Cassazione Civ., Sez. V Sentenza n. 2246 del 30 gennaio 2018

Secondo l’orientamento della Cassazione la modifica in diminuzione di un avviso di accertamento già emanato non costituisce una nuova pretesa tributaria. Se il fisco si limita a ridurre l’accertamento originario con un provvedimento di rettifica in autotutela, non si è in presenza di un nuovo atto impositivo, ma di una revoca parziale di quello precedente

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14156/2012 proposto da:

M.F., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato SALVATORE LA BELLA giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE CENTRALE DI ROMA, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI MODENA, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI MIRANDOLA;

– intimati –

Nonchè da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente incidentale –

contro

M.F., AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE CENTRALE DI ROMA, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI MODENA, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI MIRANDOLA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 41/2011 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA, depositata il 18/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/11/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e del ricorso incidentale;

udito per il ricorrente l’Avvocato LA BELLA che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

  1. 1. M.F. propone un articolato motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 41/18/11 del 18 aprile 2011 con la quale la commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di rettifica e liquidazione notificatogli il 13 febbraio 2007 dall’agenzia delle entrate – per imposta di registro, ipotecaria e catastale – sull’atto 25 febbraio 2005. Atto con il quale egli aveva conferito, in sede di aumento del capitale sociale della Area Uno srl, un terreno edificabile non urbanizzato sito in Comune di (OMISSIS), di valore dichiarato di Euro 60.000,00 al netto di un mutuo ipotecario; successivamente rettificato dall’ufficio in Euro 4.703.000,00 ed infine, in esito ad autoannullamento parziale, rideterminato dall’amministrazione finanziaria al netto delle passività (nota n. 53 del 6 agosto 2007) in Euro 2.500.000,00 (Euro 1.630.000,00 ai fini dell’imposta di registro).

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che: – correttamente il giudice di primo grado si era pronunciato sul “merito” della pretesa tributaria, come risultante dall’autoannullamento parziale; – corretta era la rettifica operata dall’amministrazione finanziaria, dovendosi nella specie tenere conto: della stima Ute richiamata nell’iniziale avviso opposto, congruamente motivato; degli atti di trasferimento comparativi indicati in tale stima; dell’esistenza sul terreno di un mutuo con iscrizione ipotecaria per un importo a sua volta attestante la congruità del valore rettificato; dei valori delle aree edificabili accertati dal Comune, ai fini Ici, per l’anno 2005.

Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate, la quale formula altresì un motivo di ricorso incidentale condizionato.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

  1. 2. Con il motivo di ricorso principale parte ricorrente deduce, con indistinto richiamo all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5-: “difetto di motivazione; contraddittorietà ed illogicità; violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51; violazione e falsa ed errata applicazione della normativa applicata con connessi vizi di motivazione, omessa pronuncia; violazione della L. n. 765 del 1967, art. 17; violazione del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 2, che individua le zone territoriali omogenee ai sensi e per gli effetti della L. n. 765 del 1967, art. 17; omessa pronuncia”.

Nello sviluppo della censura si lamenta, in sostanza, che la commissione tributaria regionale abbia ritenuto fondata la pretesa dell’amministrazione finanziaria, senza considerare che: – il terreno in oggetto, per quanto inserito in un piano di lottizzazione con opere di urbanizzazione già autorizzate, doveva considerarsi solo potenzialmente edificabile, fino ad avvenuta urbanizzazione; – esso rientrava in “categoria C” ai sensi del D.M. n. 1444 del 1968, art. 2, citato, vale a dire in zona di espansione destinata a nuovi complessi insediativi ma ancora inedificata, non già in zona territoriale omogenea di completamento, perchè già urbanizzata; – il valore tabellarmente stabilito dal Comune non poteva essere utilizzato nella stima, perchè riferito all’Ici e, per giunta, perchè determinato con delibera GC (n. 127/06) successiva al trasferimento in oggetto; – all’avviso di rettifica e liquidazione opposto non erano stati allegati gli atti traslativi comparativi presi a riferimento, ed apoditticamente indicati dall’agenzia delle entrate; – l’avvenuto parziale autoannullamento disposto in data 6 agosto 2007, prodotto in giudizio dall’agenzia delle entrate, attestava esso stesso l’illegittimità della pretesa iniziale (risultando, pur tuttavia, a sua volta ancora illegittimo per difformità dal reale valore venale del terreno).

  1. 3. Con il motivo di ricorso incidentale, definito “condizionato”, l’agenzia delle entrate deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – violazione e falsa applicazione degli art. 100 c.p.c., e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46. Per non avere la commissione tributaria regionale rilevato, anche d’ufficio, la sopravvenuta carenza di interesse del contribuente, il quale aveva insistito per l’annullamento dell’originario avviso di rettifica, nonostante che quest’ultimo fosse stato sostituito – con la citata nota n. 53/07, prodotta in giudizio – da altro atto di rettifica (non contestato con motivi aggiunti D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 24) che aveva tenuto conto delle passività esistenti sul terreno.
  2. 4.1 Il motivo di ricorso principale, contrariamente a quanto eccepito dall’agenzia delle entrate, deve ritenersi ammissibile sulla base del principio secondo cui (SSUU n. 9100 del 06/05/2015): “in materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sè, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati”.

Nel caso di specie, se è vero che ci si trova di fronte ad un motivo composito e cumulativo, altrettanto indubbio è che tali caratteristiche si riscontrano essenzialmente nella sua rubricazione; non anche nell’illustrazione argomentativa delle singole doglianze, la quale permette in maniera sufficientemente chiara di individuare i distinti e separati profili di censura mossi alla sentenza impugnata, secondo quanto si è poc’anzi evidenziato (p. 2).

  1. 4.2 Va poi ancora premesso che, a seguito dell’autoannullamento parziale mediante provvedimento n. 53/07, l’oggetto del contendere deve essere individuato nella minor pretesa impositiva così espressa dall’amministrazione finanziaria (rideterminazione del valore dell’area in Euro 2.500.000,00, di cui Euro 1.630.000,00 ai fini dell’imposta di registro).

L’autoannullamento è stato dichiaratamente disposto dall’agenzia delle entrate “in seguito alla revisione di stima dell’agenzia del territorio di Modena che, dopo aver esaminato i documenti prodotti dalla parte, rivedeva la propria valutazione con nota protocollo n. 3770/2007 del 7 maggio 2007, pervenuta a quest’ufficio il 14 maggio 2007 (…)”; esso ha comportato non già la sostituzione dell’atto impositivo originariamente opposto dal contribuente (il n. (OMISSIS) notificatogli il 13 febbraio 2007, e recante la maggior determinazione di valore pari ad Euro 4.703.000,00), bensì la sua mera riduzione quantitativa, a seguito del parziale accoglimento di talune osservazioni documentate dal contribuente stesso.

Ciò esclude che ci si trovi di fronte ad un caso di vera e propria autotutela sostitutiva (ipotesi alla quale, soltanto, si riferisce l’orientamento di legittimità invocato dall’agenzia delle entrate: Cass. 17119/07), ravvisandosi piuttosto un’ipotesi di mera autoriduzione quantitativa della originaria pretesa impositiva; fermi restando i presupposti costitutivi del rapporto tributario, così come evincibili dall’atto di conferimento societario del terreno oggetto di accertamento.

Senonchè, in presenza di una semplice rettificazione in riduzione della pretesa iniziale – e non di una maggior pretesa basata su un nuovo atto impositivo che tenga in tutto luogo del precedente – correttamente il giudice regionale ha ritenuto di dover verificare comunque la fondatezza di tale pretesa, sebbene con riguardo all’importo diminuito in autotutela.

Si tratta di decisione conforme al principio secondo cui “in tema di accertamento delle imposte, la modificazione in diminuzione dell’originario avviso non esprime una nuova pretesa tributaria, limitandosi a ridurre quella originaria, per cui non costituisce atto nuovo, ma solo revoca parziale di quello precedente” (Cass. 11699/16, richiamante Cass. 22019/2014; Cass.937/2009).

Dal che consegue al contempo – quand’anche lo si ritenga suscettibile di valutazione prioritaria indipendentemente, trattandosi di questione di ammissibilità o procedibilità del ricorso rilevabile anche d’ufficio, dalla natura condizionata che la parte gli ha espressamente attribuito (Cass. 23531/16; 23271/14) – l’infondatezza del motivo di ricorso incidentale dell’agenzia delle entrate.

Ciò perchè il solo parziale accoglimento, da parte dell’ufficio impositore, delle osservazioni mosse dal contribuente non determinava affatto la cessazione della materia del contendere, nè travolgeva del tutto l’atto impugnato; con la conseguente permanenza dell’interesse oppositivo del contribuente, volto ad ottenere conferma del valore venale dichiarato nell’atto di conferimento. Da ciò, l’effettiva necessità che il giudice territoriale si pronunciasse – ponendosi, in tal modo, pur sempre nell’ambito della tipica cognizione di impugnazione/merito sui limiti di legittimità dell’atto impositivo opposto – sulla fondatezza della (residua) pretesa erariale.

  1. 5.1 Il motivo di ricorso principale è fondato nei termini che seguono.

Per quanto concerne il carattere edificabile del terreno, il ragionamento decisorio della commissione tributaria regionale risulta adeguatamente argomentato e, inoltre, basato sulla corretta applicazione della normativa di riferimento.

Sul punto, è lo stesso ricorrente ad osservare come si trattasse di terreno già dedotto in un piano di lottizzazione, ancorchè ancora privo di convenzione attuativa ed urbanizzazione. Questi ultimi elementi non escludevano tuttavia che il terreno fosse appunto assoggettabile a rettifica con attribuzione ad esso del valore venale, quale terreno considerato edificabile secondo le previsioni del PRG. Ciò è conforme a quanto stabilito da Cass. SSUU 25505/06 in tema di imposta di registro (successivamente più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità), secondo cui, “a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, che ha fornito l’interpretazione autentica del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, l’edificabilità di un’area, ai fini dell’inapplicabilità del sistema di valutazione automatica previsto dal D.P.R. n. 131 cit., art. 52, comma 4, dev’essere desunta dalla qualificazione ad esso attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi”. Ciò in ragione del fatto che “l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile (…)”.

Non vale obiettare che l’area in questione dovesse essere ricompresa in zona di espansione per insediamenti produttivi e non di completamento di aree già edificate ed urbanizzate, posto che tale diversa qualificazione non avrebbe escluso, come detto, l’edificabilità dell’area ai fini dell’imposta di registro; salvo rilevare in sede di valutazione dell’effettiva incidenza economica dei costi di urbanizzazione sul valore venale del bene al momento del conferimento.

  1. 5.2 La commissione tributaria regionale è invece incorsa nelle censure lamentate proprio per quanto concerne i criteri di quantificazione del valore attribuibile al terreno edificabile in questione (valore che il contribuente, pur dopo l’autoannullamento parziale, insiste nel ritenere congruo con riguardo al dichiarato).

Va in proposito osservato che la decisione del giudice territoriale si è basata sui seguenti elementi: – la stima Ute e gli atti comparativi; – i valori stabiliti dal Comune ai fini Ici; – la sussistenza sul fondo di un’ipoteca di valore presumibilmente doppio del mutuo bancario erogato (Euro 1.740.000,00).

Nessuno di tali parametri valutativi – così come esposti dalla commissione tributaria regionale – poteva di per sè giustificare la fondatezza dell’avviso.

Per quanto concerne la stima Ute (che, riportata per autosufficienza in ricorso quale allegato all’avviso di rettifica e liquidazione, non allegava a sua volta, nè riportava gli estremi, degli atti di comparazione relativi al trasferimento di immobili similari intercorsi nell’ultimo triennio: v. Cass. 12741/14), la CTR non ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui (Cass. 14418/14 ed altre) “in tema di INVIM e di imposta di registro, poichè dinanzi al giudice tributario l’amministrazione finanziaria è sullo stesso piano del contribuente, la relazione di stima di un immobile, redatta dall’Ufficio tecnico erariale, prodotta dall’amministrazione finanziaria costituisce una semplice perizia di parte, alla quale, pertanto, può essere attribuito il valore di atto pubblico soltanto per quel che concerne la provenienza, ma non anche per quel che riguarda il contenuto. Nondimeno, nel processo tributario, nel quale esiste un maggiore spazio per le prove cosiddette atipiche, anche la perizia di parte può costituire fonte di convincimento del giudice, che può elevarla a fondamento della decisione a condizione che spieghi le ragioni per le quali la ritenga corretta e convincente”. Se è dunque vero che anche la perizia UTE (che è, a tutti gli effetti, la consulenza di una parte paritetica del giudizio) può fondare il convincimento del giudice, altrettanto vero è che questi deve dare adeguata e completa motivazione delle ragioni di adesione ad essa; cosa che nella specie non è avvenuta, se non con richiamo ad ulteriori parametri valutativi a loro volta inficiati.

Per quanto concerne i parametri ai fini Ici, va infatti considerato che il giudice di merito non esplicita le ragioni per cui gli stessi dovessero considerarsi validamente dimostrativi del valore venale rettificato dall’ufficio. Segnatamente, non esplicita le ragioni per cui dovevano essere disattese le contestazioni mosse dal contribuente, secondo cui si trattava di valutazioni Ici comunque inattendibili allo scopo, perchè: relative ad annualità successiva (2006) a quella del conferimento; – riferite comunque a terreni di completamento già urbanizzati, diversamente (nel 2005) da quello conferito; – successivamente superate (2007) dalla stessa amministrazione comunale mediante adozione di una valutazione a mq. nettamente inferiore. Ciò a maggior ragione nell’osservanza dell’orientamento di legittimità (da ultimo, Cass. 21830/16, con richiamo a Cass. 15078/04 e 7903/16) secondo cui, ferma restando la possibilità di stima sulla base di indicazioni di diverso tipo provenienti dai Comuni, D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 51, comma 3: “in tema d’imposta di registro, al fine di determinare il valore venale del bene, e dunque la base imponibile, non possono essere utilizzati i criteri di determinazione dell’ICI, attesa l’occasionalità dell’imposta di registro rispetto alla periodicità, e dunque ripetitività, dell’ICI la cui quantità va determinata di anno in anno con riferimento al primo giorno del periodo di imposta”.

Per ciò che attiene all’iscrizione ipotecaria, infine, la medesima commissione tributaria regionale assume non trattarsi di “prova certa” del valore venale del bene, affidandosi piuttosto ad una mera “supposizione” basata su ciò che normalmente accade (iscrizione per il valore doppio del mutuo). Senonchè, essa non dà poi logicamente conto del fatto che tale criterio (in presenza di un mutuo dalla stessa indicato in Euro 1.740.000,00, e dunque comportante un’iscrizione per il doppio) finisse con il trovare smentita nello stesso provvedimento di autoannullamento dell’amministrazione finanziaria (recante un valore inferiore, di Euro 1.630.000,00, per imposta di registro).

In tale situazione, in definitiva, si impone la cassazione della sentenza impugnata in accoglimento del ricorso principale. Ne segue il rinvio alla commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna la quale, in diversa composizione, riconsidererà il punto decisivo per il giudizio, rappresentato dal valore venale del terreno al momento del conferimento, sulla base delle indicazioni che precedono. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente procedimento.

P.Q.M.

La Corte:

– accoglie il ricorso principale;

– rigetta il ricorso incidentale;

– cassa la sentenza impugnata in relazione ai profili accolti e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributarla regionale dell’Emilia-Romagna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Quinta Civile, il 21 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2018