La nuova normativa sul raddoppio dei termini e gli accertamenti avvenuti in corso di modifica

è cambiata la normativa che prescrive i termini per i controlli sulle dichiarazioni fiscali: vediamo quando opera il raddoppio dei termini e analizziamo le novità circa i termini di decadenza

Commercialista_Telematico_Post_1200x628px_Guardia_Di_FinanzaCon l’ordinanza n. 17986 del 20 luglio 2017, la Corte di Cassazione ha ribadito che «In tema di accertamento tributario, i termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, nella versione applicabile ‘ratione temporis’, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, incidano le modifiche introdotte dalla l. n. 208 del 2015, il cui art. 1, comma 132, ha introdotto, peraltro, un regime transitorio che si occupa delle sole fattispecie non ricomprese nell’ambito applicativo del precedente regime transitorio – non oggetto di abrogazione – di cui all’art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 128 del 2015, in virtù del quale la nuova disciplina non si applica né agli avvisi notificati entro il 2 settembre 2015 né agli inviti a comparire o ai processi verbali di constatazione conosciuti dal contribuente entro il 2 settembre 2015 e seguiti dalla notifica dell’atto recante la pretesa impositiva o sanzionatoria entro il 31 dicembre 2015» (Sez. 5, Sent. n. 26037 del 16/12/2016, Rv. 641949 – 01).

Breve analisi normativa

Come è noto, fino all’annualità d’imposta 2015, gli avvisi di accertamento, ai fini reddituali, Iva ed Irap, devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.

Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla, l’avviso di accertamento può essere notificato fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

Per effetto delle modifiche apportate dall’art. 37, c. 24, del D.L. n. 223/2006, convertito in legge n. 248/2006, all’art. 43 del D.P.R.n.600/1973 e all’art. 57, del D.P.R.n.633/72, è stato previsto che: “In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione“. Ai sensi del successivo comma 26, dell’articolo 37, del D.L. n. 223/2006, le disposizioni precedenti si applicano a decorrere dal periodo d’imposta per il quale alla data di entrata in vigore del decreto sono ancora pendenti i termini di cui al primo e secondo comma dell’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 57 del D.P.R. n. 633/1972.

L’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 128 del 5 agosto 2015, ha aggiunto all’art. 43, c. 3, del D.P.R. n. 600/73, e all’art. 57, c. 3, del D.P.R.n.633/72, un periodo, in forza del quale “Il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui ai commi precedenti”.

In pratica, per gli atti notificati a partire dal 2 settembre 2015, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 128/2015, il raddoppio dei termini opera solo nel caso in cui la denuncia, dell’Agenzia delle Entrate o della Guardia di Finanza, sia inoltrata entro i termini ordinari (4 anni, in caso di dichiarazione presentata, e 5 anni, in caso di dichiarazione omessa).

Particolare attenzione il legislatore delegato ha dedicato al regime transitorio, per le implicazioni che ne possono derivare sull’attività di controllo e accertamento, fissando nella data di entrata in vigore del D.lgs.n.128/2015 (2 settembre 2015) il momento temporale che fa da spartiacque.

Infatti, il comma 3, dell’articolo 2, del D.Lgs. n. 128/2015, ha fatto salvi gli effetti di una serie di atti, purchè notificati entro il 2 settembre 2015: avvisi di accertamento; provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie; altri atti impugnabili con i quali l’Agenzia delle entrate fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria. E ha, altresì, fatti salvi gli effetti degli inviti a comparire di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 218/97, notificati alla data del 2 settembre 2015, nonché dei processi verbali di constatazione, dei quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza entro la stessa data (2 settembre 2015), sempre che i relativi atti impositivi o sanzionatori siano notificati entro il 31 dicembre 2015.

Per effetto della modifica apportata dall’art. 1, c. 131, della L. n. 208/2015, all’art. art. 43 del D.P.R. n. 600/1973 e all’art. 57, del D.P.R.n.633/72, gli avvisi di accertamento, ai fini reddituali, Iva, ed Irap, devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.

Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla, l’avviso di accertamento può essere notificato fino al 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

Il comma 132, dell’articolo 1, della L. n. 208/2015 prevede che le nuove disposizioni sia ai fini reddituali che Iva trovano applicazione agli avvisi relativi al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016 e ai periodi successivi.

Lo stesso art. 1, c. 132, della L.n.208/2015, con disposizione transitoria, ha previsto, per i periodi d’imposta fino al 2015, che in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p. per alcuno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74/2000, i termini vecchi (4 anni se presentata 5 anni se omessa) sono raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione; il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, compresa la Guardia di finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini.

In pratica se da una parte il legislatore ha ampliato i termini di decadenza dall’altra parte ha parificato tutte le violazioni, facendo venir meno il cosiddetto raddoppio.

A supporto della ricostruzione operata rileviamo che la Corte di Cassazione, con la sentenza n.16728 del 9 agosto 2016 (ud. 12 aprile 2016), dopo aver confermato che “l‘intervenuta archiviazione della denuncia, per quanto fulminea, non è di per se stessa d’impedimento all’applicazione del più lungo termine per l’accertamento, proprio perchè non rilevano nè l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’art. 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione, nè la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale”, ha effettuato un preciso discrimine che cosi riassumiamo:

  • se gli avvisi di accertamento, sia pure relativi a periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, non sono stati ancora notificati, si applica la disciplina dettata dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, c. 132;

  • se gli avvisi di accertamento relativi a periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data 31 dicembre 2016 sono stati già notificati, si applica la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 128 del 2015, art.2.

Ancora sul punto, rileviamo la sentenza della Corte di Cassazione – n.26037 del 16 dicembre 2016 – che è intervenuta con molta lucidità normativa sul punto: in forza dei commi 1 e 2 dell’art. 2 del D.Lgs. n. 128 del 2015, “ il raddoppio dei termini di accertamento in caso di violazioni penali opera solo se la denuncia è effettivamente presentata e trasmessa all’autorità giudiziaria entro il termine ordinario di decadenza dal potere di accertamento. Tali modifiche, però, non hanno inciso sull’applicazione al caso di specie della sopra ricordata precedente normativa. Le indicate sopravvenute disposizioni, infatti, in virtù dell’apposita norma di salvaguardia (regime transitorio) posta dai due periodi del comma 3 dell’art. 2 dello stesso d.lgs., non si applicano alle violazioni punibili constatate in processi verbali notificati prima del 2 settembre 2015 e seguite dalla notifica di atti impositivi entro il 31 dicembre 2015”.

E pertanto, “in relazione agli atti impositivi o di contestazione di sanzioni notificati entro il 31 dicembre 2015, le modifiche apportate dal d.lgs. n. 128 del 2015 agli artt. 43, terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, terzo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 (con le quali si stabilisce che il raddoppio dei termini di accertamento – per il caso di obbligo di denuncia per reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000 – opera solo se la denuncia  da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di finanza, sia presentata o trasmessa entro la scadenza ordinaria dei termini di accertamento [cioè entro il 31 dicembre del quarto o quinto anno successivo, rispettivamente, alla dichiarazione o alla data in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata]) non si applicano allorché il processo verbale di constatazione sia stato notificato o comunque portato formalmente a conoscenza del contribuente entro il 2 settembre 2015”.

La Corte, inoltre, si preoccupa del coordinamento tra la normativa transitoria del d.lgs. n. 128 del 2015 e quella transitoria della legge n. 208 del 2015, entrata in vigore dopo pochi mesi. Tuttavia, osservano i massimi giudici, “il conflitto tra le due norme è solo apparente e si deve ritenere che la norma transitoria più recente non sia incompatibile con la precedente e che, quindi, non abbia effetto abrogativo/sostitutivo del precedente regime transitorio”. Infatti, il regime transitorio previsto dalla legge n. 208 del 2015 per i periodi d’imposta anteriori a quello in corso al 31 dicembre 2016 riguarda solo le fattispecie non regolate dal precedente regime transitorio, cioè i casi in cui non sia stato notificato un atto impositivo (o di irrogazione di sanzioni) entro il 2 settembre 2015 o comunque gli altri casi i cui effetti non siano «fatti salvi» dal medesimo sopra ricordato secondo periodo del comma 3 dell’articolo 2 del d.lgs. n. 128 del 2015; la funzione del regime transitorio di cui al comma 132 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015 è solo quella di regolare le fattispecie della lex anterior in considerazione della successione di leggi nel tempo e, quindi, di disciplinare diversamente il precedente regime ordinario (non anche quello transitorio) del raddoppio dei termini di accertamento, previsto dal d.lgs. n. 128 del 2015; una diversa interpretazione – secondo cui il regime transitorio previsto dal citato comma 132 abrogherebbe il precedente regime transitorio stabilito dal comma 3 dell’articolo 2 del d.lgs. n. 128 del 2015 rendendo cosi inoperante il raddoppio dei termini, “non solo ometterebbe di tener conto del sopra indicato più limitato àmbito temporale del nuovo regime transitorio, ma comporterebbe l’inutile ed irragionevole conseguenza (rilevante anche ai sensi dell’art. 3 Cost.) dell’illegittimità (ex post) dell’attività ispettiva a suo tempo correttamente intrapresa e svolta dall’amministrazione in base al regime di raddoppio dei termini di accertamento all’epoca vigente (raddoppio da 4 a 8 o da 5 a 10 anni, senza necessità di una effettiva presentazione della denuncia), data la retroattiva introduzione di una disciplina secondo cui (in base al tenore letterale della disposizione, che rinvia al «primo periodo») il raddoppio dei termini fino a 8 o 10 anni opererebbe solo ove la denuncia penale fosse stata a suo tempo presentata o trasmessa entro 5 o 7 anni (quindi, in alcuni casi, perfino dopo il decorso dell’originario termine di accertamento di 4 o 5 anni)”.

4 agosto 2017

Gianfranco Antico