I riflessi fiscali della correzione degli errori in bilancio

l’esercizio di competenza civile e fiscale non sempre coincidono e ciò determina la ricorrenza di errori di imputazione temporale dei componenti positivi e negativi: nella redazione del bilancio occorre tenere conto dei principi contabili della competenza e della prudenza mentre ai fini fiscale l’esatta imputazione temporale è regolata tassativamente dall’articolo 109 del TUIR; quando il contribuente rileva un errore contabile ha diritto di correggere la dichiarazione relativa al periodo in cui avrebbe dovuto imputare il costo/ricavo

PREMESSA

Le regole sull’imputazione temporale dei componenti di reddito, dettate in via generale dall’articolo 109 del TUIR, sono tassative ed inderogabili, non essendo consentito al contribuente di ascrivere a proprio piacimento un componente positivo o negativo del reddito ad un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come esercizio di competenza (Sent. Cass 1° giugno 2012 n. 8822 – Cass. N. 26665 del 18 dicembre 2009 – Cass. N. 4297 del 23 febbraio 2010)

La dichiarazione dei redditi del contribuente affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione, alla luce del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, nel testo applicabile ratione temporis, e’ – in linea di principio – emendabile e ritrattabile quando, dalla medesima, possa derivare l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi, diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico.

La dichiarazione dei redditi, invero, non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti e costituisce un momento dell’iter procedimentale volto all’accertamento dell’obbligazione tributaria.

Un sistema legislativo che intendesse negare in radice la rettificabilità della dichiarazione darebbe luogo a un prelievo fiscale indebito e, pertanto, non compatibile con i principi costituzionali della capacità contributiva (articolo 53 Cost., comma 1) e dell’oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (articolo 97 Cost., comma 1): cfr., ex plurimis, Cass., Sez. un., nn. 15063 e 17394 del 2002, seguite da Cass. nn. 8153 del 200,3, 4238 e 12791 del 2004, 22021 del 2006, 5738 del 2007).

E’ sulla base di tali principi di derivazione giurisprudenziale che si devono esaminare gli effetti fiscali della rilevazione, in bilancio, di errori contabili.

Il principio consolidato in giurisprudenza infatti, da un lato, afferma che il contribuente non possa essere lasciato arbitro della scelta del periodo in cui imputare componenti negativi e positivi di reddito, stante la tassatività della disposizione di cui all’articolo 109 del TUIR, dall’altro, consente di correggere sempre un errore di registrazione che comporta la erronea determinazione, con riferimento ad un determinato periodo di imposta, del reddito imponibile.

In altri termini: se nell’esercizio X+1 è rilevato un costo di competenza dell’esercizio X, il contribuente non potrà dedurre il costo nel periodo di rilevazione (X+1) ma ha sempre la possibilità di correggere il reddito imponibile del periodo di imposta di corretta imputazione temporale del costo (X) mediante la rettifica della relativa dichiarazione.

Per l’applicazione del medesimo principio, l’agenzia delle entrate ha il potere/dovere di correggere la base imponibile di un esercizio quando, nell’ambito delle attività di controllo: incroci un componente negativo rilevato nell’anno X+1 ma di competenza dell’anno X dovendo però attendersi, in applicazione dei principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53 Cost.) e dell’oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost), l’attuazione di una rettifica, sia con riferimento all’annualità in cui è riscontrato l’errore contabile, sia con riferimento all’annualità di corretta imputazione del componente negativo di reddito.

PRINCIPIO CONTABILE 29

Un errore consiste, nella impropria o mancata applicazione di un principio contabile se, al momento in cui viene commesso, le informazioni e i dati necessari per la sua corretta applicazione sono disponibili. Possono verificarsi errori a causa di errori matematici, di erronee interpretazioni di fatti, di negligenza nel raccogliere tutte le informazioni ed i dati disponibili per un corretto trattamento contabile.

Questa è la definizione di errore contabile fornita dal PC 29 nel paragrafo 42, sulla base della quale, si devono escludere dal comparto degli errori contabili le rilevazioni necessarie e derivate da cambiamenti di stima ovvero da cambiamenti nell’applicazione dei principi contabili.

Il riferimento alla impropria o mancata applicazione di un principio contabile, quale fonte di riferimento per la rilevazione dell’errore contabile, apre l’ambito oggettivo di applicazione del principio contabile ad orizzonti molto ampi; errori possono quindi consistere nella errata applicazione del principio di prudenza, nel principio di corretta valutazione dei crediti, nel principio di contabilizzazione delle rimanenze e dei cespiti, nel principio di continuità, nel principio di competenza etc…

Non vi è tuttavia dubbio che il caso di maggior rilevanza consiste nella rilevazione di componenti di reddito relativi ad esercizi precedenti (errata applicazione del principio di competenza).

Nel paragrafo 46 del PC 29 è precisato che: la correzione degli errori si effettua rettificando la voce patrimoniale che a suo tempo fu interessata dall’errore, imputando la correzione al conto economico dell’esercizio in corso, alla voce E) Proventi ed oneri straordinari (E20 e E21), creando la sottovoce “componenti di reddito relativi ad esercizi precedenti”.

Il principio contabile 12 paragrafo 10.5 lettera e), rubricato “componenti di reddito relativi ad esercizi precedenti”, precisa che nella voce in rassegna devono essere registrati gli elementi derivanti dalle seguenti situazioni:

  1. Rettifiche di costi e di ricavi di precedenti esercizi per omesse o errate registrazioni contabili;

  2. Rettifiche di costi e ricavi di precedenti esercizi per errori di rilevazione di fatti gestionali ed in particolare per l’applicazione di principi contabili non corretti (ad esempio omissione di accantonamenti, erronea capitalizzazione di costi ec..);

  3. Rettifiche di costi e ricavi per sconti, abbuoni, resi o premi relativi ad acquisti e vendite di precedenti esercizi;

  4. Contributi in conto capitale, per le quote pregresse relative a precedenti esercizi.

Per quanto al momento di rilevazione, l’errore dovrà essere registrato con riferimento al momento in cui si individua una non corretta rappresentazione qualitativa e/o quantitativa di un dato di bilancio e/o di un’informazione fornita in nota integrativa e nel contempo sono disponibili le informazioni ed i dati per il suo corretto trattamento.

Gli errori di rilevazioni contabili a cui si riferisce il PC 29 (e a cui ci si riferisce nel presente documento) sono quelli riconducibili alle situazioni di cui alle precedenti lettere a) e b) che in genere non esprimono alcuna rilevanza fiscale del componente straordinario rilevato per assenza dei requisiti di competenza fiscale indicati nell’articolo 109 co. 1 del TUIR.

IL PRINCIPIO DI COMPETENZA E DI PRUDENZA

Nella redazione del bilancio, ai sensi del numero 3 del comma 1 dell’articolo 2423-Bis, si deve tenere conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data di incasso o del pagamento.

Ai sensi del numero 4 del comma 1 del medesimo articolo, nella redazione del Bilancio si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo ma ovviamente prima della data di formazione del Bilancio da parte dell’organo amministrativo.

Tale ultima disposizione si riferisce ai soli componenti negativi e stabilisce che nella redazione del bilancio dovranno essere imputanti anche gli oneri presunti (i rischi sono infatti componenti negativi che non sono certi nell’esistenza) la cui valorizzazione è fattibile anche in ragione di elementi conosciuti dopo la chiusura dell’esercizio.

In merito si segnala che al paragrafo 56 del PC12 è precisato che, sono imputati alla voce B6) così come alle successive B7 e B8, non solo i costi di importo certo, risultanti, ad esempio, da fatture ricevute dai fornitori, ma anche quelle di importo stimato non ancora documentato, per i quali sono stati effettuati degli appositi accertamenti. Come noto, nelle successive voci (B12, B13, B10 per esempio) devono poi essere rilevati componenti negativi derivanti da processi di valutazione non riconducibili ad accadimenti certi e a fatti completamente formati.

Con riferimento ai componenti positivi si deve tenere conto della disposizione del numero 2 del primo comma dell’articolo 2423-Bis del c.c., espressione del principio di prudenza, la quale prevede che: “si possono indicare esclusivamente utili realizzati alla data di chiusura” (non posso tenere conto degli utili solo potenziali alla data di chiusura – solo gli utili certi alla data di chiusura dell’esercizio devono essere imputati al conto economico).

Per quanto sopra emerge che, ai sensi del codice civile, i proventi e gli oneri devono essere rilevati sempre per competenza economica, tenendo conto anche dei rischi e delle perdite correlate ad eventi avvenuti entro la data di bilancio ancorché conosciuti successivamente a tale momento.

Ne deriva che in applicazione dei principi esposti:

  • I componenti negativi devono essere rilevati anche se presunti;

  • I componenti positivi devono essere rilevati unicamente se realizzati.

Il principio contabile 11 afferma che, l’effetto delle operazioni e degli altri eventi deve essere rilevato contabilmente ed attribuito all’esercizio al quale tali operazioni ed eventi si riferiscono e non a quello in cui si concretizzano i relativi movimenti di numerario.

La determinazione del reddito di esercizio implica un procedimento di identificazione, misurazione e di correlazione di ricavi e costi riferiti ad un esercizio.

Il principio di competenza si fonda sul corollario della Correlazione secondo il quale, come regola generale di base, prima devono essere determinati i ricavi e successivamente, per correlazione, i relativi costi (PC11).

IL PRINCIPIO DI COMPETENZA FISCALE

Il comma 1 dell’articolo 109 del TUIR prevede che:

I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme … non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito di esercizio nell’esercizio di competenza” (civilistica); tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni.”

La norma impone di risolvere alcune questioni e tra le altre:

  • Contestuale sussistenza delle condizioni di certezza e obiettiva determinabilità e la deroga al principio di competenza civile;

  • I concetti di certezza e obiettiva determinabilità.

DEROGA AL PRINCIPIO DI COMPENTENZA CIVILE

La coniugazione “o” significa che il ricavo o costo che alla data di bilancio dell’esercizio di competenza non sia certo ovvero non sia determinabile non concorre alla formazione del reddito imponibile. In altri termini, i componenti di reddito positivi o negativi concorrono alla formazione del reddito imponibile nell’esercizio di competenza se contestualmente e contemporaneamente in tale esercizio, con riferimento alla data di bilancio, siano “certi nell’esistenza” e siano “determinabili obbiettivamente”.

La dottrina prevalente ritiene che: “se i requisiti della certezza o della obiettiva determinabilità mancano nell’esercizio di competenza (alla data di chiusura del bilancio), allora i relativi ricavi, spese e componenti positivi e negativi di reddito devono concorrere a formare il reddito imponibile nell’esercizio in cui tali condizioni si verificano (cioè nell’esercizio che non può che essere diverso e successivo rispetto a quello di competenza civilistica).”

Non vi è dubbio che il primo comma dell’articolo 109 del TUIR esprime una deroga al postulato della competenza civile richiedendo un quid pluris al componente economico, quello della riconducibilità a fatti e circostanze che attribuiscano allo stesso la certezza nell’esistenza (l’an) e la reale possibilità di traduzione in espressione numerica dell’accadimento stesso (il quantum).

Tale deroga, opera quindi una distinzione nella determinazione del reddito, civile e fiscale, con riferimento a quei componenti che devono essere rilevati nella formazione del bilancio in ragione delle valutazioni riconducibili ai rischi e alle perdite relativi ad accadimenti non certi e non obbiettivamente determinabili ma solo stimabili.

Va fatta quindi una distinzione tra componenti positivi e negativi di reddito.

Funzionamento della deroga per i Componenti positivi di reddito

Il principio di prudenza, prescritto dalle norme civili di redazione del bilancio, impone la rilevazione dei soli utili realizzati; ciò implica l’impossibilità di iscrivere utili semplicemente stimati; ne deriva che: i ricavi e i proventi che possono essere rilevati in bilancio devono, con riferimento alla data di chiusura dell’esercizio, essere riconducibili a fenomeni aziendali definitamente formati e traducibili in espressione numerica, anche se queste condizioni siano espressione di eventi intervenuti successivamente alla data di bilancio (eventi successivi alla data di bilancio); in altri termini: i ricavi rilevabili in bilancio devono essere riconducibili a proventi realizzati. Tali criteri di rilevazione tendono a coincidere con quelli indicati nel primo comma dell’articolo 109 del TUIR. Appare infatti che la deroga del secondo periodo del primo comma dell’articolo 109 del TUIR non trovi gravi zone di applicazione con riferimento ai componenti positivi di reddito di derivazione civile; Tuttavia si deve rilevare che, un componente positivo di reddito potrebbe acquisire i requisiti prescritti per la rilevazione in bilancio a seguito di un accadimento intervenuto nell’anno successivo a quello di riferimento. Si pensi alla liquidazione dell’indennizzo dell’assicurazione, avvenuta nell’esercizio n+1 in relazione ad un danno registrato nell’anno n. In tal caso se alla data di bilancio (anno N) risulta sussistente il diritto al risarcimento, la liquidazione del danno avvenuta nell’anno successivo (N+1) determina la rilevazione in bilancio del provento nell’anno N. Tale provento, poiché non obiettivamente determinabile alla data di bilancio, non assume rilevanza fiscale in tale periodo ai sensi del primo comma dell’articolo 109 del TUIR per carenza della condizione di obiettiva determinabilità (si vedano esempi nel successivo paragrafo). Quindi, mentre per la redazione del bilancio i proventi devono essere certi e determinabili alla data di bilancio anche per espressione di accadimenti successivi a tale data, per le norme fiscali la rilevanza è subordinata alla esistenza di tali condizioni alla data di chiusura dell’esercizio. Ne deriva che, per fare un altro esempio, la realizzazione di un provento derivante da una causa in pendenza alla data di bilancio, definita nei primi mesi dell’anno successivo, assume rilevanza civile nel bilancio d’esercizio precedente mentre, ai fini fiscali, concorre alla formazione del reddito imponibile solo nell’esercizio di definizione, periodo in cui matura la certezza dell’esistenza e la obbiettiva determinabilità.

Funzionamento della deroga per i Componenti negativi

Il principio di prudenza implica la rilevazione non solo dei componenti negativi riconducibili ad accadimenti aziendali definitivamente formati e obbiettivamente misurabili ma anche la rilevazione di perdite e rischi riconducibili ad accadimenti solo presunti e probabili che alla data di chiusura dell’esercizio siano indeterminati o nell’ammontare o nella data di sopravvenienza. Nella determinazione del reddito fiscale, quale regola generale, la deducibilità di componenti negativi derivanti da procedimenti di valutazione elaborati dal redattore non è ammessa. E’ quindi con riferimento ai costi derivanti dai processi di valutazione non suffragati da fatti adeguatamente e idoneamente rappresentativi della certezza della sussistenza dello stesso e della sua oggettiva misurabilità che trova, con maggiore ricorrenza, applicazione l’articolo 109 del TUIR il quale, di fatto, ne nega la rilevanza fiscale.

Va osservato che, la deroga del secondo periodo del primo comma dell’articolo 109 del TUIR, non opera specificatamente con riferimento agli eventi accaduti dopo la data di bilancio. Se l’accadimento intervenuto dopo la data di bilancio esprime in modo certo e determinabile una situazione già esistente alla medesima data, il componente economico deve essere rilevato nell’esercizio di riferimento da indentificarsi secondo le regole civilistiche. Per tale ipotesi l’accadimento intervenuto dopo la data di bilancio si traduce in sostanza in un veicolo di conoscenza di un fatto, espressivo di componente economico, già esistente e determinabile alla data di bilancio.

I CONCETTI DI CERTEZZA E OBBIETTIVA DETERMINABILITÀ

Tanto preliminarmente precisato, occorre rilevare che, il requisito della certezza a cui fa riferimento l’articolo 109 del TUIR, non deve essere inteso in senso strettamente giuridico ma in senso economico, tenendo conto delle tecniche aziendali di individuazione del momento in cui i ricavi e i costi si considerano definitivamente formati.

Il requisito della determinabilità si riferisce, invece, al concetto di valutazione economico-estimativa fatta non con criteri soggettivi ma con criteri suffragati da elementi oggettivi. Un componente si definisce determinabile obbiettivamente se riconducibile ad un accadimento traducibile in espressione numerica. Tali condizioni dovranno essere verificate con riferimento alla data di bilancio.

Certo è quindi il costo la cui esistenza si sia effettivamente verificata nell’esercizio di competenza mentre determinabile è il costo di cui, al medesimo tempo, si conoscono esattamente l’importo o le modalità di determinazione in quanto obbiettivamente accertato e desumibile da documenti formati.

ATTENZIONE:

    • un componente di reddito è certo quando è riconducibile ad un accadimento aziendale che secondo le tecniche aziendali e la scienza economica deve ritenersi definitivamente formato, tale requisito sussiste solo quando si è verificato il relativo presupposto di fatto o di diritto;

    • Un compomente di reddito è obbiettivamente misurabile quando, in adozione alle scienze economiche, sia riconducibile ad un accadimento aziendale che sia suscettibile di essere tradotto in una espressione numerica, nel senso che l’elemento reddituale deve risultare da atti o da documenti probatori che consentono la necessaria quantificazione.

ATTENZIONE: NON SONO COMPONENTI CERTI E DETERMINABILI QUELLI RICONDUCIBILI A VALUTAZIONI PREVISIONALI O PROBABILISTICHE, QUALI GLI ACCANTONAMENTI PER RISCHI CHE SONO ACCESI A FRONTE DI RISCHI FUTURI

E’ quindi il fatto, l’accadimento e la circostanza fattuale a cui è riconducibile il componente economico di esercizio, ad attribuire rilevanza fiscale. In altri termini: i costi (ed anche i proventi) sono rilevanti fiscalmente se riconducibili a fatti definitivamente formati nell’esercizio, espressivi di una valorizzazione oggettiva in adozione delle tecniche della scienza economica.

La prova della sussistenza del fatto può essere diretta ma anche indiretta e, in tal caso, deve essere il frutto di deduzioni fondate su criteri e secondo parametri di attendibilità elevata.

Non rileva, quindi, il momento in cui il contribuente viene a conoscenza del verificarsi delle condizioni prescritte, ma il momento in cui tali condizioni in concreto si verificano e si realizzano i presupposti di certezza e obbiettiva determinabilità.

La distinzione in altri termini sta quindi tra i costi o ricavi certi o determinabili e i costi o ricavi solo prevedibili o probabili, indeterminati o nell’ammontare o nella data di sopravvenienza.

ESEMPI

Il caso di scuola è quello della liquidazione assicurativa del danno subito, laddove la liquidazione del danno, verificatosi nell’esercizio precedente, avviene nei primi giorni del nuovo anno.

Ferma restando la certezza circa la spettanza dell’indennizzo alla data di bilancio, qualora la determinazione del quantum si sia verificata nell’esercizio successivo (al momento della liquidazione) allora tale componente assume:

  • competenza civilistica nell’esercizio precedente in quanto la liquidazione del danno, per quanto sopra espresso, è evento avvenuto dopo la chiusura dell’esercizio ma prima della predisposizione del Bilancio (o comunque prima dell’approvazione del bilancio);

  • Ai fini fiscali l’indennizzo concorrerà alla formazione del reddito imponibile nel periodo di imposta successivo, in quanto componente positivo riconducibile ad un evento certo nell’esistenza ma non determinabile alla data di bilancio.

Un esempio più critico a parere dello scrivente è il caso della consegna della merce, già difettosa, in data 30 dicembre 2014 e ricevuta in reso, in data 31 gennaio 2015.

Esaminando con attenzione l’accadimento aziendale rappresentato, si potrebbe rilevare che l’evento aziendale, causa della rettifica del ricavo di vendita, è definitivamente formato alla data di bilancio, consistendo nella vendita di merce difettosa, evento già intervenuto alla data di bilancio, ed è anche oggettivamente determinabile.

Ne potrebbe derivare la rilevanza fiscale del reso, evento verificatosi nell’anno 2015, già nell’esercizio 2014. Tuttavia, a tale interpretazione si potrebbe contrapporre quella secondo la quale l’obbligazione della rettifica della vendita interviene per atto di contestazione del cessionario che si è verificata nel solo anno 2015. Tale evento è quindi definitivamente formato nell’anno successivo a quello della vendita.

Non sono, quindi, sempre semplici i termini di corretta applicazione della competenza fiscale, criterio che deve essere attentamente esaminato caso per caso.

Si ricorda che nell’ambito delle fasi di accertamento, l’ufficio ha l’onere di fornire la prova dei maggiori proventi mentre incombe sul contribuente l’onere di fornire la prova della sussistenza delle condizioni di deducibilità dei costi.

LA CORREZIONE DEGLI ERRORI E LA RILEVANZA FISCALE CIRCOLARE 31/E/2013

L’amministrazione finanziaria, in osservazione dei principi giurisprudenziali consolidati e di cui in premessa, ha affermato che: il contribuente può emendare le dichiarazioni dei redditi per correggere errori contabili che implicano un’errata applicazione del principio di competenza, al fine di escludere il fenomeno di doppia imposizione di cui all’articolo 163 del TUIR.

Nella circolare 31/E/2013, sono state indicate le procedura adottabili per evitare il fenomeno della doppia imposizione riconducibile alla rilevazione di errori contabili per la cui individuazione si rinvia ai paragrafi precedenti e che si traducono nell’errata applicazione del principio di competenza.

I casi esaminati dalla circolare possono essere sintetizzati come segue:

  • Errata rilevazione di un costo registrato in un esercizio successivo a quello di competenza;

  • Errata rilevazione di un componente positivo registrato in un esercizio successivo rispetto a quello di competenza.

A – Errata applicazione del principio competenza dei costi

Nella circolare 31/E/2013, è indicata la procedura adottabile per emendare le dichiarazioni dei redditi, al fine di escludere la doppia imposizione, con riferimento al caso in cui nell’esercizio X+1 sia rilevato un costo di competenza di un precedente esercizio X.

Va preliminarmente osservato che il documento di prassi non esamina, con riferimento agli errori di contabilizzazione dei costi, le seguenti due ipotesi:

  • Nell’esercizio X è imputato un costo di competenza dell’esercizio X+1, esercizio nel quale è scoperto l’errore e si provvede quindi a rilevare il costo nella corretta classificazione nel conto economico con contropartita una sopravvenienza attiva tra i proventi straordinari;

  • Nell’esercizio X è imputato un costo non inerente l’attività dell’impresa, mancata inerenza scoperta nel successivo esercizio X+1, esercizio nel quale è rilevata una sopravvenienza attiva con contropartita il debito, se ancora esistente, ovvero un credito verso il soggetto che è stato impropriamente pagato.

Tuttavia si ritiene che le procedure indicate e di cui di seguito siano applicabili anche ai casi di cui sopra.

Se, quindi, nell’esercizio X+1 è rilevato un costo di competenza di un esercizio precedente, iscritto nella voce sopravvenienza passiva, il contribuente dovrà dapprima rilevare una variazione in aumento per l’importo del costo rilevato, al fine di neutralizzare l’erronea applicazione del principio di competenza di cui all’articolo 109 co.1 del TUIR.

Al fine di evitare il fenomeno della doppia imposizione, il contribuente potrà emendare la dichiarazione relativa al periodo di corretta imputazione temporale, periodo in cui il costo doveva essere rilevato ai sensi dell’articolo 109 del TUIR.

Se l’annualità di corretta imputazione risulta ancora emendabile ai sensi dell’articolo 2 comma 8 bis del DPR 322/1998, il contribuente potrà, semplicemente, presentare una dichiarazione integrativa, entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo, per far emergere il minor imponibile reddituale.

Qualora invece l’annualità di corretta imputazione del costo non risulti più emendabile ai sensi del comma 8 bis dell’articolo 2 del DPR 322/1998, il contribuente dovrà procedere alla riliquidazione delle dichiarazioni relative alle annualità precedenti fino all’ultima dichiarazione di imposta presentata ed emendabile ai sensi della norma appena richiamata. Per tale annualità, il contribuente presenterà una dichiarazione integrativa, nella quale confluiranno le risultanze delle precedenti riliquidazioni dallo stesso autonomamente effettuate e tale dichiarazione integrativa rappresenta il veicolo mediante il quale sono resi noti all’agenzia delle entrate gli esiti dell’attività di autoliquidazione.

Si segnala che, per il caso appena rappresentato, l’ufficio, rilevando in sede di liquidazione della dichiarazione integrativa presentata ai sensi del co. 8 bis dell’articolo 2 del DPR 322/1998, le anomalie nei dati indicati e riconducibili alle liquidazioni autonomamente effettuate e relative alle annualità precedenti, che risultano contenute in dichiarazioni non presentate all’agenzia, inviterà il contribuente a fornire i chiarimenti necessari per riscontrare l’esattezza del comportamento dichiarativo adottato in rettifica.

Si deve rilevare che, poiché le rettifiche in trattativa generano un minor debito di imposta (ovvero un minor imponibile o un maggiore credito di imposta), non si determina l’applicazione di alcuna sanzione amministrativa a carico del contribuente per infedele presentazione delle dichiarazioni presentate.

B – Errata applicazione del principio di competenza dei ricavi

Nella circolare 31/E/2013 è esaminato anche il caso esaminato per il quale nel periodo di imposta X+1 è rilevato un ricavo di competenza del precedente periodo X, mediante imputazione alla voce sopravvenienza attiva.

Il contribuente dovrà indicare nella dichiarazione dei redditi del periodo X+1, una variazione in diminuzione, con riferimento alla sopravvenienza attiva rilevata in bilancio, in quanto tale componente positivo non è di competenza del periodo di rilevazione.

L’amministrazione precisa che, per l’ipotesi in trattativa il contribuente è tenuto alla presentazione di una dichiarazione integrativa a sfavore, ai sensi dell’articolo 2 comma 8 del DPR 322/1998, avente ad oggetto il periodo di imposta di corretta imputazione temporale del componente positivo, potendo avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso nella determinazione delle sanzioni amministrative dovute.

Laddove la corretta imputazione del ricavo interessi precedenti annualità con effetto anche con riferimento ad annualità successive, per le quali siano già state presentate le relative dichiarazioni, il contribuente è tenuto alla ricostruzione di tutte le annualità interessate dalla corretta imputazione del ricavo.

Se per esempio il ricavo rilevato nell’anno 2014 è di competenza del periodo di imposta 2012, il contribuente dovrà presentare la dichiarazione integrativa per l’anno 2012 e laddove questa generi originariamente una perdita fiscale utilizzabile in compensazione, il contribuente dovrà presentare anche la successiva dichiarazione, relativa all’anno 2013, per rappresentare l’effetto in tale annualità generato dalla corretta imputazione del ricavo nell’anno 2012.

Si segnala che, l’agenzia delle entrate ha precisato che la variazione in diminuzione da indicare nella dichiarazione relativa all’anno di rilevazione della sopravvenienza attiva, riconducibile ad un ricavo di competenza di annualità precedenti, è subordinata all’assoggettamento ad imposta di tale componente positivo nel corretto periodo mediante la presentazione delle dichiarazioni integrative a sfavore relative all’annualità di corretta competenza e alle annualità successive, nell’eventualità che la correzione generi effetti anche sulle liquidazione dell’imponibile e delle imposte di tali successivi periodi.

Tale precisazione, che subordina l’irrilevanza fiscale della sopravvenienza attiva nell’esercizio di rilevazione dell’errore, non sembra essere condivisibile perché tende ad affermare che la corretta applicazione dei criteri di competenza previsti dall’articolo 109 del TUIR, con riferimento ai componenti positivi, siano derogabili se il contribuente non adottati i corretti comportamento dichiarativi integrativi. In realtà la sopravvenienza attiva è non imponibile di per sé in quanto rappresenta un provento non di competenza del periodo di rilevazione.

19 maggio 2015

Mario Agostinelli