Acquisto di pneumatici online: attenzione alle trappole IVA

l’acquisto di pneumatici tramite commercio elettronico può nascondere alcune problematiche IVA soprattutto se ci si imbatte in fornitori comunitari

Il fenomeno dell’acquisto online, cosiddetto commercio elettronico, è in continua espansione e sta interessando sempre più vaste gamme di prodotti. Ormai è possibile connettersi in rete e trovare qualsiasi cosa, un click ed è fatta.

Uno dei prodotti maggiormente “clikkati” sono i pneumatici.

L’alternativa della “rete” ai “tradizionali rivenditori” è solitamente il prezzo in alcuni casi particolarmente vantaggioso.

L’esperienza insegna però che quando i prezzi sono troppo “bassi” qualcosa in meno ci deve essere: o minor qualità e assistenza oppure qualche altro problemino, magari di carattere fiscale. Ad esempio prezzi ribassati di oltre il 20% potrebbero nascondere ad esempio la non applicazione dell’imposta sul valore aggiunto. Il problema di eventuali problematiche di evasione Iva è già stato discusso in rete, si veda ad esempio:

https://www.gomme-auto.it/euro-importazione-pneumatici-i-rischi

Quello delle frodi IVA è un fenomeno estremamente diffuso, sia in campo nazionale che internazionale, e che il più delle volte viene posto in essere per il tramite di società (o altri enti) appositamente create, il cui scopo è quello di porre in essere operazioni in danno dell’Erario per mezzo delle così dette “società cartiera”.

Il meccanismo è abbastanza semplice: soggetti si limitano a emettere fatture per operazioni inesistenti, consentendo al destinatario della fattura di detrarre l’IVA senza che la stessa venga versata.

Ad esempio ITA 1 operatore nazionale (cartiera) acquista da BE 1 fornitore comunitario.

L’acquisto risulta essere un’operazione intracomunitaria ai sensi del D.L. 331/1993, pertanto BE 1 emette fattura senza applicazione dell’imposta essendo per l’appunto onere dell’acquirente nazionale quello di procedere a integrare la fattura di acquisto, con applicazione dell’imposta e doppia registrazione in maniera tale da rispettare il requisito di neutralità dell’imposta.

Successivamente ITA 1 vende a ITA 2 a prezzi particolarmente convenienti. Le cessioni sono soggette ad IVA che però ITA 1 non verserà mai. ITA 2 detrarrà l’IVA sugli acquisti e applicherà l’IVA a debito sulle cessioni fatte con prezzi molto vantaggiosi per i motivi sopraesposti.

Altro escamotage che purtroppo a volte viene utilizzato è quello di “architettare” l’operazione sotto forma di triangolazione.

Ad esempio: SOCIETA’ ITA acquista da BE poi rivende lo stesso bene al privato italiano.

Questa operazione a seconda di come sono concordate le modalità di trasporto si presta a molteplici trattamenti fiscali.

A prescindere però dalle modalità di vendita la domanda da porsi è CHI PAGA L’IVA, o meglio chi rimane inciso dall’imposta?

Perché essendo un’imposta sui consumi una volta che il bene è consumato qualcuno la deve pagare e sopportare; il meccanismo dell’imposta che si chiama “imposta sul valore aggiunto” è tale che il soggetto che rimane effettivamente inciso dell’imposta sia il consumatore finale, ergo il privato.

Vediamo in dettaglio alcune ipotesi.

ITA acquista da BE poi rivende lo stesso bene al privato italiano e fa consegnare la merce direttamente da BE.

Poiché la merce arriva comunque in Italia in quanto BE consegna direttamente al privato, ITA effettua un acquisto intracomunitario con IVA in reverse charge, considera conclusa la vendita al privato italiano quando la merce si trovava ancora in territorio Belga, pertanto classifica l’operazione fuori campo ai IVA art. 7 bis DPR 633/72.

Se ci poniamo la domanda “ma in questo caso chi paga l’IVA?” La risposta è nessuno. Quindi sicuramente c’è qualcosa che non torna, non è possibile per il meccanismo stesso dell’IVA che ricordiamo è un’imposta europea sui consumi, che nessuno la paghi.

Tornando all’esempio sopra esposto ed entrando nel dettaglio della normativa, bisogna chiarire che è vero che se il bene al momento della cessione da parte dell’operatore italiano non si trova materialmente in Italia la relativa cessione per il Fisco italiano è un’operazione fuori campo IVA per mancanza del requisito territoriale, ma poiché l’IVA va comunque pagata da qualcuno, l’imposta andrà assolta nel paese comunitario in cui il bene si trovava al momento della vendita, ovvero in questo caso in Belgio.

Per adempiere a tale obbligo è previsto che ITA si identifichi direttamente in Belgio o provveda a nominare un rappresentante fiscale, praticamente dovrà munirsi di Partita IVA Belga, per poter far “pagare” l’IVA al privato italiano che acquista il bene in Belgio, perché ripetiamo l’IVA in una maniera o nell’altra dal privato va pagata.

Questa è una pratica che presta il fianco a diverse possibilità di evasione, in quanto il Fisco italiano potrebbe non riuscire a neutralizzare la mancata nomina del rappresentante fiscale all’estero non avendo nemmeno la giurisdizione per farlo. Si dovrebbe attivare una procedura internazionale con la collaborazione dello stato estero per poter richiedere che la normativa venga rispettata ma con tempi di solito molto lunghi e nel frattempo questi soggetti di solito “svaniscono”.

Chiaramente nel lasso di tempo in cui operano possono provocare diversi danni al mercato in termini di concorrenza sleale verso le imprese che invece operano correttamente provvedendo ad addebitare l’IVA al consumatore finale.

Dalla Corte di Giustizia Europea, competente a dirimere le cause inerenti l’IVA, sono state emanate in questi anni diverse sentenze in materia di queste tipologie di vendite che si possono anche definire “a catena”.

Citiamo tra tutte sentenza del 6 aprile 2006 causa C-245/04 (EMAG), 16 dicembre 2010 causa C-430/09 (Euro Tyre Holding), 27 dicembre 2012 causa C-587/10 (VSTR).

Il comune denominatore che si ricava dalle indicazioni rese dalla Corte di Giustizia è che a seconda delle modalità dell’organizzazione del trasporto in Italia si possono avere ad esempio le seguenti casistiche:

CESSIONE da BE a ITA con clausola franco destino, e CESSIONE da ITA a Privato Italiano con clausola franco destino.

Il trasporto dei beni in Italia è curato indifferentemente dal Cedente Belga o dall’Acquirente ITA operatorie economico.

La cessione da BE a ITA è considerata intracomunitaria, per cui ITA integrerà la fattura belga con l’IVA, la seconda cessione è considerata cessione interna pertanto verrà assoggettata ad IVA da ITA che sarà pagata dal Privato.

CESSIONE da BE a ITA con clausola franco partenza, e CESSIONE da ITA a Privato Italiano con clausola franco partenza.

Il trasporto dei beni in Italia è curato dal PRIVATO ITALIANO.

La prima cessione essendo conclusa in Belgio e non spedendo la merce né a cura del venditore né a cura dell’acquirente è considerata cessione interna in Belgio sconterà quindi l’IVA Belga.

La seconda cessione stante il trasporto a cura del cessionario privato è da assoggettare pure essa ad IVA in Belgio, in quanto la vendita non può essere considerata vendita a distanza ai sensi dell’articolo 40 commi 3 e 4 D.L. 331/93, previa identificazione in Belgio di ITA.

CESSIONE da BE a ITA con clausola franco partenza e CESSIONE da ITA a Privato Italiano con clausola franco destino, con trasporto in Italia curato da ITA.

La prima cessione si qualifica comunque come intracomunitaria, in quanto l’art.138 Par. 1 della Direttiva n. 2006/112/CE analogamente al corrispondente art. 41 comma 1 lett. A) del D.L. 331/1993 considera cessione intracomunitaria “le cessioni di beni, spediti o trasportati, fuori del loro territorio ma nella Comunità a destinazione dell’acquirente, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto….”

Pertanto anche se clausola è franco partenza la vendita beneficia della detassazione in Belgio (quindi si integra con IVA la fattura i Italia) in virtù della clausola franco destino che caratterizza la seconda cessione dei beni con trasporto in Italia, a prescindere da chi lo cura.

La seconda cessione sarà soggetta ad IVA in Italia.

A completamento della disanima si evidenzia che anche nel caso di importazioni da paesi extra UE, l’IVA sarebbe comunque dovuta in dogana in virtù dell’art. 1 del DPR 633/72 “L’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio d’imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate”.

Gli acquisti effettuati da privati direttamente a San Marino, stante l’assenza di dogana, sconteranno invece l’imposta monofase sammarinese.

2 novembre 2015

Roberto Pasquini