se la Onlus esercita attività di consultorio, può svolgere una parte di tale attività a fronte di un pagamento dell’utente senza perdere la qualifica di organizzazione non lucrativa
Con la risoluzione n. 10/E del 22 gennaio 2015 l’Agenzia delle Entrate ha risposto ad un interpello ex art. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente) concernente l’interpretazione dell’articolo 10 del D.lgs. n. 460 del 1997. Tale decreto ha riordinato la disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale. In particolare l’art. 10ha identificato le O.N.L.U.S., che non sono un’altra tipologia giuridica di diritto civile di organizzazione non profit, ma una categoria del diritto tributario in cui rientrano tutte le associazioni, i comitati, le fondazioni, le società cooperative e gli altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, che perseguano esclusivamente finalità di solidarietà sociale”e che posseggono una serie di altre caratteristiche, riportate nello statuto. La qualifica di Onlus permette ad una organizzazione non profit di godere di una serie di vantaggi e facilitazioni fiscali previsti da questa e da altre leggi.
Nel caso in esame la Fondazione Alfa ha chiesto chiarimenti in merito alla possibilità di mantenere la qualifica di ONLUS, anche nell’ipotesi in cui, nell’ambito della propria attività di consultorio renda anche prestazioni il cui corrispettivo, non rimborsato dalla Regione, resta a carico dello stesso utente.
Preliminarmente va sottolineato che con la risoluzione n. 70/E del 25 marzo 2009 l’Amministrazione Finanziaria ha chiarito che un ente che gestisce un consultorio può essere iscritto nell’anagrafe ONLUS, in quanto l’attività esercitata rientrerebbe nel settore dell’assistenza sociale e socio-sanitaria di cui all’articolo 10, comma 1, lettera a), n. 1, del D. Lgs. n. 460 del 1997, qualora, però, il consultorio realizzi gli scopi previsti dall’articolo 1 della legge n. 405 del 1975, senza oneri economici a carico degli utenti-assistiti.
Cosa accade se l’ente, nell’ambito della propria attività di consultorio, renda anche prestazioni il cui corrispettivo resta a carico dell’utente? Con la risoluzione in esame l’Agenzia delle Entrate ha innanzitutto sottolineato che l’articolo 10, comma 1, lettera c, del citato D. Lgs. n. 460 prevede, per le ONLUS, il divieto di svolgere attività diverse da quelle previste istituzionalmente e nei settori indicati, “ad eccezione delle attività ad esse direttamente connesse”. Il comma 5 del medesimo articolo consente di considerare direttamente connesse a quelle istituzionali una serie di attività, tra le quali “… le attività accessorie per natura a quelle statutarie istituzionali, in quanto integrative delle stesse”. Lo stesso comma fissa i limiti per l’esercizio delle attività connesse in relazione a ciascun esercizio e nell’ambito di ciascuno dei settori istituzionali:
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non devono essere prevalenti rispetto a quelle istituzionali,
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i relativi proventi non devono superare il 66% delle spese complessive dell’organizzazione.
L’Amministrazione Finanziaria, con la circolare n. 168/E del 26 giugno 1998, ha precisato che la prevalenza va valutata tenendo conto di un insieme di elementi rilevanti al fine di una comparazione tra le attività istituzionali e quelle direttamente connesse, quali ad es. gli investimenti, l’impiego delle risorse materiali ed umane ed il numero delle prestazioni effettuate.
Ciò posto l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto, con la risoluzione ut supra, che le ulteriori prestazioni erogate nell’ambito dell’attività di consultorio e rimaste a carico dell’utente possano rientrare tra le attività “direttamente connesse” previste dal comma 5 dell’articolo 10 del D.Lgs. n. 460 del 1997.
4 febbraio 2015
Anna Maria Pia Chionna