Lavoro intermittente, la possibile alternativa ai voucher: ecco come funziona

Dopo l’abolizione dei voucher ed in attesa dell’introduzione di nuove forme di regolamentazione del lavoro occasionale, il contratto di lavoro intermittente può essere (nei limiti delle vigenti disposizioni di legge) una delle opzioni per chi deve utilizzare lavoratori occasionali in attesa dell’intervento legislativo promesso.

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Con l’abolizione dei vouchers avvenuta quest’anno (2017), ed in attesa dell’introduzione di nuove forme di regolamentazione del lavoro occasionale, ritorna in auge provvisoriamente per regolare forme frammentarie di prestazioni lavorative, il contratto di lavoro intermittente, introdotto nel 2003 ed oggi riformulato dal D.Lgs.81/2015.

 

Cosa è il lavoro intermittente

Si tratta di una forma di lavoro subordinato, volta a regolamentare non prestazioni di lavoro di natura occasionale, bensì prestazioni appunto discontinue, frammentate e intermittenti.

La caratteristica di questa tipologia contrattuale consiste nella regolarizzazione contrattuale continuativa, tanto a tempo indeterminato quanto a tempo determinato, di prestazioni lavorative rese dal dipendente in costanza di una “chiamata” del datore di lavoro, da qui il termine intermittente per definire la prestazione non continuativa.

 

Contratti di lavoro intermittente: caratteristiche e limiti

Il datore di lavoro ed il lavoratore si accordano per stipulare in forma scritta un rapporto contrattuale regolamentato dalla contrattazione collettiva di riferimento, prevedendo lo svolgimento di prestazioni lavorative anche di natura caratteristica per il datore di lavoro, rese con cadenza che può riguardare periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese, dell’anno.

Il lavoratore contraente può stipulare anche diversi contratti di lavoro intermittente con datori di lavoro differenti, come pure può stipulare altre tipologie di rapporti contrattuali diversi e concomitanti con quello intermittente purché compatibili tra loro.

In riferimento alle mansioni del lavoratore, occorre specificare che non sono previste esclusioni, come pure non ne sono previste in riferimento alle attività imprenditoriali del datore di lavoro.

Il ricorso al lavoro occasionale è ammissibile sempre, per attività caratteristica come per attività residuale.

Il contratto di lavoro intermittente è stato oggetto negli ultimi anni di limitazioni significative che hanno riguardato l’età del lavoratore e il numero di giornate massime fruibili, al fine di limitarne la diffusione strumentale ed elusiva di questo contratto da parte dei datori di lavoro.

 

Limiti del lavoro intermittente

Esaminiamo i limiti previsti per l’utilizzo dei lavoratori intermittenti:

  • non devono aver più di 24 anni di età, per cui il rapporto di lavoro intermittente cessa al compimento del 25° anno di età del lavoratore;
  • non devono aver meno di 55 anni di età, anche se pensionati, per cui il rapporto di lavoro intermittente riprende nei confronti dei lavoratori che abbiano compiuto i 55 ani di età.
  • Con la sola eccezione del settore del turismo, pubblici esercizi, spettacolo, ove la prestazione intermittente può essere svolta senza limiti di utilizzo di giornate lavorative, per le altre tipologie di datori di lavoro è previsto il limite massimo di chiamate del lavoratore per non più di 400 giorni nell’arco di tre anni solari.
    Se il lavoratore eccede tale limite subisce la conseguenza della trasformazione del rapporto da intermittente a stabilizzato a tempo pieno e indeterminato.

 

Comunicazione obbligatoria degli intermittenti

comunicaizone obbligatoria intermittenti 2019Oltre agli adempimenti comunicativi consueti in fase di assunzione, (comunicazione UNILAV al centro per l’impiego territorialmente competente per mezzo di procedura telematica, instaurazione di una copertura assicurativa INAIL, e assolvimento degli adempimenti in materia di igiene e sicurezza sul lavoro previsti per legge, quali predisposizione dei DPI e obblighi formativi del dipendente) l’altro obbligo caratteristico del contratto intermittente è la comunicazione preventiva delle prestazioni lavorative del lavoratore subordinato. 

Dal 1 gennaio 2016 il datore di lavoro deve effettuare queste comunicazioni inoltrandole all’Ispettorato Nazionale del Lavoro con una cadenza che può interessare la singola prestazione lavorativa o anche un periodo compreso in un arco di tempo più ampio non eccedente un ciclo di 30 giornate lavorative.

 

L’assolvimento della chiamata avviene in tre diversi modi:

  • attraverso il servizio informatico messo a disposizione dal portale Gestione chiamate intermittenti, previa iscrizione all’apposito portale del datore di lavoro e del lavoratore
  • attraverso la compilazione del modello UNINTERMITTENTE e alla conseguente comunicazione dello stesso via mail (anche ordinaria) alla casella pec: intermittenti@pec.lavoro.gov.it
  • per mezzo di apposita APP Lavoro Intermittente.

 

Infine, in via residuale, è possibile nel caso di comunicazioni urgenti di prestazioni da rendersi entro le 12 ore dalla comunicazione, fare uso di SMS al numero 3399942256 per coloro che preventivamente risultino iscritti al portale cliclavoro.

Nel caso di malfunzionamento dei sistemi informatici si può inviare il modello UNINTERMITTENTE debitamente compilato al numero fax della DTL di riferimento.

 

 

Trattamento economico del lavoro intermittente

Il trattamento economico è l’altro aspetto peculiare del contratto di lavoro intermittente.

Il lavoratore ha diritto allo stesso riconoscimento retributivo previsto dal contratto collettivo di riferimento, per gli altri lavoratori di pari grado o livello e con stesse mansioni, non intermittenti, assunti con contratto a tempo indeterminato.

Il dipendente ha diritto anche ad un trattamento previdenziale previsto in relazione al riproporzionamento in base all’entità delle ore lavorative effettuate.

Facciamo una premessa: non possiamo equiparare il rapporto di lavoro intermittente con quello part-time, in quanto si tratta di due istituti differenti di fatto, per cui per gli intermittenti il versamento contributivo avviene in base alla retribuzione oraria effettivamente svolta con le chiamate, e se questa risulta inferiore ai minimi contributivi il lavoratore non può integrare volontariamente i periodi di inattività, ma può al contrario integrare la contribuzione obbligatoria fino al limite minimo di quelli figurativi previsti per l’anno di competenza.

 

Liquidazione del TFR

La retribuzione è riproporzionata all’impegno effettivo durante il mese, in funzione dei giorni o delle ore di utilizzo del lavoratore, e su di essa matura il TFR in corrispondenza dell’entità della prestazione.

Questo TFR può alternativamente essere erogato direttamente nella busta paga di effettiva maturazione oppure può essere accantonato per essere erogato a fine rapporto.

 

Maturazione delle ferie

Riguardo alla maturazione delle ferie, dobbiamo ribadire che il lavoratore intermittente non matura trattamenti economici per i periodi di mancato utilizzo della prestazione lavorativa.

Pertanto è prevista la facoltà di definire con il datore di lavoro per la monetizzazione delle ferie maturate, in specialmodo per i contratti intermittenti a tempo determinato di durata inferiore all’anno.

 

Indennità di disponibilità

Il contratto di lavoro intermittente permette un’altro accordo tra le parti di carattere economico, che consiste nel riconoscimento di una indennità supplementare definita indennità di disponibilità, che risponde al sinallagma del lavoratore di impegnarsi a dare la sua disponibilità a rispondere alle chiamate.

L’entità dell’indennità è determinata dai contratti collettivi, nella quantificazione del minimo retributivo, che va dal 20% al 25% della retribuzione tabellare + indennità di contingenza + EDR previsti dal contratto collettivo di applicazione, ed è suddivisibile in quote orarie.

L’indennità di disponibilità è imponibile ai fini contributivi, come la retribuzione maturata sulla prestazione lavorativa, per l’intero ammontare, senza far riferimento all’applicazione di minimali contributivi, ed è imponibile ad IRPEF nelle modalità previste dal TUIR in materia di reddito di lavoro dipendente. (principio di cassa).

Ancora, l’indennità di disponibilità non matura TFR e mensilità aggiuntive.

Il lavoratore che abbia concordato un obbligo di disponibilità cui faccia seguito una corrispettiva indennità di disponibilità, deve rendersi disponibile alle chiamate del datore di lavoro, in quanto trattasi di obbligazione contrattuale, il cui inadempimento ingiustificato determina una responsabilità contrattuale in capo al lavoratore, che è passibile di licenziamento e di restituzione dell’indennità maturata nel periodo temporale successivo al rifiuto ingiustificato.

Il D.Lgs.81/2015 ha invece escluso che il datore di lavoro possa richiedere risarcimento danni per il rifiuto ingiustificato della chiamata, nella misura fissata dai contratti collettivi o del contratto individuale di lavoro.

 

 

Assenza giustificata dal lavoro a chiamata

Casi di assenza dal lavoro giustificata:

  • partiamo da un presupposto generale; le coperture contributive previste per la maggior parte dei lavoratori sono riconosciute anche ai lavoratori intermittenti, ma solo se si verificano durante l’attività lavorativa, mentre sono escluse durante i periodi di fermo senza indennità di disponibilità.
    La logica è quella per cui gli istituti assicurativi previdenziali erogano trattamenti di tutela in corrispondenza dei periodi di copertura contributiva.
    Quindi nel caso in cui sia prevista l’erogazione dell’indennità di disponibilità al dipendente con contratto intermittente, essendo assicurato il gettito contributivo per tutto il periodo di riferimento, è riconosciuto al dipendente il trattamento di copertura degli eventi negativi, al contrario nel caso di lavoratore con contratto intermittente privo di obbligo di disponibilità, la copertura previdenziale vale solo per i giorni di effettivo lavoro svolto.
  • Il lavoratore è tenuto comunque ad avvisare tempestivamente il datore di lavoro dell’evento che abbia prodotto l’inattività (malattia o infortunio) pena la sospensione per 15 giorni del trattamento previdenziale a suo favore.

 

Indennità di malattia nel lavoro intermittente

  • In caso di malattia opera un distinguo:
    • lavoratore senza obbligo di chiamata. Spetta l’indennità di malattia solo quando questa si verifica nei giorni di chiamata, ed è riconosciuta dall’INPS sulla base della retribuzione dell’ultimo anno divisa per un divisore di 360 o 312 giorni a seconda che il dipendente sia un impiegato o un operaio.
      Se invece l’evento malattia si verifica nel periodo in cui il lavoratore è inattivo in quanto non ha ricevuto per quel periodo la chiamata del datore di lavoro, non maturando retribuzione, non matura neppure imponibile previdenziale da versare, e di conseguenza non è riconosciuta nemmeno l’indennità di malattia.
    • Lavoratore cui spetta l’indennità di disponibilità per obbligo di chiamata.
      In questo caso spetta sia l’indennità per il periodo di lavoro svolto che per il periodo di inattività coperto dall’indennità che opera da imponibile contributivo per il periodo di scopertura lavorativa.
      L’importo corrispondente di indennità di malattia al periodo di mancata chiamata è calcolato sulla base dell’indennità di disponibilità stessa.

 

Assegno per il nucleo familiare

Citiamo la circolare 41/2006 INPS

“spetta per i periodi in cui il lavoratore presta attività lavorativa, mentre per il periodo di disponibilità, per il quale il lavoratore percepisce un’indennità, l’assegno non deve essere corrisposto in assenza di effettiva prestazione lavorativa, in linea con quanto avviene per la generalità dei lavoratori dipendenti, ai quali l’assegno spetta, in via generale, in presenza di effettiva prestazione lavorativa, ovvero per le situazioni espressamente disciplinate dalla legge (malattia, maternità, ferie…)“

 

 

Casi di divieto di utilizzo del lavoro intermittente

Infine specifichiamo il divieto di utilizzo di lavoratori intermittenti previsto dall’art.14 del D.Lgs. 81/2015

  • è vietato l’utilizzo di lavoratori intermittenti per sostituire lavoratori che esercitano il diritto di sciopero
  • è vietato presso le unità produttive ove si sia proceduto entro i 6 mesi precedenti a licenziamenti collettivi ex art.4 e 24 della legge 223/91 in riferimento a lavoratori adibiti alle stese mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente, ovvero presso presso unità produttive ove vi sia una sospensione di lavoro o riduzione dell’orario in regime di CIG
  • è vietato adibire intermittenti in assenza di adeguata valutazione dei rischi D.lgs. 81/2008.

 

 

5 aprile 2017

Antonio Tuzio