L’applicazione della normativa relativa al welfare aziendale sta prendendo sempre più piede perchè ha la funzione di migliorare la qualità della vita dei dipendenti. In questo articolo analizziamo l’impatto fiscale che permette di abbattere il cosiddetto cuneo fiscale: i rimborsi spesa rientranti nella normativa del welfare aziendale
Il welfare aziendale
Il welfare aziendale nasce come un’opportunità di benessere attraverso la quale le aziende possono rivestire un ruolo sociale importante mettendo a disposizione dei dipendenti e dei relativi familiari servizi che migliorino la qualità della vita.
La definizione di welfare aziendale si riferisce ai soli interventi non aventi natura retributiva che possono beneficiare dell’esclusione dal reddito da considerare quale base imponibile per il versamento di contributi ed imposte (comma 2 e 3 art. 51 TUIR), determinando l’abbattimento del “cuneo fiscale” ed un notevole vantaggio per datori di lavoro e dipendenti: la retribuzione lorda versata a titolo di welfare dal datore corrisponde alla retribuzione netta percepita dal lavoratore.
Il welfare aziendale costituisce una deroga al principio di “onnicomprensività” della retribuzione, in base al quale sia tutti gli emolumenti in denaro, sia il valore dei beni e servizi offerti(cosiddetta retribuzione in natura) costituiscono redditi imponibili e concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente. [1]
L’art. 51 del TUIR, al comma 2 lettera f) e ss. e al comma 3, elenca le opere e i servizi che non concorrono a formare la base imponibile e le condizioni in base alle quali questo possa accadere, tra cui la circostanza per cui i benefit suddetti pur essendo erogati in relazione al rapporto di lavoro, non assumano una connotazione strettamente reddituale.
Di recente è intervenuta l’Agenzia delle Entrate[2]che, rispondendo ad un quesito di una società istante in riferimento alla possibile applicazione del regime di esclusione da imposizione dal reddito di lavoro dipendente nonché quello di deducibili