Integrativa a favore: il termine lungo non è retroattivo

secondo il Fisco, in materia di dichiarazione integrativa a favore (normativa introdotta nel 2016) il termine lungo non può trovare applicazione retroattiva ma si può applicare solo per il futuro; ma tale normativa può essere applicata anche alle dichiarazioni per cui sono tuttora aperti i termini per l’accertamento?

Commercialista_Telematico_Post_1200x628px_StressSono di rilevante interesse i chiarimenti che il Sottosegretario al Ministero delle Finanze, in risposta ad un question time in commissione Finanze alla Camera, ha fornito in materia di dichiarazione integrativa a favore: con la risposta n. 5-12023 del 2 agosto 2017, è stato chiarito che il termine lungo previsto per le citate integrative a favore non può trovare applicazione per i casi precedenti all’entrata in vigore del D.L. 193/2016.

Il dubbio sollevato

Con un quesito avanzato in Commissione Finanze al MEF sono stati chiesti chiarimenti in merito alla novità della dichiarazione integrativa a favore. In particolare è stato evidenziato che il citato decreto-legge n. 193 del 22 ottobre 2016, convertito dalla legge 1 dicembre 2016, n. 225, all’articolo 5 (Dichiarazione integrativa a favore e ravvedimento), ha modificato i commi 8 e 8-bis, dell’articolo 2 del DPR 22 luglio 1998 n. 322, estendendo di fatto la possibilità di presentazione delle cosiddette dichiarazioni integrative a favore entro il termine di decadenza dell’accertamento stabilito dall’articolo 43 del DPR 600/17973 (cinque anni dall’1 gennaio 2017), e non più entro il termine di presentazione della dichiarazione dell’anno successivo.

Nell’istanza posta al MEF viene osservato che nella relazione che ha accompagnato il disegno di legge di conversione del decreto-legge 22 ottobre 2016 n. 193, si legge: «essendo stato riconosciuto il diritto del contribuente di far valere in ogni caso gli errori a proprio favore in sede contenziosa per opporsi alle pretese del fisco, nonché mediante presentazione di istanza di rimborso non si vede perché non si debba riconoscere la possibilità di far valere i medesimi errori in via autonoma e senza appesantire né la macchina amministrativa né quella giudiziale con ulteriori procedimenti e giudizi volti ad accertare il diritto al rimborso, ciò tanto più in un sistema … che ha già conosciuto a livello sistemico l’affermazione di modalità di autorettifica da parte del contribuente degli errori commessi in sede dichiarativa anche oltre l’anno e con la possibilità di beneficiare da subito della compensazione degli eventuali crediti»; nella stessa relazione si legge, inoltre, «si ritiene che le modifiche proposte rispondano a esigenze di equiparazione tra contribuente e Amministrazione Finanziaria e all’intento di sgravare tanto la pubblica amministrazione quanto la Giustizia Tributaria da procedimenti e processi evitabili».

Il dubbio avanzato dai soggetti che hanno posto il quesito in Commissione Finanze riguarda il fatto se tale relazione risulta abbastanza chiara in riferimento al riconoscimento dell’orientamento iniquo messo in atto dall’Agenzia delle Entrate in relazione alle cosiddette dichiarazioni integrative a favore, e alla relativa scadenza del termine di presentazione; in sostanza la domanda riguarda il dubbio se, ai fini della risoluzione del corposo contenzioso attualmente in essere, le dichiarazioni integrative a favore del contribuente, da questi presentate all’Amministrazione finanziaria prima dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 193 del 2016, siano da considerare valide a tutti gli effetti.

La normativa previgente

Il quadro normativo di riferimento (modificato dal decreto legge in commento) è costituito dal D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, recante l’intestazione «Termine per la presentazione della dichiarazione in materia di imposte sui redditi e di I.R.A.P.», e dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, relativo al «rimborso di versamenti diretti» di imposte sul redditi. Il citato art. 2, cc. 8 e 8-bis, prevede la possibilità per il contribuente di integrare la dichiarazione dei redditi.

Il comma 8-bis, aggiunto dal D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435, art. 2, affermava che le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti di imposta potevano essere integrate dai contribuenti per correggere errori od omissioni che avessero determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da presentare, non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo. L’eventuale credito risultante dalle predette dichiarazioni poteva essere utilizzato in compensazione, ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17.

Lo stesso art. 8, c. 6, disponeva che per la dichiarazione relativa all’imposta sul valore aggiunto si applicava la citata disposizione di cui all’art. 2, cc. 8 e 8-bis.

In tema di rimborso di versamenti diretti, il DPR n. 602 del 1973, art. 38, recita: «il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare all’intendente di finanza nella cui circoscrizione ha sede l’esattoria presso la quale è stato eseguito il versamento istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento».

La novità introdotta dal legislatore

L’art. 5, del decreto legge 193/2016, consente al contribuente di presentare la dichiarazione integrativa a favore (Irpef, Irap, sostituti d’imposta) anche oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, entro il termine per l’accertamento fiscale.

Una disciplina analoga è prevista per la dichiarazione integrativa riguardante l’IVA.

Durante la conversione in legge è stata estesa alla dichiarazione integrativa IVA la disciplina sopra prevista da applicare in caso di dichiarazione presentata oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successiva, ma sempre entro il termine, per l’accertamento fiscale. In tal caso il credito d’imposta derivante dalla dichiarazione integrativa può essere chiesto a rimborso ove ricorrano, per l’anno per cui è presentata la dichiarazione integrativa, i requisiti di legge, ovvero può essere utilizzato in compensazione per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa.

In particolare la lettera a), dell’articolo 5, del decreto legge 193/2016, modifica l’art. 2, del DPR 322/1998, prevedendo che le dichiarazioni dei redditi, dell’IRAP e dei sostituti d’imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito, mediante successiva dichiarazione da presentare entro i termini per l’accertamento. Resta ferma l’applicazione delle sanzioni, eventualmente in misura ridotta in caso di ravvedimento operoso.

Il termine per l’accertamento

Va evidenziato che l’art. 43, del DPR n. 600 del 1973, prescrive che in caso di dichiarazione errata il termine per l’accertamento corrisponde al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. In caso di dichiarazione omessa il termine è il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

Nel caso in cui la presentazione della dichiarazione integrativa avviene entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, il credito d’imposta risultante può essere utilizzato in compensazione.

Durante la conversione in legge, del decreto legge 193/2016, è stato previsto che anche nel caso di correzione di errori contabili di competenza, si applica la disposizione del primo periodo, dell’art. 2 del citato DPR 322/1998. Pertanto, i crediti d’imposta risultanti dalle dichiarazioni integrative a favore presentate oltre il termine per la dichiarazione relativa al periodo successivo, ma entro il termine per l’accertamento, relative a correzioni di errori contabili di competenza, possono essere utilizzati in compensazione.

La risposta fornita dal MEF

Il Ministero delle Finanze , tramite il suo Sottosegretario, con la risposta al question time ha fornito i chiarimenti all’interrogazione in merito alla dichiarazione integrativa a favore, introdotta dal decreto-legge 193/2016; in particolare l’istanza verte sulla richiesta se «ai fini della risoluzione del corposo contenzioso attualmente in essere, le dichiarazioni integrative a favore del contribuente, da questi presentate all’Amministrazione Finanziaria prima dell’entrata in vigore del decreto-legge 193/2016, siano da considerare valide a tutti gli effetti».

La risposta al question time evidenzia che in vigenza delle precedenti disposizioni di legge si è generato un rilevante contenzioso concernente la validità delle dichiarazioni integrative a favore del contribuente presentate oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo, di cui all’articolo 2, comma 8-bis, del DPR n. 322 del 1998.

L’Agenzia delle Entrare riferisce che attualmente dal sistema informativo del contenzioso risultano pendenti sulla questione circa 430 controversie per un valore complessivo di circa 54 milioni di euro.

Il suddetto contenzioso deriva da atti di liquidazione e controllo delle dichiarazioni (emessi ai sensi degli articoli 36-bis o 36-ter del DPR n. 600 del 1973), ovvero in relazione ad istanze di rimborso delle maggiori imposte versate, nel quale i contribuenti eccepiscono la presentazione di una dichiarazione integrativa a favore, anche se presentata oltre i termini previsti dal citato articolo 2, comma 8-bis.

Gli uffici hanno sostenuto in giudizio, sulla base della prassi emanata in materia, la validità della dichiarazione integrativa a favore, solo ove presentata entro il suddetto termine; trascorso detto termine, nel caso in cui dall’errore commesso sia derivato il versamento di una maggiore imposta, è possibile recuperare l’eventuale imposta versata in eccesso attraverso un’istanza di rimborso presentata ai sensi dell’articolo 38, del DPR n. 602 del 1973, nel termine di quarantotto mesi normativamente previsti.

Secondo l’orientamento della Corte di cassazione (cfr. da ultimo Cassazione SS.UU. n. 13378/2016 e Cassazione n. 16286/2017), il termine di cui all’articolo 2, comma 8-bis, sarebbe correlato al diritto di portare in compensazione il credito eventualmente risultante dalla dichiarazione precedente e per il quale il contribuente ha chiesto il rimborso.

Conseguentemente, il termine annuale non interferisce con la possibilità di emendare la dichiarazione che può essere esercitato anche oltre i suddetti termini.

In particolare la Cassazione ha anche affermato che «Il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dall’articolo 2, DPR 322/1998 e dall’istanza di rimborso di cui all’articolo 38 Decreto del Presidente della Repubblica 602/1973, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria».

L’efficacia temporale delle nuove disposizioni

Con riferimento all’efficacia temporale delle nuove disposizioni, il MEF tramite il Sottosegretario, fa presente che queste sono entrate in vigore il 24 ottobre 2016; l’Agenzia delle Entrate evidenzia che le dichiarazioni integrative a favore, presentate prima del 24 ottobre 2016, debbano essere valutate sulla base della normativa vigente alla data di presentazione, in applicazione al principio generale dell’irretroattività della legge, di cui all’articolo 11 delle preleggi al codice civile (eccezion fatta per le norme di interpretazione autentica o nei casi in cui la retroattività sia disposta esplicitamente dallo stesso legislatore nel testo normativo).

Tuttavia, l’Agenzia ritiene opportuno segnalare che, in merito all’applicabilità retroattiva della nuova disciplina della dichiarazione integrativa, ossia con riferimento alle dichiarazioni i cui termini di accertamento sono ancora aperti alla data della sua entrata in vigore, la giurisprudenza di merito ha assunto posizioni contrastanti (in senso contrario alla retroattività, sentenza CTR Liguria n. 14/1/2017 dell’11/1/2017; in senso favorevole, CTP di Lodi n. 5/1/2017 del 16/1/2017).

Sulla questione non risultano, invece, allo stato pronunce di legittimità.

14 settembre 2017

Federico Gavioli