Accordi di ristrutturazione dei debiti e recupero dell'IVA

la pubblicazione del Decreto sulle semplificazioni porta buone notizie per i contribuenti costretti ad aderire ad un accordo di ristruttrazione dei debiti: con le nuove norme anche lo stralcio di un credito che nasce da tale procedura concorsuale minore beneficia del recupero dell’IVA

Il Decreto sulle semplificazioni, emanato in attuazione della legge delega fiscale, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (serie generale n. 277 del 28 novembre 2014). Una volta decorso il periodo di quindici giorni, quindi dal 13 dicembre 2014, sarà pienamente operativo ed efficace.

Una rilevante novità riguarda anche la possibilità di recuperare l’Iva a debito, attraverso l’emissione di un’apposita nota di variazione ex art. 26 del D.P.R. n. 633/1972, nelle ipotesi di mancato pagamento a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182 – bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, pubblicato nel registro delle imprese.

 

La disposizione citata prevedeva, anteriormente alla modifica in rassegna, la possibilità di emettere note di variazione in diminuzione qualora il mancato pagamento (totale o parziale) dell’operazione Iva fosse causato da una procedura concorsuale o in presenza di una procedura esecutiva rimasta infruttuosa.

L’amministrazione finanziaria ha fornito i necessari chiarimenti circa l’ambito applicativo della disposizione con la Circ. n. 77/E del 17 aprile 2000.

Al fine di “recuperare” l’Iva in precedenza addebitata è necessario attendere la definitività della procedura, quindi, per il fallimento, la scadenza del termine di quindici giorni accordato ai creditori per far pervenire osservazioni sul piano di riparto o, in mancanza, la scadenza del termine per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento.

Nell’ipotesi di liquidazione coatta amministrativa è necessario attendere il termine per le opposizioni al piano di riparto.

Nel caso di concordato fallimentare l’attesa riguarderà il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione. Invece nelle ipotesi di concordato preventivo si dovrà attendere il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione nonché il momento in cui il debitore concordatario adempie agli obblighi assunti in sede di concordato.

Anteriormente all’intervento realizzato con il decreto sulle semplificazioni, in base ad un’interpretazione letterale dell’art. 26 in rassegna, gli accordi di ristrutturazione non avrebbero potuto consentire il recupero dell’Iva con l’emissione di apposita nota di variazione. Tuttavia una parte della dottrina, riteneva anche in passato, in base ad un’interpretazione di tipo sistematico, la legittimità del recupero dell’Iva anche nell’ambito di un accordo di ristrutturazione. Secondo questo orientamento lo “stato di insolvenza” non costituisce più condizione minima di accesso alle procedure concorsuali “in quanto la soglia per l’ammissione alle procedure di base è stata – per così dire – arretrata allo stato di crisi”. In buona sostanza, secondo questo orientamento, il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti possono trovare applicazione non solo in ipotesi di accertata insolvenza, ma più in generale ogniqualvolta si ravvisi uno “stato di crisi” ancora prodromico rispetto all’insolvenza. Pertanto non sarebbe più lo stato di insolvenza, ma lo stato di crisi a dover essere elevato a presupposto di applicazione dell’art.26, con l’ulteriore conseguenza di comprendere anche gli accordi di ristrutturazione nel perimetro applicativo della disposizione in esame.

I dubbi interpretativi circa gli effetti degli accordi di ristrutturazioni sono stati dissipati con un intervento del legislatore. In particolare, l’art. 31 del decreto legislativo sulle semplificazioni (D.lgs. n. 175 del 21 novembre 2014), ha previsto espressamente, anche con riferimento a tale fattispecie, la possibilità di recuperare l’Iva.

E’ stato così modificato l’art. 26, comma 2 del D.P.R. n. 633/1972 che consente ora l’emissione di note di credito (in diminuzione) senza la necessità di osservare il limite di un anno, includendo tra le operazioni che ne danno diritto anche l’accordo di ristrutturazione dei debiti nonché il piano di risanamento.

La modifica ha di fatto uniformato la disciplina a quella prevista per le imposte sui redditi. Il precedente intervento sul testo dell’art. 101, comma 5 del D.P.R. n. 917/1986 (realizzato ad opera del d.l. n. 83/2012) ha ampliato le condizioni per la deducibilità delle perdite su crediti, con un’apertura anche a quelle derivanti dall’accordo di ristrutturazione dei debiti oltre a quello da assoggettamento del debitore a procedure concorsuali.

Nicola Forte

2 dicembre 2014