in caso di accertamento su società a ristretta base proprietaria, è legittimo l’avviso di accertamento nei confronti del socio motivato per relationem sul PVC irrogato nei confronti della società
Con la sentenza n. 13094 del 24 giugno 2016 (ud. 10 giugno 2015) la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento del socio che rinvia per relationem a quello societario.
Il processo
Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che, rigettandone l’appello, ha confermato la fondatezza della pretesa avanzata con l’avviso di accertamento ai fini dell’IRPEF per il 1998, relativa all’imputazione degli utili accertati a carico della società a ristretta base azionaria.
Il giudice d’appello, ha osservato, con riguardo alla doglianza relativa alla mancata allegazione dell’avviso di accertamento riguardante la società di capitali partecipata all’atto impositivo impugnato, “che il contribuente, date le caratteristiche della società, era stato messo in condizione di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa, e che avrebbe potuto esercitare sulla base delle indicazioni contenute nell’avviso notificatogli, il proprio diritto di accesso agli atti, in base al principio generale relativo a tutti gli atti della pubblica amministrazione”.
Motivi della decisione
Per la Corte i motivi addotti dal contribuente, che denunciava, di fatto, l’omessa motivazione in ordine alla mancata conoscenza dell’atto impositivo emesso nei confronti della società, sono infondati.
Infatti, nell’accertamento delle imposte sui redditi, secondo il consolidato orientamento della Corte, “l’obbligo di porre il contribuente in condizione di conoscere le ragioni dalle quali deriva la pretesa fiscale, sancito dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, come modificato del D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, art. 1, è soddisfatto dall’avviso di accertamento dei redditi del socio che rinvia ‘per relationem’ a quella riguardante i redditi della società, ancorchè solo a quest’ultima notificato, in quanto, da un lato, l’obbligo di motivazione è assolto anche mediante il riferimento ad elementi di fatto offerti da atti nella conoscibilità del destinatario e, dall’altro, il socio, ex art. 2261 c.c., ha il potere di consultare la documentazione relativa alla società e, quindi, di prendere visione dell’accertamento presupposto e dei suoi documenti giustificativi” (Cass. nn. 5695 e 25296 del 2014, n. 8107 del 2002).
Breve nota
La sentenza che si annota appare particolarmente interessante perché se pur investe direttamente le rettifiche personali fondate sugli accertamenti a carico delle società di capitali a ristretta base azionaria1, è trasponibile per tutte le rettifiche che determinano i redditi personale per trasparenza, e in genere su tutte le rettifiche che operano un rinvio conoscibile.
Se con la sentenza n. 13254 del 26 giugno 2015 (ud. 11 febbraio 2015) la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento, motivato per relationem al Pvc, non allegato allo stesso ma solo reso “disponibile in visione” presso l’Ufficio accertatore (osserva la Corte che “negli avvisi era stato dato atto che il pvc era disponibile in visione integrale presso l’Ufficio”, e, successivamente, lo stesso Ufficio, nel costituirsi in primo grado, aveva prodotto la copia integrale del Pvc), con la sentenza che si annota la Suprema Corte di Cassazione legittima l’avviso di accertamento conoscibile.
Abbiamo già avuto modo di affermare che la motivazione degli atti impositivi serve a descrivere l’insieme delle argomentazioni su cui si fonda la pretesa dell’ufficio, al fine di rendere edotto il contribuente delle ragioni di fatto e di diritto su cui gli atti medesimi si fondano, informando, altresì, il destinatario dell’atto sulle ragioni di un provvedimento autoritativo, suscettibile di incidere unilateralmente nella sfera giuridica del destinatario, e che la stessa deve essere distinta dalla prova, che investe il processo.
Con detta sentenza la Corte supera il principio espresso precedentemente (sentenza n. 1825 del 28 gennaio 2010, ud. del 26 ottobre 2009) dove i massimi giudici avevano frenato sul concetto di conoscibilità, richiedendo di fatto che il contribuente sia effettivamente a conoscenza del Pvc, non bastando la mera conoscibilità che rischia di comprimere i tempi della difesa, non essendo sufficiente (come peraltro pure talvolta affermato: v. Cass., 17/1/1990, n. 4290; Cass., 17/1/1997, n. 4599) che il documento richiamato sia semplicemente conoscibile dal contribuente, a meno che esso non riguardi un atto compiuto alla sua presenza (ad esempio, il processo verbale di constatazione) o che sia stato a lui comunicato nei modi di legge (v. Cass. 25 maggio 2001, n. 7149).
15 settembre 2016
Gianfranco Antico
1 La legittimità della presunta distribuzione in capo ai soci degli utili non contabilizzati da parte delle società a ristretta base azionaria, che non abbia optato per il regime di trasparenza di cui all’art.116 del T.U. n. 917/86, è ormai consolidata, pur sé per le società di capitali, di norma, vige, ai fini tributari, la netta separazione tra la società e i singoli soci.