Le operazioni di rinegoziazioni dei mutui ed il parere del Revisore

nelle more della procedura affrontiamo la delicata questione delle operazioni di rinegoziazione dei mutui da parte degli enti locali proposte alle amministrazioni da Cassa Depositi e Prestiti

Affrontiamo la delicata questione delle operazioni di rinegoziazione dei mutui da parte degli enti locali proposte alle amministrazioni da Cassa Depositi e Prestiti.

Il comma 537 dell’articolo 1 della Legge n. 190/2014 (Legge di stabilità 2015) ha aperto infatti alla possibilità di rinegoziazione dei mutui concessi agli enti locali per una durata massima di trenta anni dalla data del loro perfezionamento. In ragione della disposizione la Cassa Depositi e Prestiti ha comunicato rispettivamente a Province e Città metropolitane (mediante la circolare n. 1282 del 15 aprile 2015) e ai Comuni (circolare n. 1283 del 28 aprile 2015) la propria disponibilità ad effettuare operazioni di rinegoziazione di finanziamenti concessi in passato a tali enti e già oggetto di precedenti programmi di rinegoziazione, attualmente in ammortamento, alle condizioni, nei termini e con le modalità qui sotto descritte.

Per i Comuni la Cassa Depositi e Prestiti presuppone che possano essere oggetto di rinegoziazione i contatti di mutuo dotati delle seguenti caratteristiche:

  1. prestiti ordinari a tasso fisso, variabile e flessibili intestati ai Comuni, ivi inclusi quelli trasferiti al Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi del decreto 5 dicembre 2003, adottato in attuazione del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269;

  2. con oneri interamente a carico del Comune beneficiario;

  3. in ammortamento al 1 ° gennaio 2015, con debito residuo a tale data pari o superiore a 10.000,00 euro;

  4. oggetto di precedenti operazioni di rinegoziazione, ad esclusione di quelli di cui al successivo punto I;

  5. aventi scadenza del piano di ammortamento successiva al 31 dicembre 2019.

I prestiti così rinegoziati avranno invece le seguenti caratteristiche:

  • scadenza, a scelta dell’Ente, al 30 giugno degli anni 2025, 2030, 2035, 2040 o al 31 dicembre 2044;

  • tasso di interesse fisso, in funzione della scadenza prescelta e secondo il principio dell’equivalenza finanziaria, sulla base delle condizioni di mercato vigenti al momento dell’adesione impiegando i fattori di sconto utilizzati per la determinazione dei tassi settimanali della CDP per i prestiti ordinari concessi agli enti locali;

  • rate semestrali, la prima delle quali in scadenza al 30 giugno 2015, pari alla sola quota interessi del piano di ammortamento attualmente vigente. Le successive rate, a partire dal 31 dicembre 2015, in scadenza al 30 giugno ed al 31 dicembre di ogni anno, saranno di importo costante, comprensive di quota capitale e quota interessi;

  • garanzia costituita da delegazione di pagamento irrevocabile e pro solvendo a valere sulle entrate afferenti ai primi tre titoli del bilancio, ex articolo 206 del TUEL;

  • clausole di rimborso anticipato volontario dei prestiti, interessi di mora e risoluzione adeguate a quelle attualmente adottate nei contratti dei prestiti ordinari a tasso fisso concessi agli enti locali.

La circolare n. 1283 delinea l’intera procedura che gli enti interessati alla procedura di rinegoziazione sono tenuti a seguire. Il buon esito della procedura non può ovviamente prescindere dalla presentazione alla Cassa Depositi e Prestiti della documentazione richiesta, costituita da:

  • la proposta contrattuale irrevocabile di rinegoziazione dei Prestiti Originari (codice 02/24.00/001.00)

  • la delegazione di pagamento relativa a ciascun Prestito Rinegoziato, generata dall’Applicativo messo a disposizione degli enti, completa della relata di notifica del tesoriere dell’Ente

  • la determinazione a contrattare, nella quale devono essere indicati gli estremi della delibera di consiglio che approva l’operazione di rinegoziazione, esecutiva a tutti gli effetti di legge, e della delibera di approvazione del bilancio di previsione o relativa variazione. La citata determinazione deve essere altresì munita dei parerei di regolarità tecnica e contabile di cui all’articolo 147-bis del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000) nonché del visto di regolarità contabile di cui all’articolo 183 del TUEL;

  • il modulo per l’attestazione dei poteri di firma del sottoscrittore

La stessa circolare n. 1283 della Cassa Depositi Prestiti riportava due importanti limitazioni, determinate dalla legislazione vigente, che di fatto determinavano una contrazione rilevante della platea degli enti potenzialmente interessati alle operazioni di rinegoziazione.

Innanzitutto si permetteva l’accesso alla procedura ai soli enti che avessero già approvato il bilancio di previsione relativo all’esercizio 2015. Il bilancio di previsione o la relativa delibera di variazione dovevano oltretutto tenere in considerazione gli effetti finanziari di tale operazione. Di fatto rimanevano esclusi dalla possibilità di accedere a queste operazioni tutti gli enti ad oggi ancora in regime di esercizio provvisorio. Si tratta di un numero assai cospicuo di enti, ai quali successivi provvedimenti del Governo e del legislatore (in ultimo di D.M. del Ministero dell’Interno del 13 maggio 2015) hanno progressivamente accordato proroghe del termine ultimo di approvazione del bilancio di previsione per l’anno 2015 al prossimo 30 luglio 2015.

Il secondo elemento che inizialmente aveva limitato l’interesse dei Comuni per queste operazione era dato dal fatto che in base ai principi recati dall’articolo 119 della Costituzione, le economie derivanti dal minore esborso annuale in linea capitale, conseguente alla rinegoziazione del debito, devono essere destinate dagli enti alla copertura di spese di investimento o alla riduzione del debito in essere. Questo vincolo potrebbe rendere difficoltoso lo sfruttamento delle maggiori risorse che nei primi anni queste operazioni assicurano in termini di risparmi sull’importo del rate di ammortamento dei mutui ai Comuni, specie nei casi in cui gli obiettivi di Patto di stabilità assegnati alle amministrazioni non permettessero di espandere in termini di cassa le spese in conto capitale.

Questi due importanti ostacoli dovrebbero tuttavia venir meno per effetto degli interventi legislativi concordati fra il Governo e gli enti locali nei mesi scorsi, che dovrebbero essere accolti nel testo di un nuovo “Decreto Enti locali”, che da diverse settimane è in predicato di essere approvato in Consiglio dei Ministri, ma che ad oggi ancora non ha visto la luce.

Il reiterato allungamento dei termini di adozione del D.L. ha costretto all’intervento il sottosegretario agli Affari Regionali, che in due successive note ha invitato i Comuni che sono ancora in esercizio provvisorio e che vogliono rinegoziare i loro mutui con Cassa depositi e prestiti a portare comunque avanti la procedura e ad inviare le delibere alla Cassa entro venerdì 12 giugno 2015, anche nelle more dell’approvazione del “Decreto Enti locali” chiamato a dare copertura normativa all’operazione. Allo stesso modo il presidente dell’Anci Piero Fassino ha inviato una comunicazione a tutti i sindaci ribadendo agli enti interessate alla rinegoziazione l’urgenza di «ad adottare la delibera di Consiglio che autorizza il responsabile a contrarre». L’attenzione di Governo e ANCI si spiega con il valore “strategico” dell’operazione, che non riporta i vecchi mutui ai bassi tassi attuali ma in ogni caso, secondo i calcoli di Cassa depositi e prestiti, potrebbe liberare fino a due miliardi in tre anni per nuovi investimenti.

Le bozze non ufficiali del Decreto dovrebbero inoltre annoverare anche la facoltà per i Comuni di derogare ai vincoli generali di destinazione, potendo così utilizzare, per il solo 2015, anche i risparmi in linea capitale derivanti dalla rinegoziazione, senza vincolarli alle spese di investimento o alla riduzione del debito.

In attesa di conoscere il testo definitivo del Decreto diversi enti si stanno muovendo per produrre la delibera consiliare con la quale autorizzare il Responsabile del Servizio finanziario all’effettuazione delle attività utili all’adempimento ed alla conclusione dell’operazione di rinegoziazione secondo le modalità indicate dalla Cassa Depositi e Prestiti ai sensi della Circolare n. 1283 del 28 aprile 2015.

La proposta di delibera deve essere oggetto di un apposito parere da parte dell’Organo di revisione dell’ente. A riguardo si richiama il disposto dell’articolo 239, comma 1, del TUEL, in cui si stabilisce che fra le funzioni attribuite al Revisore vi sia un’attività di collaborazione con l’organo consiliare secondo le disposizioni dello statuto e del regolamento. Il Revisore è altresì tenuto a rendere pareri in materia di ricorso all’indebitamento da parte dell’ente.

Ai fini della predisposizione del parere il Revisore deve richiedere al Responsabile del servizio finanziario dell’ente e sottoporre ad un proprio esame le proposte di rinegoziazione elaborate dall’applicativo on line della Cassa Depositi e Prestiti, nelle quali compare l’elenco dei mutui dell’ente potenzialmente rinegoziabili, il valore del debito residuo del prestito originario, il tasso di interesse fisso del prestito originario, la durata residua del prestito originario, la rata semestrale complessiva del prestito originario, il tasso d’interesse fisso del prestito rinegoziato, la durata residua del prestito rinegoziato e la rata semestrale complessiva del prestito rinegoziato.

Le attività di verifica del Revisore presuppongono innanzitutto una sintetica analisi della situazione debitoria dell’ente, volta ad accertare il rispetto da parte dell’amministrazione del limite di indebitamento stabilito dall’articolo 204 del TUEL.

Ulteriori valutazioni devono essere inoltre effettuate dal Revisore in merito all’opportunità dell’operazione di rinegoziazione scelta dall’ente. Occorre tenere presente che simili operazioni di rinegoziazione proposte dalla Cassa DDPP si sostanziano di fatto in un allungamento della vita dei mutui in essere, con una riduzione degli importi delle rate di ammortamento fino ad una determinata epoca che determina così maggiore liquidità nelle casse dell’ente. Dal punto di vista meramente economico verrebbe spontaneo affermare che l’operazione complessivamente genera comunque maggiori costi determinati dagli interessi che vengono calcolati per un arco temporale più lungo. Il Revisore tuttavia, per determinare l’effettiva convenienza della rinegoziazione, deve ricorrere all’applicazione di formule matematiche che consentano di verificare che il tasso applicato garantisca l’equivalenza finanziaria, per ogni singola posizione, dei mutui interessati all’eventuale rinegoziazione. A tal fine la Cassa Depositi e Prestiti nelle informazioni fornite per la rimodulazione del debito dichiara che al “nuovo prestito” verrà applicato un «tasso fisso determinato, in funzione della durata prescelta e secondo il principio dell’equivalenza finanziaria, sulla base delle condizioni di mercato vigenti durante il periodo di adesione». Viene poi specificato che il tasso realizza l’equivalenza finanziaria tra il valore attuale netto originario (flussi ante) e il valore attuale netto rinegoziato (flussi post). Eseguendo pertanto simulazioni delle proposte di rinegoziazione con i mutui dell’ente interessati all’operazione, raffrontando le sue rate con quelle che ne deriverebbero dal nuovo piano di ammortamento ed applicando la formula del valore attuale di una rendita ad una determinata epoca, la somma delle singole rendite attualizzate dovrebbe risultare uguale.

Cassa Depositi e Prestiti offre ai Comuni diverse opzioni di rinegoziazione dei mutui che differiscono a seconda della durata del periodo di ammortamento del nuovo mutuo. Quindi, oltre alla convenienza economica della operazione, il Revisore è chiamato ad offrire all’ente la propria valutazione su quale delle soluzioni di rinegoziazione offerte da Cassa Depositi a Prestiti può essere valutata la soluzione più opportuna per l’amministrazione dal punto di vista finanziario. Optando per pagamenti di rate annue più alte, si riduce il periodo di ammortamento del mutuo in pochi anni, liberando il bilancio da questi oneri in tempi rapidi. Viceversa scegliendo di pagare una rata annua più contenuta, si possono ottenere significativi risparmi di risorse nei primi anni “condizionando” tuttavia i bilanci dell’ente per un lungo periodo di tempo. Teoricamente sarebbe preferibile consigliare all’ente la scelta di rinegoziazione dei mutui per un periodo di tempo non troppo lungo.

Nel fare le proprie valutazioni circa l’opportunità della rinegoziazione, ed in particolare circa la durata del nuovo mutuo, l’ente dovrà anche tenere conto che, in linea di massima, un principio economico da rispettare è quello in base alla quale la durata dell’ammortamento di un mutuo, non dovrebbe superare la durata del bene che è stato finanziato con il mutuo in questione.

L’Organo di revisione (e gli uffici dell’ente competenti) dovrebbero inoltre effettuare una valutazione di convenienza dell’operazione operando un confronto con l’alternativa operazione di estinzione anticipata dei mutui in essere con contestuale accensione di un nuovo mutuo di importo pari al loro ammontare. Va detto che questa alternativa, resa teoricamente più conveniente a seguito della pronunciata contrazione dei tassi di interesse applicati ai mutui verificatasi nel corso degli ultimi anni, è di fatto disincentivata dalla presenza in molti contratti di mutuo di importanti percentuali di penale a carico dell’amministrazione in caso di estinzione anticipata dei prestiti.

Va peraltro tenuto presente che la stessa Corte dei Conti mette in guardia gli enti (e quindi anche i Revisori) da scelte troppo “disinvolte” in tema di rinegoziazioni. È oramai consolidato l’orientamento espresso, fra le altre, dalla Sezione Piemonte della Corte dei conti nella Deliberazione n. 221/2011, in base al quale si sottolinea che «la rinegoziazione di mutui in ammortamento ha un duplice e contrastante effetto: da un lato determina un vantaggio immediato, consistente nella riduzione della spesa annuale per il rimborso delle rate in ammortamento, dall’altro determina un aumento della spesa complessiva per interessi in conseguenza della maggior durata dell’indebitamento ed un irrigidimento dei bilanci futuri. Ciò comporta che il vantaggio derivante dalla rinegoziazione non può essere solo quello derivante dalla differenza fra l’attualizzazione dei flussi dei pagamenti della passività originaria e quelli della nuova passività, ma, in conformità ai principi di sana gestione finanziaria, deve consistere in una valutazione finanziaria ed economica della complessiva situazione dell’ente, in relazione non solo ai dati finanziari attualizzati dell’operazione, ma anche ai rischi che l’ente locale assume con la nuova operazione di indebitamento, ed all’allungamento della durata del debito, che vincola l’attività futura dell’Amministrazione».

Appare utile richiamare in questa sede anche la Delibera n. 77/2008 adottata dalla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Liguria, nella quale si afferma che la diminuzione delle rate di ammortamento, non può essere considerato un “risparmio” in conseguenza del quale procedere automaticamente ad incrementare la spesa corrente. In ragione delle conclusioni adottate nella Delibera si deduce l’opportunità per l’ente che rinegozia i mutui, di individuare la differenza tra vecchia rata e nuova rata e di destinare una quota delle entrate correnti di pari importo al finanziamento di spese di investimento. Comunque, per garantire gli equilibri di bilancio nel suo complesso, la scelta suggerita dalla Corte potrà dare luogo, sulla base di valutazioni effettuate dai singoli enti, alla destinazione di una quota maggiore dell’avanzo di amministrazione disponibile al finanziamento di spesa corrente, oppure, ad un uso di una percentuale più alta della destinazione degli oneri di urbanizzazione al finanziamento delle spese correnti. Ciò proprio per compensare l’accantonamento suggerito dalla Corte.

Va ad ogni modo ribadito che nelle more della pubblicazione del citato Decreto Enti locali, le amministrazioni locali a legislazione vigente potrebbero non avere i requisiti (perché in esercizio provvisorio) o l’interesse (per i suddetti vincoli di destinazione dei risparmi) per accedere alle operazioni di rinegoziazione presentata dalla circolare n. 1283 di Cassa Depositi e Prestiti. Gli enti stanno cercando di superare questa empasse adottando delibere in cui, richiamando il contenuto delle note dal sottosegretario per gli Affari Regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri e delle comunicazioni di Cassa Depositi Prestiti e dell’ANCI, subordinano l’effettiva approvazione dell’operazione di rinegoziazione alla emanazione in tempi utili del Decreto Enti Locali, contenente le anticipate disposizioni atte a rimuovere i limiti di accesso alla procedura agli enti in esercizio provvisorio e/o i vincoli alle modalità di utilizzo dei risparmi evidenziati dall’operazione in particolare quelli dell’anno 2015.

L’Organo di Revisione può perciò esprimere parere favorevole in merito a proposte di Delibere di Consiglio così impostate, tutt’al più formulando alcune raccomandazioni riguardo ad un’attenta valutazione da parte degli organi competenti sull’effettiva convenienza dell’operazione. È oltre modo ovvio che questo parere, che riguarda un’operazione di sicuro e rilevante impatto sull’assetto finanziario dell’ente, debba essere necessariamente preceduto dall’effettuazione da parte del Revisore di tutte le attività di valutazione sopra descritte.

12 giugno 2015

Fabio Federici