibilità, ex art. 8, comma 1 del DPR n. 633/1972 e la territorialità delle cessioni di beni, di cui all’art. 7-bis, comma 1 [2] dello stesso decreto IVA.
A ben vedere, infatti, il trasferimento della proprietà del bene non avviene nel territorio dello Stato, ma nel Paese extra UE di destinazione, dato che i beni sono venduti successivamente alla spedizione nel Paese estero.
Per questi motivi, le cessioni non soddisfano sicuramente il presupposto territoriale stabilito dall’art. 7-bis, comma 1 del DPR n. 633/1972, che richiede l’esistenza fisica dei beni in Italia al momento della cessione.
Dello stesso tenore è anche l’art. 32 della Direttiva n. 2006/112/CE [3] che ai fini della non imponibilità prevede l’obbligo per la merce di trovarsi nel territorio dello Stato al momento iniziale della spedizione/trasporto.
Mancando, quindi, il requisito della territorialità dovrebbe escludersi per logica la possibilità di considerare “non imponibile” l’operazione in questione.
Posizione talaltro confermata in più di un’occasione dalla prassi amministrativa. Si pensi in tal se