Debiti relativi all'azienda ceduta: dubbi giurisprudenziali

Segnaliamo che è stata rinviata alle Sezioni Unite di Cassazione la decisione sulla corretta interpretazione della norma che riguarda i debiti dell’azienda ceduta: il cedente e il cessionario sono o no obbligati solidali?

MASSIMA

cassazione reato indebita compensazioneCon l’ordinanza 8090 del 21 aprile 2016 viene rimessa al Primo Presidente per le valutazioni di sua competenza ai fini dell’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite l’interpretazione dell’art. 2560 c.c., intitolato “Debiti relativi all’azienda ceduta”

E’ infatti controverso se la norma preveda che le passività aziendali si trasferiscano, insieme all’azienda, in capo all’acquirente, quale obbligato in via principale; o se al contrario la responsabilità del cessionario sia solo accessoria rispetto a quella del cedente, che rimane obbligato principale.

 

CESSIONE D’AZIENDA – COMMENTO

Secondo una parte della dottrina e della Giurisprudenza minoritaria le passività aziendali si trasferiscono, insieme all’azienda, in capo all’acquirente, quale obbligato in via principale, perché, per quanto concerne i debiti anteriori all’alienazione, 1’art. 2560 c.c. prevede un loro accollo cumulativo ex lege all’acquirente, alla condizione che detti debiti risultino dai libri contabili obbligatori

Secondo altra parte della dottrina, supportata dalla Giurisprudenza prevalente, la previsione, al secondo comma dell’art. 2560 c.c., della solidarietà dell’acquirente dell’azienda nella obbligazione relativa al pagamento dei debiti dell’azienda ceduta è posta a tutela dei creditori, e non dell’alienante, non determinando alcun trasferimento della posizione debitoria sostanziale: il debitore effettivo rimane pur sempre colui cui è imputabile il fatto costitutivo del debito, cioè il cedente.

Quest’ultima impostazione, come obiettato dalla dottrina, stride con il fatto che se alla cessione dell’azienda non conseguisse il passaggio del debito nella titolarità del cessionario, l’ipotesi della liberazione dell’alienante che l’art. 2560, c. 1, c.c. prospetta in via generale, non e averbbe alcuna giustificazione.

La Corte, prende atto poi che la Giurisprudenza sembra tuttora orientata, come la dottrina più risalente, a considerare l’azienda, inclusiva non solo di beni materiali, ma di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi a essa pertinenti.

Nel caso esaminato, era previsto che società conferitaria subentrasse in tutte le situazioni risultanti dalle scritture contabili, per questo i Giudici di merito avevano considerato come rientranti anche “i debiti futuri” cioè quelli derivanti dall’esercizio dell’azione revocatoria di pagamenti già risultanti in contabilità.

La Corte, però, in ultima analisi, non può non rilevare che la Giurisprudenza prevalente ritiene che un tale effetto traslativo sia possibile solo nel caso di cessioni di aziende bancarie in applicazione dell’art. 58 D.lgs. n. 385 del 1993 (legge bancaria).

Pertanto, poiché come si legge in ordinanza non si comprende

“perché un analogo effetto traslativo non debba aversi anche per le cessioni delle altre aziende commerciali, almeno quando sia l’atto di cessione a includere espressamente, come nel caso in esame, ‘tutte le situazioni attive e passive quali risultanti dalle scritture contabili regolarmente tenute’” non può che chiedersi il rinvio della questione alle sezioni Unite.

7 maggio 2016

Valeria Nicoletti