La mancata semplificazione degli adempimenti antiriciclaggio per i commercialisti

Per il commercialista, a partire dal mese di Luglio 2019, le probabilità sanzionatorie in caso di inosservanza delle prescrizioni antiriciclaggio, risultano moltiplicate… Nessuno spazio di movimento per i più distratti: la mancata restituzione del questionario costituirà inadempimento sanzionato

Normativa antiriciclaggio e riciclaggio di denaro sporco

Antiriciclaggio commercialisti: cambia notevolmente il ruolo degli Ordini Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (così come quello degli avvocati, dei notai e dei consulenti del lavoro).

Questi organismi hanno ora l’obbligo di monitorare l’osservanza delle disposizioni antiriciclaggio da parte dei propri iscritti, con tanto di pubblicazione delle eventuali sanzioni comminate dalle autorità competenti.

Gli Ordini sono tenuti anche alla pubblicazione, una volta all’anno entro il 30 maggio, di una relazione avente ad oggetto i provvedimenti adottati nell’anno precedente; il numero delle segnalazioni di operazioni sospette ricevute dall’organismo di autoregolamentazione per il successivo inoltre alla UIF; numero e tipologia delle misure disciplinari adottate verso gli iscritti a fronte di violazioni gravi, ripetute e sistematiche o plurime relativamente agli obblighi in materia di controlli interni, di adeguata verifica della clientela, di conservazione e di segnalazione di operazioni sospette.

 

Ma analizziamo meglio la situazione sull’Antiriciclaggio…

Studi commerciali costantemente impegnati

Appena il tempo di assestare la nuova organizzazione dello studio, resasi necessaria per fronteggiare le novità imposte dall’avvio della fatturazione elettronica obbligatoria e la profonda revisione degli adempimenti prescritti riguardo la protezione dei dati personali di cui al GDPR, e già in procinto di misurarsi con le roventi novità estive concernenti l’obbligo dei corrispettivi telematici e del processo telematico (nel tentativo di escogitare l’incastro perfetto con gli adempimenti e le scadenze istituzionali) e già si profilano all’orizzonte nuove nubi per i dottori commercialisti e gli esperti contabili.

Tuttavia stavolta i professionisti sembrano essere vittime di “fuoco amico”, trattandosi di complicazioni che potrebbero derivare dalle recenti disposizioni emanate dal CNDCEC con riguardo agli adempimenti obbligatori in materia di “antiriciclaggio”.

Trattasi senza dubbio degli adempimenti meno amati giacché percepiti esclusivamente come improduttivo fardello burocratico e con riflessi pratici, estremamente evanescenti. La revisione normativa disposta dal D.Lgs. 90/2017 aveva introdotto un innovativo approccio, che induceva legittimamente ad auspicare un processo di semplificazione delle procedure, realizzando il principio della prevalenza della “sostanza sulla forma”.

Il Legislatore, difatti, aveva inteso potenziare il ruolo degli Organismi di Autoregolamentazione (Enti esponenziali delle categorie professionali) attribuendogli ruoli e funzioni già previsti (in misura ancora più imponente) per le Autorità di Vigilanza di Settore (Banca d’Italia, Consob e Ivass).

 

Attribuzioni delegate

Tra le varie attribuzioni delegate, assumono un considerevole rilievo quelle relative:

  • alla definizione ed adozione (previa consultazione con il Comitato di Sicurezza Finanziaria) delle procedure per la valutazione del rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo (c.d. regole tecniche) cui tutti gli iscritti sono tenuti ad uniformarsi, con ampia facoltà di determinare la semplificazione degli adempimenti in ragione del rischio rilevato nel settore e della dimensione dei soggetti obbligati, ovvero di individuare le fattispecie che richiedano una più stringente applicazione (adempimenti c.d. “rafforzati);
  • la responsabilità della formazione dei propri iscritti riguardo la specifica materia;
  • l’esercizio di attività di vigilanza.

L’organismo di autoregolamentazione dei Commercialisti ed esperti contabili (CNDCEC) è giunto terzo (su quattro Governi di categoria professionali) al traguardo della definizione delle richiamate procedure, dopo il Consiglio del Notariato ed il Consiglio Nazionale Forense (che tuttavia, pur avendo predisposto le proprie regole tecniche con notevole anticipo, è tutt’ora in attesa di approvazione da parte del CSF).

Mentre, tuttavia, gli altri Consigli Nazionali hanno ritenuto di dover adottare disposizioni alquanto snelle, il CNDCEC sembra aver intrapreso la strada opposta, deliberando procedure decisamente meticolose che non realizzano propriamente quel processo di semplificazione più volte invocato dai propri iscritti.

Sarebbe stato peraltro auspicabile, seppur ragionevolmente perseguibile in virtù della forte conflittualità esistente tra i diversi Organismi, addivenire a direttive più uniformi stante la omogeneità di molte delle attività professionali riservate agli iscritti agli Albi dei Commercialisti, dei Cdl e degli Avvocati.

 

Gli aspetti critici dell’antiriciclaggio commercialisti

I commercialisti saranno preliminarmente tenuti ad un nuovo adempimento consistente nella autovalutazione del rischio astrattamente e/o specificatamente ricadente sulle attività esercitate nel proprio ambito professionale.
Tale incombenza andrà esperita avendo cura di valutare la tipologia di clientela, di servizi professionali offerti e l’adeguatezza dei presidi implementati nello studio.

Il CNDCEC ha ritenuto di adottare una complessa metodologia di calcolo, ricalcando una analoga procedura prevista per gli istituti di credito e finanziari sottoposti alla vigilanza della Banca d’Italia. Tuttavia, se tale procedimento ha una sua ragione d’essere in relazione all’operatività di tali soggetti, appare sovradimensionata rispetto alle attività squisitamente professionali (ne è riprova la proporzione tra le segnalazioni inviate dai soggetti vigilati dalla Banca d’Italia, circa 90.000/annue, e quelle inviate dai commercialisti che assommano a poco più di 350/annue).

Nella sua applicazione pratica, l’esito della valutazione andrà verosimilmente determinato mediante l’ausilio di una procedura software che previa alimentazione dei dati relativi alla totalità della propria clientela, restituirà il valore di rischio, il cui risultato sarà oggetto di specifica comunicazione da effettuarsi con cadenza triennale all’Odcec di appartenenza.

Le problematiche potrebbero viceversa insorgere in relazione al risultato del processo di autovalutazione (la cui mancata attuazione non risulta in ogni caso sanzionabile in termini amministrativi, salvo applicazione di provvedimenti disciplinari) qualora lo stesso evidenzi un rischio “abbastanza significativo” o “molto significativo”, giacché in tale ipotesi il CNDCEC precisa che “dovranno essere individuate azioni mitigratici” già previste nell’obbligo di provvedere alla formale nomina di un soggetto “responsabile della funzione antiriciclaggio” (qualora almeno due professionisti e/o soggetti iscritti all’albo condividano lo studio) se non, nelle più rare ipotesi di studi multi strutturati (oltre 30 professionisti e 30 collaboratori) alla individuazione e nomina di un revisore indipendente che sovraintenda gli adempimenti ricadenti sullo studio.

La portata degli adempimenti formali (acquisizione documentazione, informazioni e dichiarazioni del cliente, indagini riguardo la titolarità effettiva nonché la natura e lo scopo dell’operazione ecc…) sarà determinata in funzione dell’indice di rischiosità attribuito al singolo cliente sulla base della valutazione effettuata preliminarmente.

 

Riclassificazione del rischio

Su questo punto desta qualche perplessità la classificazione del rischio, attribuibile alle più comuni attività professionali, così come predeterminata dal CNDCEC.

Al proposito va evidenziato che in fase di redazione del documento, il CNDCEC sembra aver dimenticato interi segmenti di tipologie di incarichi acquisibili dai propri iscritti, quali le attività di consulenza del lavoro (che contrariamente al pensiero comune non sono esentate in toto dagli adempimenti antiriciclaggio), l’attività di responsabile di CAF, di controllo di gestione, ecc…, contemplando di contro attività che nulla hanno a che vedere con il presupposto normativo (quali ad esempio l’attività di coordinatore editoriale di riviste specializzate o partecipazione a comitati di redazione!).

Sarebbe di contro illuminante apprendere i criteri di valutazione che possono aver indotto l’Organismo Nazionale a ritenere attività quali l’amministrazione di un patrimonio o la valutazione di aziende a rischio “poco significativo” (una perizia di stima “gonfiata” dalla quale consegue una acquisizione con movimentazione di mezzi finanziari, al contrario, potrebbe rilevare un profilo di riciclaggio/autoriciclaggio decisamente più consistente di una consulenza generica rubricata tra gli incarichi a rischio “abbastanza significativo”).

 

Aree geografiche di operatività

Anche l’adozione dei criteri suggeriti per la valutazione dell’area geografica di operatività appaiono eccessivi rispetto alle fattispecie concretamente verificabili.

I parametri che lo stesso CNDCEC suggerì di adoperare nell’ormai lontano 2008 (ma ancora pienamente conformi al dettato normativo, in assenza della prevista decretazione ministeriale mai attuata) erano limitati alla distinzione delle aree geografiche internazionali considerate paradisi fiscali o dove comunque risultano vigenti regolamentazioni non allineate a quelle Europee.

Con le nuove regole tecniche, il CNDCEC impone di riferirsi anche alle zone geografiche dove sia rilevato, a livello provinciale, un anomalo utilizzo di contante (secondo l’analisi pubblicata dal CSF nel novembre 2014), con la conseguenza che il commercialista che, a pure titolo esemplificativo, operi nella provincia di Catania dovrà, a parità di altre condizioni, sobbarcarsi un carico di adempimenti più stringenti in relazione alla propria clientela rispetto al collega che esercita nella provincia di Sassari.
Risultano inoltre poco comprensibili talune posizioni assunte nelle impostazioni delle procedure di adeguata verifica.

Appare decisamente azzardato ad esempio, a parere di chi scrive, affermare che l’invio di una comunicazione unica (e quindi l’attribuzione di una posizione fiscale) possa essere effettuata senza alcun adempimento preventivo, ovvero senza neanche accertarsi che il soggetto che commissiona l’incarico corrisponda all’effettivo intestatario dell’attività.

 

Non sono semplificazioni…

Certamente non perseguono alcun processo di semplificazione gli obblighi concernenti:

  • l’alimentazione del fascicolo del cliente con documentazione non prevista dalla normativa (codice fiscale e certificato di attribuzione della partita Iva);
  • la compilazione di modulistica superflua (scheda di adeguata verifica);
  • la datazione e sottoscrizione di ogni documento cartaceo acquisito.

Ancor più incomprensibile la finalità della previsione, contemplata dalle regole tecniche, di registrazione di dati negli archivi informatici (AUI) o nel registro della clientela, la cui tenuta risulta abolita, che non potrebbe comunque sostituire l’obbligo di acquisizione e conservazione della relativa documentazione.

La regolamentazione ordinistica, come noto, assume piena validità giuridica nell’ambito degli appartenenti all’ordinamento di categoria, e pur collocandosi, nella gerarchia delle fonti di diritto al di sotto delle norme di legislazione nazionale e locale, nella fattispecie integra prescrizioni espressamente delegate dal legislatore nazionale. Ne consegue che l’organo accertatore potrebbe far valere in ambito sanzionatorio, per gli iscritti all’Albo, le più stringenti disposizioni previste dal CNDCEC in materia di adeguata verifica.

Restano, inoltre, da implementare il codice deontologico e/o quantomeno il codice delle sanzioni disciplinari che, per espressa previsione normativa, devono prevedere specifiche ipotesi sanzionatorie per gli inadempimenti rilevati in ambito di obblighi antiriciclaggio.

 

Le funzioni di vigilanza Antiriciclaggio commercialisti

Ma l’aspetto più critico della vicenda, al momento ancora troppo sottovalutato dagli interessati, resta quello dell’obbligo di vigilanza sugli adempimenti dei professionisti, ricadente in capo alle articolazioni territoriali (Odcec competente) ed in relazione ai quali il CNDCEC ha suggerito di provvedere mediante inoltro a tutti gli iscritti di un questionario da rendere compilato in forma di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

La risposta al questionario e l’inoltro secondo le modalità che saranno indicate da ciascun Ordine territorialmente competente, rappresenta adempimento obbligatorio utile a verificare, secondo le dichiarazioni rese, l’avvenuto (o meno) puntuale adempimento delle prescrizioni normative e regolamentari.

Quanto sopra comporta inevitabilmente che entro la fine dell’anno 2019 (o il maggior termine che ciascun Odcec riterrà di dover individuare nella considerazione che tali dati andranno comunque riversati al Consiglio Nazionale per il successivo inoltro al MEF entro il 31 marzo 2020) i professionisti, onde poter riscontrare correttamente l’adempimento dichiarativo, dovranno necessariamente risultare perfettamente in linea con tutti gli obblighi sulla materia, salvo autodenunciare la propria inosservanza ed incorrere automaticamente nelle sanzioni disciplinari che il CNDCEC vorrà prevedere.

Nessuno spazio di movimento per i più distratti, la mancata restituzione del questionario costituirà inadempimento sanzionato con procedimento disciplinare, mentre la denuncia di situazioni non verificate documentalmente (stante la natura della dichiarazione sostitutiva) realizzerebbe addirittura una fattispecie penalmente perseguibile.

 

Dubbi e conclusione

A tal proposito, restano anche da chiarire i criteri e le modalità con le quali l’Odcec provvederà alla verifica, quantomeno a campione, delle autocertificazioni rese dall’iscritto, riproponendo di fatto la medesima problematica relativa alla individuazione di procedure di controllo alternative all’utilizzo del questionario.

In conclusione, per il commercialista, a partire dal prossimo mese di Luglio, le probabilità sanzionatorie in caso di inosservanza delle prescrizioni antiriciclaggio, risultano moltiplicate in quanto non sarà possibile sottrarsi al controllo di massa proposto dal Consiglio Nazionale ed in considerazione che in capo al medesimo inadempimento (ed in barba al principio “ne bis in idem” non attuabile alla fattispecie) il commercialista rischia la duplicazione della sanzione (amministrativa e disciplinare) alla quale, potrebbe aggiungersi addirittura quella penale in caso di dichiarazione mendace.

Insomma, i commercialisti sembrano aver fatto “harakiri”, e l’eventuale proroga dell’entrata in vigore, per una volta dovranno invocarla a loro stessi!

 

 

6 Giugno 2019

Massimiliano De Bonis

 

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