La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18684 del 23.09.2016, ha espresso importanti considerazioni in tema di requisiti mutualistici e spettanza delle correlate agevolazioni fiscali.
Nel caso di specie, con ricorso proposto dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Catania, una Società Cooperativa impugnava l'avviso di rettifica con il quale l'Ufficio aveva ritenuto essere venuto meno il requisito della mutualità, per avere la cooperativa acquistato
la stessa cooperativa acquistato notevoli quantitativi di prodotto da terzi non soci, assoggettando dunque le relative operazioni al regime IVA normale e non a quello speciale, previsto dall'art. 34 del DPR n.633/1972.
Il giudice di primo grado aveva accolto il ricorso, ritenendo viziato il procedimento di accertamento poiché non vi era menzione del parere, obbligatorio ma non vincolante, del Ministero del Lavoro, che l'Amministrazione finanziaria era, a suo avviso, tenuta ad acquisire per procedere all'accertamento dei presupposti di applicabilità delle agevolazioni.
L'appello proposto dall'Agenzia veniva respinto dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, la quale confermava l'illegittimità dell'avviso e, dopo aver premesso che le agevolazioni di cui la cooperativa aveva fruito potevano essere disapplicate dall'Amministrazione finanziaria, con riferimento a ciascun anno, previo accertamento della mancanza dei requisiti di mutualità stabiliti dall'art.26 del DLGS n.1577/1947 ed indicati nello statuto, affermava che il provvedimento di disapplicazione doveva, tuttavia, essere preceduto necessariamente dal parere del Ministero del Lavoro.
L'Agenzia delle Entrate propone quindi ricorso per cassazione per avere la Commissione Tributaria Regionale ritenuto illegittimo l'avviso di rettifica emesso in assenza del parere del Ministero del Lavoro, pur se fondato su fatti idonei a dimostrare una concreta attività economica non conforme ai principi mutualistici.
Il motivo, secondo il giudici di legittimità, era fondato.
Premesso infatti che l'atto impositivo con cui era stata disconosciuta la sussistenza dei requisiti propri delle società cooperative in capo a quella oggetto dell'accertamento derivava non già dalla ritenuta non conformità dello statuto della Cooperativa ai principi della mutualità, ma dall'accertata inottemperanza in concreto a tali principi e all'esercizio di una normale attività commerciale, l'erroneità dell'assunto dell'impugnata decisione, che aveva fatto derivare l'illegittimità dell'accertamento dalla
mancata richiesta del preventivo parere ministeriale, emergeva infatti dal contrasto con il principio già enunciato dalla Corte secondo cui "In tema di agevolazioni tributarie in favore delle società cooperative, la conformità degli statuti ai principi legislativi in materia di mutualità comporta una presunzione di spettanza delle agevolazioni o esenzioni tributarie, sicché il procedimento di verifica dei ‘presupposti di applicabilità’ di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 14, comma 3, che prevede come obbligatorio il preventivo parere degli organi di vigilanza, attiene ai soli casi in cui detta presunzione legale non operi, salva la facoltà dell'amministrazione di disconoscere le agevolazioni, per ogni singolo periodo d'imposta, sulla base di dati concreti, atti a dimostrare che la veste "mutualistica" funge da copertura ad una normale attività imprenditoriale. In tale ottica, il parere preventivo degli organi di vigilanza riguarda i soli requisiti soggettivi della società cooperativa, mentre l'ordinario potere di accertamento degli uffici finanziari ha ad oggetto la natura e le modalità di svolgimento dell'attività produttiva della cooperativa stessa" (cfr Cass. n. 10544/2006), nonché con quello secondo cui "In tema di agevolazioni tributarie per la cooperazione, il procedimento di verifica dei ‘presupposti di applicabilità’ di cui al D.Lgs. 29 settembre 1973, n. 601, art. 14, comma 3, che prevede come obbligatorio il preventivo parere degli organi di vigilanza, attiene ai soli requisiti soggettivi della società cooperativa, e non riguarda le condizioni, stabilite dai precedenti artt. 10 e 11, relative alla natura e alle modalità di svolgimento della sua attività produttiva, di modo che, sotto questo profilo, nessun limite incontra l'ordinario potere di accertamento spettante all'amministrazione finanziaria, la cui attività, al riguardo, va ritenuta legittima indipendentemente dall'esistenza o meno di pareri di organi esterni alla sua organizzazione" (cfr Cass. n. 1797/2005).
Era inoltre irrilevante che l'accertata mancata ottemperanza ai principi avesse caratterizzato l'attività della cooperativa fin dal suo inizio (cfr. anche Cass, nn. 15012/2009, 2849/2012, 4300/2015 e 5123/2016).
In tema di agevolazioni tributarie per la cooperazione, quindi, l'obbligo per l'Amministrazione finanziaria di acquisire il parere preventivo degli organi di vigilanza riguarda i soli requisiti soggettivi della società cooperativa.
La conformità degli statuti ai principi legislativi in materia di mutualità comporta una mera presunzione di spettanza delle agevolazioni tributarie e il preventivo parere degli organi di vigilanza è obbligatorio solo quando attiene ai casi in cui detta presunzione legale non operi, salva la facoltà dell'Amministrazione di disconoscere le agevolazioni sulla base di dati concreti, atti a dimostrare che la veste "mutualistica" funge da sovrapposizione solo formale ad un’ordinaria attività commerciale.
La Corte di Cassazione, già con la sentenza n. 10603 del 22 maggio 2015, era peraltro tornata sul delicato tema della verifica dei requisiti di mutualità per la spettanza delle agevolazioni fiscali.
L’art. 14 del D.P.R. n. 601/73 stabilisce infatti che le agevolazioni si applicano alle società cooperative che siano disciplinate dai principi della mutualità previsti dalle leggi dello Stato e siano iscritti nei registri prefettizi o nello schedario generale della cooperazione.
I requisiti della mutualità si ritengono quindi sussistenti, per presunzione legale relativa, quando negli statuti sono espressamente e inderogabilmente previste le condizioni indicate nell’art. 26 cit., e (non “o”) tali condizioni sono state in fatto osservate nel periodo di imposta e nei cinque precedenti (naturalmente, ai fini fiscali, per il principio dell’autonomia dei periodi di imposta, rileva solo il singolo periodo).
Se dunque viene verificato il rispetto del requisito formale della presenza delle citate clausole nello Statuto non c’è bisogno di alcun parere da parte dell’Organo di vigilanza.
E, se sono in contestazione le prerogative fiscali, e cioè il rispetto in concreto dei suddetti parametri, la competenza dell’Amministrazione Finanziaria resta piena ed autonoma, potendo appunto l’Amministrazione superare, con la dimostrazione di elementi concreti, la presunzione legale di spettanza delle stesse agevolazioni.
La Cassazione, del resto, già con la Sentenza n. 5273 del 15 marzo 2004, dopo aver richiamato l’eccezione dell’allora ricorrente, che aveva appunto contestato l’obbligatorietà del parere dell'organo di vigilanza, aveva ritenuto la doglianza formulata dal ricorrente non fondata, ricordando come in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'esclusione da parte dell'Amministrazione finanziaria delle agevolazioni tributarie, previste dalla legge a favore delle società cooperative, in conseguenza dell'attività speculativa svolta in concreto dall'ente, non richiede il parere del Ministero del lavoro o degli altri organi di vigilanza, essendo pertanto legittimo, senza la preventiva richiesta del parere del Ministero del lavoro o degli altri organi di vigilanza, l'accertamento con il quale venga individuato un reddito da assoggettare per intero a tassazione in quanto prodotto attraverso una normale attività imprenditoriale.
In sostanza si distinguono quindi due momenti rilevanti ai fini della necessità o meno del parere:
1) quello nel quale l'Ente, che pretende di avere i requisiti della mutualità e che chiede le agevolazioni, viene ad esistenza (parere necessario)
2) quello nel quale l'Ente opera, in concreto, in maniera difforme da quanto è previsto nel suo statuto e comunque non rispettando i requisiti di mutualità (parere facoltativo).
Infatti:
a) per il primo momento, il parere dell'organo di vigilanza appare indispensabile ed obbligatorio, posto che si tratta di fare una valutazione sulle caratteristiche dell'ente che viene ad esistenza;
b) per il secondo momento (quello cioè che concerne la valutazione dei comportamenti effettivamente tenuti), un tale parere può invece anche mancare, avendo l'Amministrazione Finanziaria tutti i poteri e le competenze necessarie per accertare, da sola, se i comportamenti sono conformi o meno alle previsioni di legge e di statuto e se, quindi, le condizioni della mutualità "sono state in fatto osservate".
Il parere ci vorrà quindi solo quando viene contestata la sussistenza dei requisiti formali (e non sostanziali) relativi alla natura cooperativa dell’ente accertato.
Ricorda infatti ancora la Corte Suprema (cfr Cass. 2714/2002) che la diversità dell'oggetto da accertare e la sua limitazione agli elementi del rapporto giuridico tributario renderebbero illogica la “condivisione del potere tributario” con l’Organo di vigilanza, la cui competenza è, per materia, oggettivamente distinta e limitata.
Insomma, l’autonomia accertativa dell’Agenzia delle Entrate in questo campo è piena e completa, non essendo subordinata ad alcun parere o intervento esterno.
17 agosto 2017
Giovambattista Palumbo