A proposito di inerenza: il problema dell'oggetto sociale

la definizione dell’oggetto sociale è fondamentale per stabilire l’inerenza degli acquisti effettuati: vi è il rischio che gli acquisti estranei all’oggetto sociale siano consoiderati non inerenti in sede di verifica del reddito d’imrpesa e della detrazione dell’IVA su determinati acquisti

queen_of_heartsLa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17815 del 9.9.2016, ha stabilito alcuni principi che meritano di essere richiamati.

Nel caso di specie, in seguito a sentenza della Corte, con la quale era stata cassata la decisione presa in grado di appello, l’Ufficio di Udine della Agenzia delle Entrate riassumeva il giudizio di rinvio avanti la Commissione Tributaria Regionale Friuli Venezia Giulia, che riteneva detraibile l’IVA versata da una s.r.l. sui canoni di leasing immobiliare corrisposti, nel periodo d’imposta 1992, ad altra società, ritenendo sussistere il requisito di inerenza della spesa per canoni alla attività d’impresa, in quanto l’oggetto sociale prevedeva che la società contribuente, la quale esercitava “il commercio all’ingrosso di frutta e verdura”, nonché la gestione di supermercati ed esercizi commerciali di frutta e verdura, era legittimata (come stabilito dall’art. 5 dello Statuto del contribuente) a svolgere anche tutte “le operazioni…mobiliari ed immobiliari che appaiono strumentali od anche soltanto utili per il raggiungimento dell’oggetto sociale”.

La sentenza veniva quindi impugnata per cassazione dall’Agenzia delle Entrate, la quale deduceva vizi di nullità processuale, vizi di violazione di norme di diritto e vizio di omessa motivazione.

La società resistente eccepiva in via pregiudiziale la inammissibilità del ricorso, essendo stata la questione controversa già decisa, in senso favorevole alla contribuente, con sentenza della Commissione Tributaria Regionale Friuli Venezia Giulia passata in giudicato per mancata impugnazione.

L’eccezione di giudicato, secondo la Corte, era tuttavia infondata.

La questione controversa, nel giudizio deciso dalla sentenza in commento, atteneva infatti, come detto, ad opposizione ad avviso di rettifica IVA concernente il recupero d’imposta per indetraibilità delle spese relative a canoni di leasing immobiliare, riferite all’anno d’imposta 1992, e ritenute non inerenti.

La questione decisa nella sentenza passata in giudicato atteneva invece al recupero di imposte dirette, concernenti il diverso anno di imposta 1993, per indebita deduzione di costi relativi a canoni di leasing di un immobile, parzialmente locato a terzi, non ricorrendo (secondo l’Ufficio impositore) i requisiti di strumentalità del bene immobile, richiesti dall’art. 40 TUIR.

Orbene, precisato che, nella specie, non si versava in tema di preclusione da giudicato sulla “stessa causa”, tenuto conto della diversità di oggetto dei rispettivi giudizi, determinata dai differenti periodi di imposta e dalla distinzione delle pretese fiscali, dovendo piuttosto essere ricondotta l’eccezione della società nell’ambito degli effetti espansivi esterni del giudicato, osservava il Collegio che, in tema di contenzioso tributario, tale effetto espansivo è ravvisabile anche nei rapporti di durata, ma rispetto, esclusivamente, agli elementi costitutivi della fattispecie, che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente, e non anche invece in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (cfr. Corte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 24433 del 30/10/2013; id. Sez. 5, Sentenza n. 13498 del 01/07/2015), rimanendo altresì escluso l’effetto espansivo dell’efficacia vincolante del giudicato esterno nel caso in cui i giudizi abbiano avuto ad oggetto pretese fiscali concernenti tributi di natura diversa (IRPEF, IRES, IVA), stante la diversità strutturale delle suddette imposte, oggettivamente differenti, ancorché la pretesa impositiva sia fondata sui medesimi presupposti di fatto (cfr. Corte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22941 del 09/10/2013; id. Sez. 5, Sentenza n. 235 del 09/01/2014; id. Sez. 5, Sentenza n. 6953 del 08/04/2015).

Nella fattispecie ricorrevano dunque entrambi gli aspetti ostativi all’estensione del vincolo di giudicato, atteso che, da un lato, la concreta destinazione d’uso dell’immobile per il quale venivano corrisposti i canoni di leasing, non poteva ritenersi un elemento qualificativo della fattispecie caratterizzato da tendenziale invarianza nel tempo; e dall’altro il giudizio definito con la sentenza passata in giudicato aveva ad oggetto le imposte dirette dovute dalla società nell’anno 1993, mentre nel giudizio in esame, come detto, si controverteva in materia di IVA dovuta dalla società per l’anno d’imposta 1992.

Venendo poi all’esame del merito, secondo la Corte, il primo motivo doveva ritenersi fondato, rimanendo assorbiti gli altri.

L’Agenzia delle Entrate aveva infatti impugnato la decisione di appello per violazione dell’art. 384, c. 2, c.p.c., sostenendo che il Giudice del rinvio non si era uniformato al principio di diritto enunciato dalla Corte nella sentenza che aveva cassato con rinvio la precedente sentenza emessa dalla CTR del Friuli Venezia Giulia.

Il Giudice di legittimità aveva in quella sentenza ritenuto fondato l’unico motivo di ricorso dedotto dall’Agenzia, con il quale si denunciava il vizio di violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 4, e vizi motivazionali, precisando che il diritto alla detrazione dell’IVA versata in rivalsa dall’operatore economico “richiede un quid pluris rispetto alla qualità di imprenditore dell’acquirente, cioè l’inerenza o strumentalità del bene comprato rispetto all’attività imprenditoriale, ed inoltre non introduce deroga ai comuni criteri in tema di onere della prova, lasciando la dimostrazione di detta inerenza o strumentalità a carico dell’interessato, senza che la sussistenza di detti requisiti possa presumersi in ragione della qualità di società commerciale dell’acquirente”, non essendo sufficiente, pertanto, la “semplice qualità di imprenditore societario dell’acquirente, ma occorrendo accertare che le operazioni medesime siano effettivamente compiute nell’esercizio d’impresa, cioè in stretta connessione con le finalità imprenditoriali”, ed un tale accertamento, evidenziava ancora la Corte, “deve essere compiuto in concreto non già, come ha fatto la CTR, in astratto e va rapportata all’oggetto sociale quale risulta dai documenti che la contribuente deve aver cura di allegare e provare”.

A tali principi non si era dunque uniformato il Giudice del rinvio, laddove in particolare aveva ritenuto accertata l’inerenza dell’operazione (stipula contratto di leasing di un immobile, riscatto e successiva rivendita), limitandosi all’esame dell’oggetto statutario, ed astraendo dalla necessaria indagine, in concreto e sulla base dei fatti allegati e dimostrati dalle parti, volta ad evidenziare la connessione strumentale tra l’effettivo utilizzo dell’immobile condotto in leasing e l’esercizio dell’attività imprenditoriale in concreto esercitata dalla società contribuente, mediante l’utilizzo del bene, nel periodo d’imposta considerato, incorrendo nuovamente, pertanto, nel medesimo errore interpretativo della nozione giuridica di “inerenza” del bene o servizio acquistato dal soggetto passivo (cfr. in materia IVA, da ultimo: Corte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16853 del 05/07/2013. Giurispr. Consolidata: Corte cass. V sez. 27.7.2007 n. 16730; id. V sez. 17.2.2010 n. 3706; id. V sez. 31.1.2013 n. 2362), come rinvenibile nella norma comunitaria (art. 17 della Direttiva Comunità Europea del 17/05/1977 n. 388 nel testo vigente ratione temporis e nella corrispondente norma dell’ordinamento interno (l’art. 19 Dpr n. 633/72, nel testo vigente ratione temporis.

In particolare la CTR, dopo aver accertato che l’art. 5 dello Statuto consentiva alla contribuente di compiere anche tutte le operazioni immobiliari “che appaiono strumentali … per il raggiungimento dell’oggetto sociale”, dunque anche quelle operazioni in sè estranee al commercio all’ingrosso di ortofrutta od alla gestione di esercizi commerciali di ortofrutta, ma che sono direttamente funzionali a tali attività (come ad esempio la stipula di locazione o di leasing immobiliari relativi ai locali utilizzati per il deposito della merce ovvero per la rivendita al pubblico), e dopo avere accertato la “astratta” compatibilità della realizzazione di un’operazione immobiliare ai limiti operativi stabiliti nello Statuto, ha poi del tutto omesso di verificare se detta operazione, “in concreto” (e cioè avuto riguardo all’effettivo impiego del bene immobile condotto in leasing, durante l’anno d’imposta 1992), fosse in realtà funzionale e coerente con l’attuazione delle attività commerciali sopra indicate.

In tale verifica, sottolinea la Corte, sono peraltro necessarie due fasi successive:

a) la prima fase consiste nella verifica che la “operazione in sè” rientri nell’oggetto sociale (ovvero si rapporti ad esso) come definito nell’atto costitutivo o nello statuto;

b) la seconda richiede al Giudice di merito di indagare se il bene o servizio acquistato sia stato effettivamente destinato o sia potenzialmente destinabile alla attuazione dell’oggetto sociale, avuto riguardo, nel primo caso, all’attività economica in concreto esercitata dalla impresa e, nel secondo caso, a quella che il soggetto passivo, all’esito della predisposizione dei mezzi e della organizzazione aziendale, andrà ad esercitare una volta che entrerà sul mercato.

11 aprile 2017

Giovambattista Palumbo