Casa di lusso e principio del favor rei

vale il principio del favor rei ai fini sanzionatori per gli immobili di lusso in riferimento all’agevolazione fiscale prima casa (a condizione che il provvedimento sanzionatorio non sia divenuto definitivo)?

villaPremessa

A decorrere dall’1 gennaio 2014, il requisito di lusso viene identificato in base all’accatastamento dell’unità in una delle seguenti categorie catastali: A1, A8 e A9. Laddove l’unità immobiliare appartenga ad una delle predette categorie catastali, l’immobile si considera automaticamente “di lusso”, senza necessità di effettuare alcuna ulteriore verifica. Fino al 31/12/2013, invece, rilevavano i parametri forniti dal D.M. 2 agosto 1969, il quale forniva una pluralità di casistiche per la qualificazione di lusso degli immobili; ad esempio, venivano considerate di lusso le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 oppure le abitazioni unifamiliari dotate di piscina di almeno 80 mq. di superficie.

A decorrere dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 175/2014 (quindi dal 13 dicembre 2014), in sede di stipula dell’atto di trasferimento o di costituzione del diritto reale sull’abitazione per il quale si intende fruire dell’aliquota IVA del 4 per cento, deve essere dichiarata la classificazione o la classificabilità catastale dell’immobile nelle categorie che possono beneficiare del regime di favore (cat. A/2 – abitazioni di tipo civile; cat. A/3 – abitazioni di tipo economico; cat. A/4 – abitazioni di tipo popolare; cat. A/5 – abitazioni di tipo ultra popolare; cat. A/6 – abitazioni di tipo rurale; cat. A/7 – abitazioni in villini; A/11 – abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi), oltre all’attestazione della sussistenza delle ulteriori condizioni prescritte per usufruire dell’agevolazione (cfr. Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131). Qualora in sede di stipula di contratto preliminare di vendita sia stata effettuata la classificazione dell’abitazione come immobile “di lusso” ai sensi del decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969, con la conseguente applicazione dell’imposta agli acconti sul prezzo di compravendita con un’aliquota superiore all’aliquota del 4%, è possibile rettificare le relative fatture mediante variazione in diminuzione, ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. n. 633 del 1972, al fine di applicare l’aliquota IVA del 4% sull’intero corrispettivo dovuto (cfr. risoluzione 7 dicembre 2000, n. 187).

Quesito

Orbene, è estensibile il principio del favor rei in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, per gli immobili di lusso ai fini dell’agevolazione fiscale prima casa, a condizione che il provvedimento sanzionatorio non sia divenuto definitivo?

A tale quesito ha dato risposta positiva la Corte di Cassazione, con ordinanza del 27 giugno 2016, n. 13235

Vicenda

Nel caso di specie, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione a seguito della decisione della CTR che accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza resa dalla CTP con la quale era stato annullato l’avviso di liquidazione relativo alla decadenza del beneficio dell’agevolazione prima casa ai fini IVA per un immobile ritenuto di lusso dall’Ufficio.

Pronuncia

La Suprema Corte ha evidenziato che a decorrere dall’1 gennaio 2014, vi è stato l’allineamento della disciplina agevolata sulla prima casa in materia di IVA a quella dell’imposta di registro (art. 33, D.Lgs. n. 175/2014), che prevede un’aliquota ridotta dovuta per “le case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9″, a prescindere dalla loro qualificabilità come “non di lusso”. L’efficacia di tale agevolazione non trova applicazione per gli atti negoziali anteriori alla suddetta data di entrata in vigore. Ciò tuttavia non impedisce alla disposizione anzidetta di spiegare effetti ai fini sanzionatori. Ne consegue che deve ritenersi estensibile il principio del favor rei anche al settore tributario, sancendone l’applicazione retroattiva, a condizione che il provvedimento sanzionatorio non sia divenuto definitivo.

Conclusioni

In ragione della disposizione sopravvenuta che ha mutato i criteri di identificazione degli immobili di lusso, la condotta che prima integrava una violazione fiscale non costituisce più presupposto per l’irrogazione della sanzione. Ne consegue che deve ritenersi applicabile alle ipotesi in esame il principio del favor rei. Pertanto, fermo restando il recupero della maggiore imposta, qualora sussista ancora la controversia sulla debenza delle sanzioni dovrà trovare applicazione il più favorevole regime sanzionatorio sopravvenuto. Discorso diverso e più complesso è quello relativo al momento di “ultimazione dei lavori”; qualora infatti l’atto sia antecedente al 31/12/2013 ma l’ultimazione dei lavori sia successiva al 01/01/2014, si ritiene che vi siano i presupposti per sostenere che occorrerà fare riferimento alle regole vigenti al momento della fine dei lavori (e non al momento dell’atto di trasferimento). Solo in quel momento, infatti, sarà possibile capire se l’immobile sia o meno di lusso ed, evidentemente, tale verifica andrà fatta in base alla legislazione vigente in quel momento.

Secondo un minoritario orientamento (sentenze della CTP di Pesaro n. 418 e n. 419 del 10 maggio 2016 ) le regole di identificazione degli immobili di lusso vigenti dal 01/0/2014 hanno effetto retroattivo e valgono, pertanto, anche per il passato sia per le imposte e sia per le sanzioni .

Allegato

Cassazione sezione Tributaria 27-06-2016 n.13235

La CTR Toscana, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza resa dalla CTP di Pisa con la quale era stato annullato l’avviso di liquidazione relativo alla decadenza del beneficio dell’agevolazione prima casa ai fini IVA per un immobile acquistato da C.F.; cespite ritenuto di lusso dall’Ufficio.

Secondo la CTR la normativa di riferimento riguardava la superficie utile con esclusione di alcuni locali, senza alcun riferimento alla nozione di abitabilità, comprendendo anche i locali adibiti a sale hobby ed ubicati nel piano interrato dell’abitazione. La parte contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso. La parte ricorrente ha depositato memoria.

Con il primo motivo si deduce il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. La CTR aveva omesso di considerare che i locali relativi al piano interrato dovevano essere esclusi dal computo della superficie utile per l’attribuzione della qualifica di lusso.

Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 33 d.lgs. 175/2014 che doveva ritenersi applicabile alla fattispecie in quanto ius superveniens.

Il primo motivo è inammissibile.

La CTR ha esaminato il fatto relativo alla rilevanza delle parti che non sarebbero utilizzabili ai fini del computo della superficie utile, ritenendo rilevanti anche quelle dedicate ad hobby, pur se ubicati nel piano interrato. Nessuna omissione di fatti rilevanti e decisivi per il giudizio è dunque rinvenibile nel caso di specie – cfr. Cass. SU. n. 8054/2014.

Il secondo motivo è fondato.

Ed invero, questa Corte ha in effetti ritenuto che il d.lgs. n. 175/2014, art. 33, in vigore dal 13.12.2014, pur riferendosi all’allineamento della disciplina agevolata sulla prima casa in materia di IVA a quella dell’imposta di registro, non può trovare applicazione quanto alla debenza del tributo con riferimento ad atti negoziali anteriori alla data di entrata in vigore della disposizione anzi detta, avendo l’innovazione legislativa efficacia a decorrere dall’1 gennaio 2014 – cfr. art. 10 c. 5 d.lgs. n. 23/2011: Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2014. In particolare Cass. n. 12471/2015 ha chiarito che “il D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 10, modificato dal D.L. 12 settembre 2013, n. 104, art. 26, comma 1, convertito dalla L. 8 novembre 2013, n. 128, intervenendo sull’art. 1, della tariffa parte prima allegala al D.P.R. n. 131 del 1986, ha effettivamente modificato l’art. 1 introducendo una diversa definizione dei requisiti oggettivi delle case di abitazione, per il cui acquisto a titolo oneroso è possibile usufruire – in presenza delle condizioni di cui alla nota 2^ bis – di un’aliquota ridotta dell’imposta di registro, ancorandola solo alla categoria catastale. Ora, detta modifica, in forza alla quale l’aliquota ridotta è dovuta, ove ricorrano le condizioni di cui alla nota 2^-bis per “le case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9” non può trovare applicazione rispetto al caso qui all’esame della Corte – compravendita conclusa l’1.10.2007 – avendo l’innovazione legislativa efficacia a decorrere dall’1 gennaio 2014 – cfr. D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 10 comma 5: Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal 1 gennaio 2014.

Ciò tuttavia non impedisce alla disposizione anzidetta, che ha in definitiva agganciato l’esistenza del tributo a fatti diversi da quelli originariamente previsti in forza della normativa precedentemente in vigore, di spiegare effetti ai fini sanzionatori, posto che, proprio in ragione della disposizione sopravvenuta la condotta che prima integrano una violazione fiscale non integra più il presupposto per l’irrogazione della sanzione.

Ne consegue che in forza dell’art. 3 d.lgs. n. 472/1997, deve ritenersi estensibile in questa sede, posto che l’oggetto del contendere in questa fase era appunto rappresentato dall’esistenza della violazione, il principio del favor rei-cfr. Cass. n. 4616/2016, secondo la quale “in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3, che ha esteso il principio del “favor rei” anche al settore tributario, sancendone l’applicazione retroattiva, le più favorevoli norme sanzionatorie sopravvenute debbono essere applicate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, e quindi anche in sede di legittimità, all’unica condizione che il provvedimento sanzionatorio non sia divenuto definitivo: pertanto, qualora essendo in contestazione l’ “an” della violazione tributaria, sussista ancora controversia sulla debenza delle sanzioni, s’impone l’applicazione del più favorevole regime sanzionatorio sopravvenuto”.

Sulla base delle superiori considerazioni, ritenuto inammissibile il primo motivo di ricorsa il secondo deve essere accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR della Toscana anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c.

Dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Toscana anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.