Società in trasparenza fiscale: si sospende il processo contro il socio se è in corso quello contro la società

in caso di accertamento contro società in trasparenza fiscale si sospende il processo relativo al socio fino al passaggio in giudicato della sentenza emessa nei confronti della società

Con l’ordinanza n. 25556 del 27 ottobre 2017, la Corte di Cassazione ha ribadito che

«In tema di contenzioso tributario, in caso di pendenza separata di procedimenti relativi all’accertamento del maggior reddito contestato ad una società di capitali e di quello di partecipazione conseguentemente contestato al singolo socio, quest’ultimo giudizio deve essere sospeso, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e 295 cod. proc. civ., in attesa del passaggio in giudicato della sentenza emessa nei confronti della società, costituendo l’accertamento tributano nei confronti della società un indispensabile antecedente logico-giuridico di quello nei confronti dei soci, in virtù dell’unico atto amministrativo da cui entrambe le rettifiche promanano, e non ricorrendo, come per le società di persone, un’ipotesi di litisconsorzio necessario» (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 23323 del 31/10/2014, Rv. 633099 – 01).

 

 

 

Società in trasparenza fiscale e sospensione del processo contro il socio – Brevi note

Se è ormai consolidato il principio che, in materia di imposte sui redditi, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale, è ammissibile la presunzione di distribuzione ai soci di utili extracontabili ove sussista, a carico della società medesima, un valido accertamento di utili non contabilizzati, che ricorre anche quando esso derivi dalla quantificazione dei profitti contenuta in altra sentenza, definitiva, pronunziata nei confronti della società, si conferma sempre più la tesi secondo cui siamo in presenza di un rapporto dì pregiudizialità tra i giudizi ( cfr. da ultimo, Cass.ord.n.26132 del 2 novembre 2017).

In ordine a tale problematica della sospensione dell’atto presupposto rileviamo che con la sentenza n. 20870 dell’8 ottobre 2010 (ud. del 7 luglio 2010) la Corte di Cassazione ha affermato, secondo principi già enucleati precedentemente (Cass. nn. 18640/2009, 13338/2009, 9519/2009), che

“In tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo a quelli di capitale, nel caso di società a ristretta base sociale è legittima la presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili, la quale non viola il divieto di presunzione di secondo grado, poichè il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi induttivamente accertati nei confronti della società, ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale.

Affinchè, però, tale presunzione possa operare occorre, pur sempre, sia che la ristretta base sociale e/o familiare – cioè il fatto noto alla base della presunzione – abbia formato oggetto di specifico accertamento probatorio, sia che sussista un valido accertamento a carico della società in ordine ai ricavi non contabilizzati, il quale costituisce il presupposto per l’accertamento a carico dei soci in ordine ai dividendi”.

 

Tuttavia, osserva la Corte, che

“perchè la presunzione semplice di attribuzione ai soci degli utili extracontabili accertati possa operare occorre non solo che la ristretta base sociale e/o familiare – cioè il fatto noto alla base della presunzione – abbia formato oggetto di specifico accertamento probatorio, ma anche che sussista un valido accertamento a carico della società in ordine ai ricavi non contabilizzati, il quale costituisce il presupposto per l’accertamento a carico dei soci in ordine ai dividendi.

Nel caso di specie, oltre a mancare qualsiasi accertamento sulla esistenza di una ristretta base familiare e/o sociale, manca altresì un accertamento definitivo sul dato presupposto, posto che nella sentenza impugnata si fa riferimento solo ad una coeva sentenza (di secondo grado) che, in parziale accoglimento dell’appello dell’ufficio, ha determinato il reddito imponibile della società di capitale, ai fini Irpeg ed Ilor per l’anno 1993, ricostruendolo con metodo induttivo nell’8% dei ricavi lordi”.

 

Detta sentenza, quindi, ritiene atto presupposto la definitività dell’accertamento in capo alla società, per procedere nei confronti dei soci. Definitività che potrebbe derivare da acquiescenza, da sentenza non più impugnabile, da atto di adesione o conciliazione, o comunque da un atto che ha reso definitiva la posizione della società.

Da un punto di vista temporale ciò è però difficilmente praticabile, in particolare nel caso in cui la sentenza definitiva intervenga quando magari sono già scaduti i termini per procedere all’accertamento nei confronti della persona fisica/socio.

Diversamente, in caso di adesione societaria è, invece, sicuramente possibile ancorare la posizione del socio al reddito definito in adesione.

Ricordiamo che, per effetto delle modifiche apportate dall’art.9, del D.Lgs. n. 156 del 24 settembre 2015, dopo il comma 11 dell’articolo 39, del D.Lgs. n. 546, è stato inserito il comma 1-bis, in forza del quale “La commissione tributaria dispone la sospensione del processo in ogni altro caso in cui essa stessa o altra commissione tributaria deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa”.

In dottrina2 è stato rilevato che

“l’utilizzo, da parte del legislatore, del verbo “dipendere” non postula un mero collegamento tra le emanande sentenze, dato da una semplice coincidenza di elementi fattuali o giuridici, bensì un vincolo di stretta ed effettiva consequenzialità tra le pronunce.

Il giudizio pregiudicante deve investire una questione di carattere pregiudiziale che costituisce, quindi, un indispensabile antecedente logico-giuridico la cui soluzione pregiudichi, in tutto o in parte, l’esito della causa da sospendere. La pregiudizialità consta, quindi, di due elementi:

– quello logico, che ricorre quando ‘la definizione della relativa controversia si ponga come momento ineliminabile del processo logico della causa dipendente’;

– quello giuridico, il quale si ha quando ‘l’antecedente logico venga postulato con efficacia di giudicato per modo che possa eventualmente verificarsi conflitto di decisioni’”.

 

Comunque,

“la norma recepisce il consolidato indirizzo della giurisprudenza della Corte di cassazione che, rimarcando la distinzione tra rapporti esterni (tra processo tributario e altri processi) e rapporti interni (tra processi tributari) riconosce, con riferimento a questi ultimi, l’applicabilità della sospensione per pregiudizialità di cui all’articolo 295 c.p.c.3”.

Principio, peraltro, ancora ribadito di recente, con la sentenza n. 6175 del 10 marzo 2017, secondo cui dal momento che l’accertamento tributario nei confronti di una società di capitali a base ristretta costituisce un indispensabile antecedente logico/giuridico dell’accertamento nei confronti dei soci, non ricorrendo, com’è per le società di persone, un’ipotesi di litisconsorzio necessario,

“quello relativo al maggior reddito accertato in capo al socio deve essere sospeso ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ. (applicabile nel giudizio tributario in forza del generale richiamo dell’art. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992), solo nel caso in cui il giudizio relativo all’accertamento tributario nei confronti di una società di capitali a base ristretta non sia divenuto definitivo”.

 

E ancora, con l’ordinanza n. 11974 del 12 maggio 2017 la Suprema Corte ha affermato che

“la sospensione necessaria del processo ex art. 295 cod. proc. civ. è applicabile anche al processo tributario qualora risultino pendenti, davanti a giudici diversi, procedimenti legati tra loro da un rapporto di pregiudizialità tale che la definizione dell’uno costituisce indispensabile presupposto logico-giuridico dell’altro, nel senso che l’accertamento dell’antecedente venga postulato con effetto di giudicato, in modo che possa astrattamente configurarsi l’ipotesi di conflitto al giudicato (Sez. 5, n. 21396 del 30/11/2012)”.

Nel caso di specie, la CTR ha osservato che la presunzione di distribuzione degli utili della società a ristretta base sociale, in mancanza della prova dell’avvenuta concreta distribuzione, non avrebbe potuto operare poiché, con separata sentenza, gli stessi giudici avevano accolto il ricorso della curatela fallimentare ed annullato i maggiori redditi accertati in capo alla società stessa.

Infatti, era pacifico che la sentenza riguardante gli utili accertati dall’Agenzia a carico della società, era priva del requisito di definitività, e di conseguenza la CTR avrebbe dovuto procedere alla sospensione del giudizio nei confronti della socia.

 

22 novembre 2017

Gianfranco Antico

 

NOTE

1 Il processo è sospeso quando è presentata querela di falso o deve essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio.

2 Cfr. Manoni, La sospensione necessaria per pregiudizialità trova ingresso nel processo tributario, in Il fisco, n. 41/2015, pag. 3948.

3 Cfr. Elia, Attuazione della riforma fiscale. Il nuovo contenzioso tributario – 5, in Fiscooggi.it, 2015