4 miti che separano il Commercialista dal suo futuro

Negli ultimi tempi abbiamo sentito domande sempre più ricorrenti e preoccupate relative al futuro della professione del commercialista. Il commercialista è una professione in declino? Davvero la contabilità sparirà con l’avvento della c.d. Business Intelligence?
Fortunatamente la professione di commercialista non è né morta né moribonda. Anzi…

Che fine faranno i commercialisti?

Il futuro della professione di commercialista: la buona notizia è che la professione del Commercialista ha davanti a sé un’opportunità storica per tornare ad affiancare l’impresa da protagonista.

Quella cattiva è che questa opportunità non è gratuita, va conquistata accettando di rimettersi in gioco (che vuol dire rimettersi anche un po’ a studiare) e, soprattutto, affrontando il tema senza pregiudizi.

Il tema non sono la gestione dei dati, la Business Intelligence o la digitalizzazione.

Quelle sono le soluzioni.

Il grande tema è il ruolo che Commercialista può e potrà interpretare nel favorire lo sviluppo, l’attuazione ed il controllo della strategia dell’azienda per aiutarla a gestire la crescente complessità dell’ambiente in cui si trova ad operare quotidianamente.

Questo articolo vuole essere un punto di partenza per alcune riflessioni e non potrebbe, neanche volendo, esaurire nessuno degli argomenti che tratterà.

Piuttosto, cercherò di affrontare alcuni punti fondamentali smentendo, almeno dal mio punto di vista, alcuni miti in base ai quali la nostra professione poco o niente c’entrerebbe con la strategia aziendale, con i dati e con gli strumenti che permettono di gestirli.

 

Mito numero 1: “La gestione aziendale riguarda gli amministratori, non è certo compito del Commercialista far andare bene l’azienda”

Giusto, giustissimo.

Ciò è talmente vero che, da molti anni ormai, il tema della (consulenza nella) gestione aziendale è stato accantonato a tal punto che una delle frasi più ricorrenti che ascolto da tanti miei colleghi è “Siamo diventati dipendenti non retribuiti dell’Agenzia delle Entrate”.

il futuro della professione dottore commercialistaNessun sarcasmo, ci mancherebbe, ma, posto che non è certo in discussione il fatto che siano gli amministratori a dover gestire l’azienda e ad individuarne le prospettive, come si può rinunciare all’opportunità di affiancare l’azione dei manager predisponendo gli strumenti informativi necessari per la scelta degli obiettivi ed il controllo della gestione?

La preparazione del Commercialista offre una competenza unica in azienda in quanto offre un “hub” di competenze vitali per lo svolgimento dell’attività economica privata (da quelle contabili, ovviamente, a quelle giuridiche, a quelle finanziarie per finire con quelle aziendali).

Quale altra figura professionale è in grado di osservare qualunque fatto che riguardi l’azienda da tutti questi punti di vista contemporaneamente?.

Al primo mito la mia risposta è: non sarà compito del Commercialista far andare bene l’azienda ma è piuttosto illogico rinunciare ad adoperarsi perché questo avvenga (con evidenti vantaggi reciproci sia in termini economici che in termini di consolidamento del rapporto professionale).

 

Mito numero 2: “La consulenza aziendale richiede tempo e risorse che non ho, è già abbastanza difficile pensare alla contabilità e al fiscale”

Giusto, giustissimo.

Il punto, però, è scegliere il proprio ruolo in azienda per il futuro e non giustificare quello presente e passato.

A questo secondo mito la mia risposta è che ci sono (quasi) sempre più soluzioni ad uno stesso problema: certi servizi possono essere esternalizzati (leggi soggetti terzi che si occupano di controllo di gestione e di business intelligence), si possono affrontare percorsi di associazione e collaborazione tra professionisti che hanno competenze complementari a quelle già presenti, si può riconfigurare il proprio studio professionale inserendo direttamente le figure professionali necessarie e/o formando nuove competenze.

È facile e immediato? Probabilmente no.

È necessario? Ognuno è in grado di rispondere da solo.

 

Mito numero 3: “Ormai si basa tutto sui dati, ci manca solo che mi metta a fare l’informatico”

Giusto, giustissimo.

Peccato che i dati e le informazioni che se ne ricavano non siano affatto “roba” da informatici. Il confine sembra sottile ma è enorme.

A pagina 1 del libro “Basi di dati” (di Paolo Atzeni e altri autori, Mc Graw Hill Education) chi ne sa certo più del sottoscritto afferma:

“… sono essenziali la disponibilità di informazioni e la capacità di gestirle in modo efficace; ogni organizzazione è dotata di un sistema informativo … L’esistenza del sistema informativo è  in parte indipendente dalla sua automazione … per indicare la porzione automatizzata del sistema informativo viene di solito utilizzato il termine sistema informatico …”.

 

Al terzo mito mi viene spontaneo rispondere evidenziando che per utilizzare i dati e le informazioni che ne possono derivare non si deve essere esperti di estrazione dati da un database, non occorre nemmeno esserne lontanamente capaci e, del resto, nessuno rinuncia a guidare una macchina perché non sarebbe capace di progettarne i componenti e di assemblarla.

 

Mito numero 4: “La Business Intelligence è solo una moda, sarebbe meglio concentrarsi sulle cose concrete che i tempi sono difficili”

Giusto, giustissimo.

Purtroppo, però, la speranza non è una strategia.

Le “cose concrete” sarebbero (normalmente) cose come: organizzarsi meglio, eliminare sprechi, cercare nuovi clienti, pensare a nuovi prodotti, curare le riscossioni, etc. Nessuno può dire il contrario, credo.

Il problema è come fare queste cose e non solo dichiararne l’intenzione.

business intelligence per contabilitàLa Business Intelligence, in fondo, non è altro che un modo tecnologico (dunque molto più veloce) di organizzare dati ed ottenere informazioni in modo sistematico e facile da comprendere.

Ma è anche di più perché permette di connettere dati altrimenti slegati e di eseguire analisi altrimenti impossibili (quantomeno in termini di tempo e di costo che tali analisi comporterebbero).

Al quarto mito rispondo che la Business Intelligence può certamente essere una perdita di tempo e uno spreco (di denaro e di risorse umane) se viene introdotta in modo slegato da una visione strategica e senza una giusta selezione degli aspetti e dei fatti della gestione che, in base a tale visione strategica, risultino vitali. Mi chiedo quale altra attività aziendale, con gli stessi presupposti, non sia uno spreco.

 

Un esempio di Business Intelligence per aziende

Per terminare questo articolo vorrei proporre un esempio di Business Intelligence applicato ad un’ipotetica azienda che produce e vende beni in Italia e all’estero.

Premesse

Supponiamo che l’azienda “ALFA” produca e venda attrezzature opzionali che si adattano a vari modelli di macchinari prodotti da aziende terze.

Inoltre, la possibilità di installare le attrezzature (il prodotto di “ALFA”) su questi modelli di macchinari presuppone uno studio iniziale (che ha un costo rilevante) per ogni modello di macchinario su cui andrà installata l’attrezzatura.

I clienti di “ALFA” sono rivenditori di macchinari (non tutti i modelli di macchinario hanno lo stesso appeal per “ALFA” in quanto alcuni sono in ascesa ed altri sono in declino) che passano ad “ALFA” ordinativi di attrezzi che completeranno il macchinario fornito agli utenti finali.

Le vendite di “ALFA” avvengono con l’ausilio di una rete di agenti e tramite rapporti consolidati che fanno capo direttamente all’azienda.

 

Obiettivi del progetto

L’aspetto strategico e aziendale, cui il Commercialista del futuro potrebbe e dovrebbe partecipare, guiderà tutto il progetto di Business Intelligence che, una volta completato, aiuterà l’esecuzione ed il controllo della strategia.

Parte della strategia dell’azienda consiste nell’aumentare del 30% il Margine di Contribuzione di secondo livello entro due anni al fine di sostenere dal punto di vista economico e finanziario investimenti strutturali relativi a tutta l’azienda (costi comuni di struttura).

Sto volutamente omettendo (fino ad ora) ogni aspetto relativo ai dati e/o ai sistemi informatici: i concetti sono tutti e solo inerenti ad aspetti tradizionalmente aziendali.

Se questa è la situazione, il progetto di Business Intelligence potrebbe essere utile nel rappresentare e misurare in quali ambiti (ad esempio in quale regione geografica in Italia o all’estero e con quale canale di vendita) l’azienda “ALFA” riesca più facilmente a raggiungere risultati in linea con l’obiettivo e in quali ambiti occorra analizzare il motivo di performances sotto le aspettative.

Il progetto aiuterà anche ad evidenziare la composizione (e dunque la bontà) del volume delle vendite di “ALFA”.

Ciò va inteso in termini di maggiore o minore appeal (per “ALFA”) dei modelli di macchinario cui verranno applicate le attrezzature vendute da “ALFA”.

Infatti, ad ogni fattura di vendita emessa da “ALFA” corrisponderà un ordine o, comunque, una fornitura di attrezzatura per la quale sarà noto il modello e la marca di macchinario “utente”: insomma si potrà ricostruire dove verranno montate le singole attrezzature prodotte da “ALFA” e ciò, come premesso, non è indifferente dato che si devono sostenere costi specifici per adattare la gamma ai singoli modelli di macchinari “utenti”.

 

Esecuzione del progetto

Il ruolo del Commercialista è decisivo nel fornire l’interpretazione aziendale e contabile delle grandezze in gioco e nel definire le fonti di dati che saranno prese in considerazione per alimentare il progetto di Business Intelligence.

La realizzazione fisica del progetto potrà avvenire sfruttando competenze informatiche di soggetti messi a disposizione dal Commercialista stesso o dall’azienda (in questo, le dimensioni aziendali e l’organizzazione dell’azienda stessa giocheranno un ruolo essenziale per la scelta relativa alla concreta modalità di esecuzione del progetto: insomma chi deve fare cosa per arrivare al risultato finale).

I cruscotti che saranno costruiti dovranno rappresentare in modo chiaro, semplice e non fuorviante le informazioni che saranno state derivate dall’elaborazione dei dati grezzi.

Il Commercialista aiuterà, dunque, l’azienda nell’interpretazione delle informazioni per il controllo della strategia e per le decisioni future, spesso vitali per l’azienda.

 

 

 

Conclusioni sul futuro della professione di commercialista

Le attuali possibilità di elaborazione dei dati (si possono ottenere le tecnologie necessarie a costi irrisori: esistono sia soluzioni open source che proprietarie e, anch’esse, a costi ragionevolissimi) e la massa di dati, già in formato digitale, oggi disponibili (da ultimo quelli derivanti dalla fatturazione elettronica) unitamente alle competenze del Commercialista, troppo spesso marginalizzate al solo aspetto contabile e fiscale, consentono di pensare al futuro della consulenza in modo nuovo e finalizzato ad un’efficacia tangibile da parte dell’azienda e allo sviluppo, strutturato e reale, della tanto reclamizzata “proattività”.

Si tratta di una sfida, di compiere uno sforzo e di rimettersi in discussione.

Si tratta di una necessità.

Ad maiora.

 

A cura di David Bianconi

Mercoledì 27 Novembre 2019

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