A chi giova l'impugnazione dell'avviso bonario?

è possibile impugnare l’avviso bonario ma con la successiva necessità per il contribuente di impugnare anche la cartella, pena la definitività dell’atto; quindi… conviene?

dubbiCon la sentenza n. 27494 del 30 dicembre 2016 la Corte di Cassazione conferma l’impugnabilità dell’avviso bonario.

La Corte prende le mosse dall’assunto secondo cui pur se l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992 è tassativa, ha già a suo tempo affermato che “… in ragione dei principi costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento della P.A. (art. 97 Cost.), ogni atto adottato dall’ente impositore che porti, comunque, a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria, con esplicitazione delle concrete ragioni fattuali e giuridiche, è impugnabile davanti al giudice tributario, senza necessità che si manifesti in forma autoritativa”.

Di conseguenza, “questa Corte ha ritenuto immediatamente impugnabile dal contribuente anche la comunicazione di irregolarità ex art. 36-bis, terzo comma, del d.p.r. n. 600 del 1973. Si tratta di orientamento che si inscrive in un consolidato indirizzo, secondo il quale con specifico riferimento al caso qui all’esame, devono ritenersi impugnabili gli avvisi bonari con cui l’amministrazione chiede il pagamento di un tributo in quanto essi, pur non rientrando nel novero degli atti elencati nell’art. 19 cit. e non essendo, perciò, in grado di comportare, ove non contestati, la cristallizzazione del credito in essi indicato, esplicitano comunque le ragioni fattuali e giuridiche di una ben determinata pretesa tributaria, ingenerando così nel contribuente l’interesse a chiarire subito la sua posizione con una pronuncia dagli effetti non più modificabili (cfr. sez. 5, n. 7344 del 2012, sez. 6 – 5, n. 25297 del 2014, n. 15957 del 2015 e n. 3315 del 2016)”.

Breve nota

La questione affrontata oggi dalla Corte di Cassazione non è certamente nuova, e risiede nella impugnabilità o meno dell’atto che spesso precede la notifica della cartella. In linea di massima, nell’ambito dei tributi erariali, l’avviso bonario.

Come è noto, con la sentenza n. 7344 dell’11 maggio 2012 (ud. 23 febbraio 2012), la Corte di Cassazione (ribaltando un precedente e diverso orientamento ormai consolidato) aveva ritenuto l’avviso bonario atto impugnabile autonomamente.

Infatti, la stessa Corte di Cassazione, a sezioni unite, con le sentenze 24 luglio 2007, n. 16293, e 26 luglio 2007, n. 16428, aveva affermato che le predette comunicazioni di irregolarità non sono immediatamente impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie, in quanto “costituiscono … un ‘invito’ a fornire ‘eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi’. Quindi manifestano una volontà impositiva ancora in itinere e non formalizzata in un atto cancellabile solo in via di autotutela (o attraverso l’intervento del giudice)”.

Rileviamo, comunque, che con l’ordinanza n. 25297 del 28 novembre 2014 (ud. 6 novembre 2014), peraltro richiamata nella sentenza che si annota, la Corte Cassazione ha avuto modo di scrivere “che anche la comunicazione di irregolarità D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, comma 3, portando a conoscenza del contribuente una pretesa impositiva compiuta, è immediatamente impugnabile innanzi al giudice tributario – cfr. Cass. n. 7344/12; Cass. n. 17010 del 05/10/2012”.

E la Corte di Cassazione, con la sentenza 11 febbraio 2015, n. 2616, ha ritenuto ancora impugnabile l’atto che precede la notifica della cartella. La Corte conferma il principio secondo cui “in tema di contenzioso tributario, sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorché tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento, sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto, non assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione ‘avviso di liquidazione’ o ‘avviso di pagamento’” (cfr. Cass. civ. sez. unite 24 luglio 2007, n. 16293, e Cass. civ. sez. V 15 maggio 2008, n. 12194; Cass. civ. sez. V 15 giugno 2010, n. 14373). Nel caso di specie, osserva la Suprema Corte, “gli atti prodromici all’emissione della cartella di pagamento impugnata dalla contribuente, denominati atti d’intimazione di pagamento, hanno certamente natura di avvisi di liquidazione del tributo, essendo inerenti all’imposta sui concorsi pronostici e sulle scommesse che, operando con gli automatismi del totalizzatore, comportano soltanto il riversamento di un’imposta già predefinita nell’ammontare complessivo del costo di ogni scommessa (cfr. Cass. civ. sez. V 22 febbraio 2012, n. 2598)”. Resta fermo, quale estensione della tutela del contribuente, che “la mancata impugnazione da parte di quest’ultimo di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 citato non determina, in ogni caso, la non impugnabilità (e quindi la cristallizzazione) di quella pretesa, che va successivamente reiterata in uno degli atti tipici espressamente previsti dall’art. 19″ atteggiandosi dunque, l’impugnativa ad opera del contribuente di un atto non espressamente contemplato dall’art. 19 ma idoneo ad esprimere compiutamente la pretesa impositiva come facoltà e non come onere (cfr. Cass. civ. sez. V 5 ottobre 2012, n. 17010; Cass. civ. sez. V 27 luglio 2011, n. 16100; Cass. civ. sez. unite 11 maggio 2009, n. 10672)”.

E con l’ordinanza n. 3315 del 19 febbraio 2016 la Corte di Cassazione ha confermato l’impugnabilità dell’avviso bonario, in ragione dei principi costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della Pubblica Amministrazione. Per la Corte, “si tratta di orientamento che si inscrive in un consolidato indirizzo, secondo il quale con specifico riferimento al caso qui all’esame, devono ritenersi impugnabili gli avvisi bonari con cui l’Amministrazione chiede il pagamento di un tributo in quanto essi, pur non rientrando nel novero degli atti elencati nell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e non essendo, perciò, in grado di comportare, ove non contestati, la cristallizzazione del credito in essi indicato, esplicitano comunque le ragioni fattuali e giuridiche di una ben determinata pretesa tributaria, ingenerando così nel contribuente l’interesse a chiarire subito la sua posizione con una pronuncia dagli effetti non più modificabili- Cass.n.10987/2011-. Sulla base di tali precedenti-v. anche, di recente, Cass.n.15957/2015 e 15029/2015- la sentenza impugnata che ha escluso l’impugnabilità dell’avviso bonario ex art.36 bis dPR n.600/73 — contenente in modo espresso l’indicazione della tardività del versamento a saldo IRAP e l’importo della sanzione dovuta- è viziata e merita di essere cassata, assorbendo l’accoglimento del primo motivo l’esame delle questioni poste nel secondo motivo che dovranno essere vagliate dal giudice del rinvio nell’ambito delle prerogative allo stesso riservato rispetto alla cognizione del merito del ricorso non esaminato dal giudice di merito per effetto della ritenuta inammissibilità del ricorso introduttivo”.

In pratica, l’avviso bonario è impugnabile; tuttavia, se il contribuente non lo impugna il risultato che emerge non si cristallizza, con la conseguenza che si può successivamente impugnare la cartella.

Detta tesi non ci convince. Come rilevato dalle Entrate nella R.M. n. 110/2010, “ai fini dell’accesso alla tutela giurisdizionale innanzi ai giudici tributari è, invece, essenziale che il tenore dell’atto manifesti – ciò che non si verifica con i c.d. ‘avvisi bonari’ – una ‘pretesa tributaria compiuta e non condizionata, ancorchè accompagnata dalla sollecitazione a pagare spontaneamente per evitare spese ulteriori…’“.

Rilevano le Entrate che detti atti “ si sostanziano, infatti, in un mero invito al contribuente a fornire, in via preventiva, elementi chiarificatori delle anomalie riscontrate in sede di liquidazione automatizzata della dichiarazione e non sono, dunque, espressione di un potere pubblicistico autoritativo, non contenendo una pretesa impositiva definitiva e non producendo effetti negativi immediati per il destinatario. Tale interpretazione è confermata, peraltro, anche dalla circostanza che la comunicazione di irregolarità non è formalmente ricompresa nel novero degli atti impugnabili dinanzi alle Commissioni tributarie, di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992”.

Conclusione

Ma l’anticipazione dell’impugnazione a chi giova, atteso che successivamente l’avviso bonario viene cartellizzato, con la necessità per il contribuente di impugnare nuovamente, pena la definitività dell’atto? (L’emissione della cartella di pagamento integra una pretesa tributaria nuova rispetto a quella originaria che sostituisce l’atto precedente e provoca la caducazione d’ufficio del giudizio pendente sull’avviso bonario” – Cass., sez. trib., n. 7344/2012)?

E’ questa la domanda da farsi quando si pensa di impugnare l’avviso bonario.

24 gennaio 2017

Gianfranco Antico