Il diritto alla detrazione è uno dei pilastri sui quali poggia il sistema dell’IVA in tutta Europa. In particolare è stabilito che, nella misura in cui i beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad IVA, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo
Aspetti generali
Il diritto alla detrazione è uno dei pilastri sui quali poggia il sistema dell’IVA in tutta Europa.
In particolare, l’art. 168 della direttiva n. 2006/112 stabilisce che, nella misura in cui i beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad IVA, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo.
Con sentenza 31.5.2018, in esito alle cause riunite C-660/16 e C-661/16, la Corte di Giustizia UE ha affermato che il diritto alla detrazione dell’IVA riguardante il versamento dell’acconto in capo al potenziale cessionario spetta solo a condizione che:
- l’acconto sia stato versato e riscosso;
- al momento in cui l’acconto è stato versato al potenziale cedente, tutti gli elementi della futura cessione fossero noti al cessionario e la cessione di beni apparisse, in tale momento, certa.
L’operazione non può essere soggetta a rettifica, in forza di una previsione di legge nazionale, nella misura in cui l’IVA addebitata per errore non sia stata rimborsata al cessionario (ed è sicuro che non verrà rimborsata poiché il cedente è in stato di insolvenza).
In caso di rettifica, infatti, il cessionario dovrebbe richiedere all’Erario a rimborso una somma pari all’importo dell’IVA detratta (ed eventualmente rettificata), soluzione che appare irragionevole ai giudici comunitari.
Quando si può applicare?
Nell’ambito del contenzioso comunitario (relativo ai casi di alcuni contribuenti tedeschi) sono state poste alcune domande di pronuncia pregiudiziale, relative all’interpretazione degli artt. 63, 65, 167, 185 e 186 della direttiva 2006/112/CE.
Secondo la rassegna normativa proposta dalla Corte:
- l’art. 63 della direttiva dispone che “il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi”;
- l’art. 65 stabilisce che “in caso di pagamento di acconti anteriore alla cessione di beni o alla prestazione di servizi, l’imposta diventa esigibile al momento dell’incasso, a concorrenza dell’importo incassato”;
- l’art. 90, paragrafo 1, prevede che “in caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri”;
- l’art. 167 aggiunge che “il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile”;
- l’art. 168 prevede che “nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell