L'utilizzabilità ai fini fiscali dei dati e delle informazioni acquisite ai sensi della normativa antiriciclaggio

le nuove norme permettono di utilizzare i documenti ed i dati acquisiti durante una verifica dedicata all’antiriciclaggio anche per eventuali accertamenti tributari basati sulla medesima documentazione?

EbookCome noto, il D.Lgs. n. 90 del 25 maggio 2017, nel dare attuazione nell’ordinamento nazionale alla Direttiva UE n. 2015/849 (c.d. IV Direttiva) relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi delle attività criminose e di finanziamento del terrorismo, ha apportato rilevanti modifiche ed integrazioni al D.Lgs. n. 231/2007, norma cardine del quadro giuridico italiano nello specifico settore.

In tale contesto, di assoluta rilevanza sono le nuove disposizioni in materia di utilizzabilità ai fini fiscali dei dati e delle informazioni acquisite ai sensi della normativa antiriciclaggio.

Infatti, i presìdi posti a prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di finanziamento al terrorismo, contenuti nel D.Lgs. n. 231/2007, sia nella previgente formulazione che nel nuovo articolato, vanno senza dubbio letti in un’ottica più ampia che contempli l’ulteriore obiettivo di implementare il patrimonio informativo delle Istituzioni preposte all’individuazione e alla repressione dell’evasione fiscale1.

L’evidente trasversalità dei citati fenomeni illeciti nonché la stretta connessione tra la condotta di sottrazione agli obblighi tributari ed il reimpiego e reinvestimento dei conseguenti proventi illeciti emergono, altresì, nell’ambito delle 40 Raccomandazioni del Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale GAFI (nella versione inglese Financial Action Task Force – FATF)2. In tal senso – sul piano fiscale – già la Direttiva del Consiglio dell’Unione Europea 15-2-2011 n. 2011/16/UE, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale tra le competenti Autorità degli Stati Membri, modificata dal Consiglio in data 6 dicembre 2016, consente alle autorità fiscali di avere un accesso sistematico alle informazioni in materia di antiriciclaggio per lo svolgimento delle loro funzioni di monitoraggio della corretta applicazione della direttiva relativa alla cooperazione amministrativa da parte delle istituzioni finanziarie.

Ciò premesso, l’art. 9 del D.Lsg. n. 231/2007 (così come riformulato dal citato D.Lgs. n. 90/2017) nel disciplinare il ruolo e le potestà ispettive del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di finanza e della Direzione investigativa antimafia, prevede al comma 9 che “i dati e le informazioni acquisite nell’ambito delle attività svolte ai sensi del presente articolo sono utilizzabili ai fini fiscali, secondo le disposizioni vigenti”.

Pertanto, mentre il previgente art. 36, c. 6 del D.Lgs. n. 231/2007, nel disciplinare gli obblighi di registrazione da parte dei soggetti obbligati, limitava l’osmosi informativa, tra i dati degli approfondimenti antiriciclaggio ed il procedimento amministrativo tributario, ai soli elementi contenuti nell’archivio unico informatico, nel registro della clientela ovvero nei sistemi informatici tenuti ai fini antiriciclaggio, l’attuale comma 9 dell’articolo 9 consente una diretta utilizzabilità negli accertamenti tributari di tutte le informazioni acquisite dagli Organi preposti nel corso di ispezioni e controlli antiriciclaggio, nonché nelle attività di approfondimento investigativo di segnalazioni per operazioni sospette, pervenute dall’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia, fermo restando l’osservanza delle norme poste a tutela dell’assoluta riservatezza del segnalante di cui all’art. 38.

Quanto precede è in assoluta armonia con:

  • l’art. 36 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, così come modificato dal D.L. n. 223/2006, il quale prevede che i soggetti pubblici incaricati istituzionalmente di svolgere attività ispettive o di vigilanza nonché gli organi giurisdizionali, requirenti e giudicanti, penali, civili e amministrativi e, previa autorizzazione, gli organi di polizia giudiziaria che, a causa o nell’esercizio delle loro funzioni, vengono a conoscenza di fatti che possono configurarsi come violazioni tributarie devono comunicarli direttamente ovvero, ove previste, secondo le modalità stabilite da leggi o norme regolamentari per l’inoltro della denuncia penale, al comando della Guardia di finanza competente in relazione al luogo di rilevazione degli stessi, fornendo l’eventuale documentazione atta a comprovarli;

  • l’art. 23 del D.Lgs. n. 74/2000 il quale (in relazione all’utilizzabilità nel procedimento tributario di elementi confluiti in un procedimento penale, nel modificare gli artt. 63 del D.P.R. n. 633/1972 e 33 del D.P.R. n. 600/1973) prevede che la Guardia di Finanza, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria, che può essere concessa anche in deroga all’articolo 329 del codice di procedura penale, utilizza e trasmette agli uffici delle imposte documenti, dati e notizie acquisiti, direttamente o riferiti ed ottenuti dalle altre Forze di polizia, nell’esercizio dei poteri di polizia giudiziaria.

Ciò posto, occorre formulare specifiche considerazioni in ordine all’utilizzabilità nel procedimento tributario dei dati finanziari/bancari acquisiti nel corso di attività antiriciclaggio con i poteri di polizia valutaria (ai sensi dell’art. 9, cc. 6, lett. a, e 8, lett. a, del D.Lgs. n. 231/2007) e, quindi, all’applicabilità o meno nel corso delle verifiche fiscali, alle movimentazioni finanziarie acquisite ai sensi della suddetta normativa antiriciclaggio delle presunzioni iuris tantum disciplinate dagli artt. 32, n. 7 del D.P.R. n. 600/1973 e 51, n. 7 del D.P.R. n. 633/19723.

In merito, in assenza al momento di specifici orientamenti giurisprudenziali e di prassi, attese, altresì, le peculiari esigenze del settore antiriciclaggio, si ritiene che debba ritenersi ancora valido il principio contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione Civile, Sez. V, 10-04-2009, n. 8766, in ragione del qualein tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’espletamento di indagini bancarie e, in particolare, l’acquisizione e l’utilizzazione della documentazione bancaria da parte della polizia tributaria della Guardia di finanza richiede la preventiva autorizzazione del Comandante di zona, ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, cui compete di valutarne l’opportunità e la necessità, non potendo la Guardia di finanza avvalersi, a tal fine, dei poteri di polizia valutaria, i quali possono esserle delegati, infatti, solo per le indagini valutarie e non per quelle tributarie…. I poteri di Polizia valutaria possono essere delegati alla Polizia tributaria della Guardia di finanza, ma solo per l’assolvimento degli incarichi da svolgere in ambito di indagini valutarie. Conseguentemente, quando la Polizia tributaria volesse esperire accertamenti tributari deve acquisire la preventiva autorizzazione del Comandante di zona perché valuti l’opportunità e la necessità di esperire tali indagini, come previsto dall’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973, non essendo altrimenti legittima l’acquisizione e utilizzazione della documentazione bancaria, pure se attivata a seguito di segnalazione pervenuta alla Guardia di finanza dal Nucleo Speciale di Polizia valutaria”.

In altre parole, la Suprema Corte, con la sentenza n. 8766/2009, esclude l’applicabilità della presunzione legale iuris tantum, prevista dagli artt. 32 e 51, ai dati finanziari acquisiti con i poteri di polizia valutaria di cui al D.Lgs. n. 231/2007.

Ne consegue che la valenza di presunzione legale relativa attribuita ai dati bancari è subordinata alla ri-acquisizione degli stessi secondo le vigenti norme procedurali e, quindi, previa autorizzazione del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate o del Direttore Regionale della stessa, e, per il Corpo della Guardia di Finanza, del Comandante Regionale, ovvero trasfusi dalle risultanze di indagini penali ai sensi degli artt. 63 del D.P.R. n. 633/1972 e 33 del D.P.R. n. 600/1973, come modificati dall’art. 23 del D.Lgs. n. 74/2000.

In altre parole, gli eventuali estratti conto bancari acquisiti con i poteri di polizia valutaria non potrebbero essere posti a base del meccanismo presuntivo (juris tantum) di ricavi secondo il dettame normativo poc’anzi delineato, pur potendo essere comunque utilizzati per la ricostruzione dell’imponibile, quali elementi probatori o presunzioni, semplici (dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza) ovvero “semplicissime”, in relazione alla metodologia utilizzata (analitico-induttivo ex art. 39, c. 1, lett. d, del D.P.R. n. 600/1973; induttivo puro o extracontabile ex art. 39, c. 2, del D.P.R. n. 600/1973).

Per completezza di trattazione si evidenzia che (in un diverso caso in cui la documentazione bancaria era stata acquisita nel corso dell’esercizio dei poteri di accesso ed ispezione presso la sede del contribuente ovvero spontaneamente esibiti dallo stesso) la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15-04-2015, n. 7584, aveva statuito che “secondo un indirizzo giurisprudenziale di legittimità la disciplina normativa della ‘presunzione legale juris tantum’ (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2; D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2)) prescinderebbe del tutto dal ‘modus procedendo e cioè dal tipo di attività istruttoria prescelto nel caso concreto dalla Amministrazione finanziaria ed attraverso il quale è stato possibile rinvenire ed acquisire la documentazione bancaria (accesso ed ispezione presso la sede della impresa; esibizione spontanea da parte del contribuente sottoposto a verifica; richiesta trasmissione documenti formulata alla banca; accesso ed ispezione documentale presso la banca; acquisizione di documentazione concernente il contribuente rinvenuta presso terzi), in considerazione della natura facoltativa della procedura stessa – costituente uno dei modi con cui gli uffici finanziari “possono” acquisire gli elementi utili per l’accertamento dei redditi – e della possibilità, prevista dal successivo art. 39, comma 1, lett. c), che l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione dei redditi risulti anche da atti e documenti legittimamente in possesso dell’ufficio’”.

4 agosto 2017

Nicola Monfreda e Serena Aveta

1 Il considerando 11 della IV direttiva antiriciclaggio afferma che “in linea con le raccomandazioni riviste del GAFI, i reati fiscali connessi alle imposte dirette e indirette rientrano nell’ampia definizione di attività criminosa ai sensi della presente direttiva”.

2 Organismo intergovernativo istituito nel 1989, il cui mandato è di sviluppare e promuovere misure legali, normative ed operative nella lotta contro il riciclaggio, il finanziamento del terrorismo e la proliferazione di armi di distruzione di massa, nonché contro le altre minacce all’integrità del circuito finanziario internazionale.

3 Cfr al riguardo MONFREDA N., AVETA S. “Considerazione sulle modifiche al regime presuntivo in materia di indagini finanziarie derivanti da prelevamenti non giustificati”, in www.CommercialistaTelematico.com del 9 giugno 2017.