Riflessi fiscali della riforma del Terzo settore

proponiamo un approfondimento di 20 pagine sulla riforma del terzo settore: la nuova definizione di enti del terzo settore, i bilanci e le scritture contabili, le scritture fiscali, il nuovo regime fiscale forfettario, i possibili controlli del Fisco, le imposte locali…

Commercialista Telematico | Software fiscali, ebook di approfondimento, formulari e videoconferenze accreditateIl terzo settore comprende una vasta gamma di attività a scopo civico, solidaristico, di utilità sociale, svolte in generale sotto forma di volontariato solitamente da soggetti collettivi (societari, non societari, associativi…), con finalità diverse rispetto a quelle (tipiche del mondo dell’impresa) della produzione di profitti.

All’esercizio di queste attività il nostro ordinamento associa particolari agevolazioni amministrative, fiscali, contributive, e anche specifiche modalità di controllo sui requisiti degli enti interessati. Si tratta di agevolazioni ricollegabili alla caratteristica fondamentale di questi soggetti, di svolgere attività che altrimenti sarebbero demandate alla pubblica amministrazione.

Con il D.Lgs. 3.7.2017, n. 117 (codice del terzo settore – CTS), in vigore dal 3.8.2017, è stata posta in essere una vasta riforma della normativa che regola il terzo settore, abrogando contestualmente le leggi sul volontariato (n. 266/1991), quella sulle associazioni di promozione sociale (n. 383/2000) e buona parte della normativa che ha fin qui disciplinato le Onlus (D.Lgs. n. 460/1997).

Il nuovo decreto, emanato in attuazione della legge delega 6 giugno 2016, n. 106, è particolarmente corposo (104 articoli) e necessiterà, entro il prossimo anno, di ben 20 decreti ministeriali attuativi. Esso raggruppa gli enti del terzo settore (ETS) in sette tipologie:

  • organizzazioni di volontariato (ODV);
  • associazioni di promozione sociale (APS);
  • imprese sociali (incluse le cooperative sociali), per le quali si rimanda a un decreto legislativo a parte;
  • enti filantropici;
  • reti associative;
  • società di mutuo soccorso;
  • altri enti (associazioni riconosciute e non, fondazioni, enti di carattere privato senza scopo di lucro diversi dalle società).

Le attività di interesse generale

L’ETS è ora definito come un “ente costituito in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, o di fondazione, per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma volontaria e di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi” (art. 4, CTS).

La nozione di attività di interesse generale viene circoscritta dall’art. 5 CTS. Il perseguimento di tali attività (come definite in art. 118, co. 4, Cost.) qualifica le organizzazioni di terzo settore sulla base di elementi sostanziali, ponendo un discrimine nell’utilizzo delle diverse forme giuridiche.

La legge delega n. 106/2016 (art. 4, co.1, lett. b) ha posto i principi e i criteri direttivi utili per l’individuazione delle attività di interesse generale, specificando che il loro esercizio deve essere coerente con le previsioni statutarie e avvenire attraverso modalità che prevedano le più ampie condizioni di accesso da parte dei soggetti beneficiari.

Le attività di interesse generale devono essere individuate secondo criteri che tengano conto delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, nonché dei settori di attività previsti dal D.Lgs. n. 460/1997 e dal D.Lgs. n. 155/2006. Le attività di interesse generale, secondo quanto precisato dalla delega, possono essere aggiornate con DPCM.

L’elenco delle attività generali comprende le seguenti ipotesi:

  • sistema integrato di interventi e servizi sociali (attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà, escluse quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario);
  • prestazioni sanitarie riconducibili ai livelli essenziali di assistenza come definiti dal DPCM 12.1.2017;
  • prestazioni socio-sanitarie di cui al DPCM 14.2.2001 (tali prestazioni sono indicate anche dal DPCM 12.1.2017);
  • educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge n. 53/2003;
  • servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali con esclusione attività raccolta e riciclaggio rifiuti urbani, speciali e pericolosi;
  • interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004;
  • formazione universitaria e post-universitaria;
  • ricerca scientifica di particolare interesse sociale;
  • organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale;
  • comunicazione a carattere comunitario, ai sensi dell’art. 16, co. 5, della legge 223/1990;
  • organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso;
  • formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo;
  • servizi strumentali ad enti del Terzo settore resi da enti composti in misura non inferiore al settanta per cento da enti del terzo settore;
  • cooperazione allo sviluppo, legge 125/201410;
  • commercio equo e solidale (rapporto commerciale con un produttore operante in un’area economica svantaggiata situata, di norma, in un Paese in via di sviluppo, a determinate condizioni);
  • servizi finalizzati all’inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori molto svantaggiati e delle persone svantaggiate o con disabilità, nonché delle persone beneficiarie di protezione internazionale, e delle persone senza fissa dimora in condizioni di povertà;
  • alloggio sociale, ai sensi del decreto del Ministero delle infrastrutture del 22.4.2008, nonché ogni altra attività di carattere residenziale temporaneo diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi o lavorativi;
  • accoglienza umanitaria ed integrazione sociale di stranieri;
  • agricoltura sociale, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 141/2015;
  • organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche;
  • beneficenza, sostegno a distanza, o erogazione di denaro, beni o servizi a sostegno di persone svantaggiate o di attività di interesse generale;
  • promozione della pace tra i popoli, della non violenza e della difesa non armata;
  • promozione e tutela dei diritti umani e dei diritti civili;
  • cura di procedure di adozione internazionale ai sensi della legge n. 184/1983;
  • protezione civile ai sensi della legge n. 225/1992 (e del D.P.R. n. 194/2001);
  • riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata.

Come sopra anticipato, poi, è stata prevista la possibilità di aggiornare l’elenco delle attività di interesse generale.

Occorre inoltre considerare che l’art. 6 del CTS consente a questi enti l’esercizio di attività diverse da quelle di interesse generale, a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano e che tali attività siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale.

I bilanci

Per gli ETS è ora prevista una puntuale disciplina in materia di contabilità e bilancio (art. 13 – 15 CTS), nonché in relazione al sistema dei controlli (artt. 30 – 31 CTS).

Al riguardo si rammenta che l’Agenzia del terzo settore1 ha predisposto le linee guida e gli schemi per la redazione del bilancio sociale delle organizzazioni non profit, con lo scopo di fornire indicazioni di principi, criteri di redazione e informazioni analitiche utili alla compilazione.

L’art. 13 del CTS stabilisce che il bilancio di esercizio deve essere formato da:

  • stato patrimoniale;
  • rendiconto gestionale con l’indicazione delle entrate, dei proventi, delle uscite e dei costi dell’ente;
  • relazione di missione, che illustra le poste di bilancio, l’andamento economico e finanziario dell’ente e le modalità di perseguimento delle finalità statutarie.

Il bilancio degli ETS con ricavi/rendite/proventi o entrate inferiori a 220.000 euro può essere redatto nella forma del rendiconto finanziario per cassa. Inoltre, il bilancio deve essere redatto in conformità alla modulistica definita con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Consiglio nazionale del terzo settore. In attesa di questa modulistica, è opportuno guardare alle linee guida a suo tempo emanate dalla citata Agenzia del terzo settore, ovvero da enti come il CNDCEC.

Gli ETS che esercitano la propria attività esclusivamente o principalmente in forma di impresa commerciale devono tenere le scritture contabili di cui all’art. 2214 del codice civile. Inoltre, essi devono redigere e depositare il bilancio di esercizio presso il registro delle imprese.

L’organo di amministrazione documenta il carattere secondario e strumentale delle attività diverse da quelle di interesse generale nella relazione al bilancio o nella relazione di missione.

Gli ETS non iscritti nel registro delle imprese devono invece depositare il bilancio presso il Registro unico nazionale del terzo settore.

L’art. 14 del CTS prevede l’emanazione di linee guida in materia di bilancio sociale e di valutazione di impatto sociale dell’attività svolta dagli ETS, da adottarsi con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentiti la Cabina di regia di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (di cui all’art. 97 del CTS) e il Consiglio nazionale del terzo settore, che esprime parere obbligatorio non vincolante.

Gli ETS con ricavi/rendite/proventi o entrate superiori ad 1 milione di euro dovranno depositare presso il Registro unico nazionale del terzo settore, e pubblicare nel proprio sito internet, il bilancio sociale redatto secondo le linee guida, anche ai fini della valutazione dell’impatto sociale delle attività svolte, definibile (cfr. art. 7, c. 3, legge delega) come “la valutazione qualitativa e quantitativa, sul breve, medio e lungo periodo, degli effetti delle attività svolte sulla comunità di riferimento rispetto all’obiettivo individuato”.

Gli ETS con ricavi/rendite/proventi o entrate superiori a 50.000 euro devono in ogni caso pubblicare annualmente ed aggiornare nel proprio sito Internet, o nel sito Internet della rete associativa cui aderiscono, gli eventuali emolumenti, compensi o corrispettivi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai dirigenti nonché agli associati.

L’art. 15 enumera i libri sociali che gli ETS devono tenere, oltre alle scritture contabili, ai bilanci e al registro dei volontari nello svolgimento delle attività di interesse generale (di cui all’art. 17, c. 1):

  1. libro degli associati o aderenti, tenuto dall’organo di amministrazione;
  2. libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee, in cui devono essere trascritti anche i verbali redatti per atto pubblico, tenuto dall’organo di amministrazione;
  3. libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’organo di amministrazione, dell’organo di controllo, e di eventuali altri organi sociali, tenuti a cura dell’organo cui si riferiscono.

Gli associati o gli aderenti degli ETS, fatta eccezione per gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti e per gli enti delle confessioni religiose che hanno stipulato patti, accordi o intese con lo Stato, hanno il diritto di esaminare i libri sociali, secondo le modalità previste dall’atto costitutivo o dallo statuto dell’ente.

 

Qualche considerazione sulla riforma del Terzo Settore

Rispetto a quanto detto sopra, può essere evidenziato che:

  • il bilancio degli ETS “non piccoli” (al di sopra del 220.000 euro di ricavi/rendite/proventi o entrate) dovrebbe essere composto da stato patrimoniale, rendiconto finanziario (per competenza economica) e relazione di missione (che illustra le poste di bilancio, l’andamento economico e finanziario dell’ente e le modalità di perseguimento delle finalità statutarie);
  • il bilancio degli ETS “piccoli” (al di sotto della soglia indicata) può essere rappresentato dal solo rendiconto finanziario per cassa. Il bilancio di tali enti sembrerebbe perciò poter omettere anche l’informativa qualitativa (relazione di missione). Anche questi ETS, tuttavia, dovrebbero essere tenuti a documentare il carattere secondario e strumentale delle attività diverse (art. 13, c. 6, CTS).

Appare poi necessario tener conto delle scritture tenute ai fini fiscali, di cui all’art. 87 del CTS.

Queste potrebbero essere, peraltro, lo strumento per la predisposizione del rendiconto anche ai fini civilistici.

Quanto al controllo sulla situazione amministrativa e contabile degli ETS, si distingue tra controllo interno di legalità (art. 30) e revisione legale (art. 31).

Le fondazioni e gli ETS con patrimoni destinati (art. 10 CTS) hanno sempre un organo di controllo, anche monocratico. Gli enti associativi, riconosciuti o non riconosciuti, necessitano invece di un organo di controllo obbligatorio solo al superamento per due esercizi consecutivi dei seguenti limiti:

  • totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 110.000 euro;
  • ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate: 220.000 euro;
  • dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 5 unità.

1 Tale ente oggi non esiste più, in quanto soppresso dall’art. 8, comma 23, del D.L. 2.3.2012, n.16. All’atto della soppressione, i compiti e le funzioni dell’Agenzia del Terzo settore furono trasferiti al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

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