Decreto sblocca Italia: la deduzione per acquisto di immobili troppo è soft?

analizziamo come potrebbe funzionare la deduzione IRPEF prevista per i contribuenti che acquistano immobili: dalle proiezioni appare che tale agevolazione rischia di non essere abbastanza pesante per dar fiato al mercato immobiliare

Il Decreto c.d. sblocca Italia ha previsto una nuova deduzione per le persone fisiche che acquistano immobili di tipo abitativo da destinare al mercato delle locazioni. Tuttavia, il nuovo bonus non sembra essere particolarmente conveniente e non in grado, conseguentemente, di rilanciare il mercato dell’edilizia e delle locazioni.

La disposizione prevede un numero eccessivo di condizioni per ottenere il beneficio. Inoltre sono troppo numerosi i profili di incertezza che caratterizzano l’applicazione della nuova norma. Il meccanismo, poi, non si traduce in un risparmio secco di 60 mila euro (massimale) in quanto i primi commentatori della nuova disposizione attribuiscono al beneficio la natura di onere deducibile. Conseguentemente la misura della deduzione è strettamente collegata all’ammontare del reddito imponibile dichiarato dal contribuente e all’aliquota marginale. Ad esempio per un reddito fino a 15 mila euro il contribuente potrà ottenere un risparmio massimo annuale di 1.725 euro (senza considerare le relative addizionali).

Uno dei tanti punti che desta maggiori perplessità riguarda il profilo soggettivo, cioè l’individuazione dei soggetti che potranno applicare la nuova norma. Infatti, la disposizione prevede espressamente che potranno fruire del bonus le persone fisiche non esercenti attività commerciali, le cooperative edilizie ovvero soggetti privati del terzo settore.

L’espressione “terzo settore” utilizzata dal Decreto dovrebbe essere intesa in senso ampio e quindi riguardare, in generale, non solo le ONLUS, ma gli enti non commerciali in generale. Tuttavia, questi soggetti sono tenuti al versamento dell’IRES. E’ perlomeno singolare che il Decreto limiti l’applicazione della nuova deduzione all’imposta sul reddito delle persone fisiche. In altre parole, se gli enti non commerciali sono soggetti all’IRES con le medesime modalità (anche se con una diversa base imponibile) delle società non si comprende attraverso quale meccanismo (come) e quale oggetto possano beneficiare del risparmio dell’IRPEF. Il punto dovrà essere chiarito dalle disposizione di attuazione del Decreto.

 

L’ammontare modesto del risparmio fiscale sembra desumersi dal dato letterale della disposizione che però, dal punto di vista tecnico, risulta sicuramente imprecisa. La norma riconosce in favore degli acquirenti del predetti immobili una deduzione dall’IRPEF. L’utilizzo dell’espressione “deduzione” vuole significare che il beneficio fiscale si sostanzia in una riduzione del reddito imponibile, cioè della base di calcolo delle imposte. Non è comprensibile, però, per quale ragione il Decreto faccia riferimento alla riduzione dell’IRPEF quando più correttamente avrebbe dovuto fare riferimento alla riduzione del reddito imponibile (come per gli oneri deducibili di cui all’art. 10 del TUIR).

Naturalmente la riduzione del reddito imponibile determina, quale ulteriore conseguenza, la diminuzione dell’IRPEF e delle relative addizionali, ma la formula, sotto il profilo squisitamente tecnico non è formulata correttamente.

 

Non è così difficile comprendere che la soluzione scelta dal Decreto, ove confermata, si traduce in un minor vantaggio per gli acquirenti. La deduzione deve essere calcolata nella misura del 20% sul costo di acquisto o di costruzione dell’immobile residenziale considerando, però, un limite massimo (del costo preso a base per il calcolo) di 300 mila euro.

Conseguentemente se il Decreto avesse scelto di attribuire il beneficio fiscale sotto forma di detrazione di imposta (in diminuzione diretta dell’IRPEF), il risparmio dell’acquirente avrebbe potuto raggiungere il limite di 60 mila euro da dividere in otto quote di eguale importo (7.500 euro per ogni anno). Invece, avendo attribuito al bonus la natura di onere deducibile, la quota annuale di 7.500 euro (importo massimo deducibile) deve essere considerata in diminuzione del reddito imponibile. Per tale ragione se il contribuente ha dichiarato un reddito corrispondente al primo scaglione, la cui aliquota marginale è del 23%, l’IRPEF risparmiata ammonterà, come ricordato a 1.725 euro ogni anno. Il beneficio aumenterà con l’incremento del reddito dichiarato per effetto delle più elevate aliquote marginali.

11 settembre 2014

Nicola Forte