L’opposizione di terzo ordinaria è un rimedio o mezzo di impugnazione straordinaria, presente in diversi tipi di processo, che trova la sua più compiuta disciplina nel processo civile. Essa va proposta dinanzi allo stesso giudice (competenza assoluta, funzionale ed inderogabile) che ha pronunciato la sentenza impugnata, senza termini di decadenza, al fine di far venir meno la sentenza anche tra le parti originarie. Il presente contributo segnala all’attenzione dell’operatore tributario gli ultimi e recenti interventi del giudice tributario in merito alla vexata quaestio dell’ammissibilità dell’opposizione ordinaria nel processo tributario
L’opposizione di terzo ordinaria è un rimedio o mezzo di impugnazione straordinaria, presente in diversi tipi di processo, che trova la sua più compiuta disciplina nel processo civile.
Essa va proposta dinanzi allo stesso giudice (competenza assoluta, funzionale ed inderogabile) che ha pronunciato la sentenza impugnata, senza termini di decadenza, al fine di far venir meno la sentenza anche tra le parti originarie. Il presente contributo segnala all’attenzione dell’operatore tributario gli ultimi e recenti interventi del giudice tributario in merito alla vexata quaestio dell’ammissibilità dell’opposizione ordinaria nel processo tributario.
Rimedio dell’opposizione di terzo
Tale mezzo d’impugnazione è regolato dall’art. 404 c.p.c. in cui sono contemplate le ipotesi dell’opposizione di terzo ordinaria (comma 1) e di quella revocatoria (comma 2). L’opposizione di terzo è un rimedio straordinario in virtù del quale un terzo si oppone ad una sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva pronunciata tra altre persone quando pregiudica i propri diritti (opposizione di terzo ordinaria) oppure quando la sentenza è affetta di dolo o collusione a suo danno (404 c.p.c. opposizione di terzo revocatoria).[1]
L’opposizione di terzo ordinaria, ex art. 404, comma 1, c.p.c., è un mezzo di impugnazione straordinario che consente a coloro che non sono stati coinvolti nel processo, ma che risentono un pregiudizio dalla pronuncia del giudice, di far valere le proprie ragioni, infrangendo lo schermo del giudicato o impugnando le sentenze meramente esecutive per rimuovere il pregiudizio stesso. L’opposizione di terzo viene, quindi, considerata l’estremo rimedio utilizzabile da chi non ha potuto paralizzare o impedire in via preventiva gli effetti pregiudizievoli della sentenza.
L’opposizione di terzo è un mezzo d’impugnazione di natura straordinaria che va proposto, senza termini di decadenza, dinanzi allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata per eliminare la sentenza anche tra le parti originarie. Essa va esperita nei confronti di tutte le parti tra le quali fu emessa la sentenza impugnata; devono essere chiamate in giudizio tutte le parti tra le quali è stata emessa la sentenza impugnata.
Alla presentazione di tale mezzo d’impugnazione sono legittimati i terzi, soggetti, quindi, estranei, al giudizio. La legittimazione ad impugnare la sentenza con l’opposizione di terzo, infatti, presuppone in capo all’opponente la titolarità di un diritto autonomo ed incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla sentenza pronunciata tra le altre parti: il terzo deve essere titolare di un autonomo diritto suscettibile di essere pregiudicato dall’accertamento contenuto in una sentenza resa nei confronti d’altri soggetti.
Esclusione dell’opposizione ordinaria nel processo tributario
Ciò premesso, secondo una precisa scelta ermeneutica[2], l’art. 50 del D.Lgs. 546/92 esclude l’esperibilità a favore dei terzi (es. non è terzo il chiamato in causa rimasto contumace che ha assunto la qualità di parte processuale) dell’opposizione ordinaria nel nuovo processo tributario; in altri termini, siffatto mezzo di impugnazione straordinaria, di origine processual-civilista (v. art. 404 del cpc), non trova cittadinanza nell’impianto normativo di cui al D.Lgs. 546/92.
Tale assunto troverebbe conforto nelle seguenti argomentazioni di carattere fo