Redditometro: elementi di difesa nella fase del contraddittorio con il fisco

presentiamo alcuni utili spunti su come difendersi dagli accertamenti che partono sulla base del nuovo redditometro alla luce dei questionari per il periodo 2009 e seguenti

I contribuenti sono attualmente alle prese con i contraddittori con gli Uffici dell’Agenzia delle entrate in relazione ai dati inclusi nei questionari per il periodo d’imposta 2009.

Sono state, infatti, recapitate le prime lettere ai contribuenti che evidenziavano, per tale periodo di imposta, spese risultanti dall’anagrafe tributaria non compatibili con il reddito dichiarato (occorre uno scostamento del 20% tra reddito complessivo dichiarato e reddito complessivo accertabile).

Lo scopo è quello di attivare un confronto con il contribuente, in modo che si possano fornire eventuali giustificazioni alle apparenti anomalie ed, al contempo, richiedere alcune informazioni mancanti.

In caso di mancata partecipazione all’incontro o di mancata fornitura delle informazioni richieste, l’Ufficio potrà valutare:

– di attivare le indagini bancarie;

– di irrogare una sanzione da € 258,00 a € 2.065,00.

Nel caso di eventuale impedimento, è possibile fissare una differente data per l’incontro.

 

Nuovo redditometro

Riguardo al “nuovo” redditometro (art. 38, co. 4 e segg., D.P.R. 600/1973, come modificato dall’art. 22, D.L. 78/2010 ed attuato con il D.M. 24.12.2012) al contribuente sono imputate spese certe (es. quelle ricavabili dai dati presenti in Anagrafe tributaria) e spese per elementi certi, ossia quelle presuntivamente imputabili a fronte della disponibilità certa di determinati beni (es. le spese stimate per il carburante necessario per l’utilizzo di una vettura certamente posseduta; le spese – anche se quantificate in base ai dati Istat – correlate a parametri oggettivi del bene nella disponibilità del contribuente, come i metri quadri per gli immobili e i KW per gli autoveicoli). Non tutte le spese per elementi certi previste dal decreto attuativo potranno essere utilizzate, poiché alcune di esse fanno riferimento alla quantificazione media Istat: è il caso delle spese per elettrodomestici, per arredi e le spese per altri beni e servizi per la casa.

Non potranno essere utilizzate le spese per beni e servizi di uso corrente basate sulle medie Istat (Garante della Privacy, parere 21.11.2013, n. 515; C.M. n. 6/E/2014), salvo per quantificare le spese relative a beni e servizi la cui esistenza risulta in Anagrafe tributaria.

Inoltre, anche gli incrementi patrimoniali rilevano ai fini del calcolo dell’accertamento sintetico da redditometro.

Da ultimo, anche la quota di risparmio riscontrata nell’anno (differenza tra saldo iniziale e saldo finale del periodo d’imposta del denaro disponibile) concorre a ricostruire sinteticamente il reddito attribuibile al contribuente.

Nella imprescindibile (art. 38, co. 7, D.P.R. 600/1973; Cass., SS.UU., nn. 26635/2009, 26636/2009, 26637/2009 e 26638/2009) fase del contraddittorio il contribuente deve essere in grado di dimostrare che:

– i dati indicati nel questionario non sono corretti;

– il reddito effettivo è in grado di giustificare le spese sostenute.

Ecco di seguito alcuni elementi che i contribuenti possono utilizzare nella fase iniziale del contraddittorio (come pure in caso di eventuale contenzioso), anche al fine di superare talune richieste da parte dei funzionari degli Uffici.

 

Natura della presunzione e onere della prova

Un recente indirizzo della Cassazione ritiene che il risultato derivante dall’applicazione dell’accertamento sulla base del redditometro costituisca una presunzione semplice (1).

Per conseguenza l’onere probatorio è a carico dell’Ufficio, il quale deve provare l’effettiva personalizzazione dei parametri da software alla singola posizione del contribuente (2).

Inoltre, il redditometro rientra tra gli accertamenti di tipo standardizzato. Pertanto, va escluso ogni automatismo e si impone la flessibilità della valutazione dei risultati che scaturiscono dagli strumenti presuntivi (3).

 

Documentazione

Non sempre per il contribuente può recuperare quanto serve per documentare adeguatamene la propria posizione.

La mancata presentazione della documentazione in sede di contraddittorio potrebbe precludere la possibilità di presentare la stessa in sede di giudizio (art. 32, D.P.R. 600/1973).

Tuttavia, la preclusione probatoria non opera se la mancata esibizione dei documenti è stata determinata dalla manifesta difficoltà di reperimento degli stessi, adottando l’ordinaria diligenza (4).

Inoltre l’operatività della preclusione richiede la sussistenza dell’elemento soggettivo di voler impedire o rendere difficoltoso l’accertamento; in assenza di tale elemento, in sede difensiva il contribuente può legittimamente produrre un’ulteriore documentazione rispetto a quanto fatto nell’ambito del contraddittorio, senza limitazioni di sorta (5).

Peraltro, la preclusione non opera per i dati già a disposizione dell’Amministrazione finanziaria (6).

 

Dichiarazioni di terzi

Le dichiarazioni di terzi hanno valore indiziario, per cui per formare piena prova devono essere confermate da elementi ulteriori (7).

Possono, comunque, essere valutate in sede contenziosa e concorrere al convincimento del Giudice.

 

Reddito familiare

L’Ufficio, già nell’analisi dei contribuenti da selezionare in vista dell’accertamento per via della presenza di significativi scostamenti tra reddito dichiarato e capacità di spesa manifestata, è tenuto a considerare la non congruità (scostamento) del reddito dichiarato rispetto alle spese imputabili al nucleo familiare.

In particolare, l’art. 2, D.M. 24.12.2012 stabilisce che si considerano sostenute dal contribuente le spese relative ai beni e servizi effettuate dal coniuge e dai familiari fiscalmente a carico.

L’art. 3 del medesimo decreto invece stabilisce che l’ammontare delle spese medie Istat riferite ai consumi del nucleo familiare di appartenenza, vadano imputate ai singoli componenti:

– nella percentuale corrispondente al rapporto tra il reddito complessivo attribuibile al contribuente ed il totale dei redditi complessivi attribuibili ai componenti del nucleo familiare;

– in assenza di redditi dichiarati dal nucleo familiare nella percentuale corrispondente tra le spese sostenute dal contribuente ed il totale delle spese dell’intero nucleo familiare, secondo i dati presenti in Anagrafe tributaria.

 

Fitto figurativo

Tale valore, in assenza di altre abitazioni nel Comune di residenza, va considerato solo dopo la fase di selezione del contribuente da sottoporre ad accertamento redditometrico. Quindi, il contribuente dovrebbe risultare teoricamente accertabile anche senza considerare il fitto figurativo.

In particolare, nel questionario sarà indicato che il fitto figurativo verrà attribuito (cioè parteciperà induttivamente alla ricostruzione redditometrica), sussistendone i presupposti, in assenza di chiarimenti da parte del contribuente.

Il contribuente dovrà pertanto rappresentare la propria condizione abitativa, indicando il luogo in cui materialmente dimora (l’Ufficio potrà poi attribuire al contribuente le “spese per elementi certi”, come acqua, spese condominiali, manutenzione ordinaria); in pratica, il costo figurativo verrà attribuito solo nella successiva fase in contraddittorio, mentre tale elemento non rileva ai fini della selezione.

La valorizzazione (che concorrerà alla determinazione dell’imponibile accertabile) è stabilita dalla Tabella A allegata al D.M. 24.12.2012 (8).

Per non far scattare l’attribuzione del fitto figurativo è necessario che il contribuente abbia a disposizione un’abitazione; questa può essere detenuta a titolo di proprietà o per l’effetto di altro diritto reale, come pure in locazione, leasing e comodato da un familiare; ancorché il decreto attuativo limiti il comodato alle sole ipotesi di utilizzo “da familiare”, le circolari esplicative dell’Agenzia delle Entrate estendono la casistica a qualsiasi tipologia di soggetto, anche non familiare. Così, ad esempio, una contribuente potrebbe dimostrare di avere a disposizione un’unità immobiliare poiché convive con il proprio compagno che risulta essere il solo intestatario di un contratto di locazione.

 

Disponibilità dei beni

Non conta la proprietà del bene, ma la disponibilità (9). Nel calcolo redditometrico non vanno considerati i beni che sono utilizzati per la propria impresa o arte e professione.

I beni annotati nel registro dei beni ammortizzabili non rilevano ai fini del redditometro (10).

Le auto utilizzate ad uso promiscuo rilevano ai fini del redditometro per la quota di spesa non fiscalmente deducibile (11).

 

Reddito dichiarato insufficiente

Il reddito dichiarato potrebbe risultare insufficiente a coprire le spese imputabili al contribuente.

Il contribuente può far riferimento al reddito finanziario disponibile (12).

Difatti, può dimostrare anche il reddito reale finanziario disponibile che può divergere da quanto indicato nel Modello Unico.

Ad esempio, un agricoltore che determina il reddito sulla base della rendita agraria del terreno (forfetario) potrà dimostrare un reddito finanziario disponibile (reale) maggiore, esibendo i registri Iva.

Analogo discorso può valere per coloro che hanno percepito dividendi o plusvalenze tassate alla fonte a titolo d’imposta (es. per le partecipazioni non qualificate) o in misura inferiore a quanto percepito (es. al 49,72% per le partecipazioni qualificate in soggetti Ires), come pure altre tipologie di reddito (es. indennità di esproprio non indicate nella dichiarazione dei redditi).

 

Incrementi patrimoniali

L’incremento patrimoniale viene attribuito tutto all’anno in cui la spesa è stata sostenuta, al netto:

– del mutuo o del finanziamento ottenuto (anche presso familiari) per l’acquisto;

– dei disinvestimenti (considerando qualunque forma di smobilizzo: cessione di immobili, di strumenti finanziari, riscatto di polizza assicurativa, ecc.) compiuti nell’anno e nei quattro precedenti all’acquisto dei beni.

Il contribuente non deve provare la connessione diretta tra spese per investimenti e flussi ricevuti da disinvestimenti, giacché è la norma stessa che prevede la diminuzione degli incrementi patrimoniali in base ai disinvestimenti effettuati.

Inoltre, laddove l’investimento sia stato effettuato con prelievo di denaro già nella disponibilità del contribuente, neppure si può parlare di “incremento” patrimoniale, ma di un mero mutamento qualitativo del proprio patrimonio.

In sede di contraddittorio il contribuente potrà fornire la prova relativa:

– alla formazione della provvista, che potrebbe anche essersi realizzata nel corso di un periodo diverso rispetto ai quattro anni indicati nel decreto;

– all’utilizzo della provvista per l’effettuazione dello specifico investimento (13).

La stessa Agenzia delle entrate, con la C.M. 12/E/2010, ha chiarito che, tra gli elementi sui quali può essere fondata la prova contraria “va certamente compresa la dimostrazione che le spese per il mantenimento dei beni e servizi indice di capacità contributiva (dalle quali viene desunto il maggior reddito determinato sinteticamente) sono state coperte con elementi patrimoniali accumulati in periodi d’imposta precedenti o sono state finanziate da economie terze”.

Per la prova contraria rispetto agli incrementi patrimoniali contestati dal fisco nell’ambito del redditometro basta documentare la disponibilità di redditi sufficienti a far fronte a tali incrementi, mentre non è necessario dimostrare che proprio quei redditi siano stati impiegati per affrontare le spese per incrementi patrimoniali recuperate a tassazione dall’Ufficio.

Anzi, secondo la Corte di Cassazione è semmai l’Ufficio a dovere dimostrare che il documentato disinvestimento non è servito per effettuare l’incremento patrimoniale, mentre il contribuente “non è tenuto a fornire la prova contraria circa la provenienza degli originari redditi che, tra l’altro, risulterebbe quasi diabolica” (14).

La Cass. 8995/2014 ha ritenuto che il contribuente debba dimostrare solo il possesso di redditi o somme esclusi da tassazione per un periodo congruo e utile a far ragionevolmente presumere che quei redditi e quelle somme siano state impiegate a fronte del tenore di vita presuntivamente determinato dal redditometro. Pertanto, non è necessario dimostrare il puntuale utilizzo delle risorse disponibili, ma unicamente la ragionevole disponibilità delle stesse nel periodo contestato.

Ancora, sia la Cass. 5794/2001 che la Cass. 17.6.2011, n. 13289 confermano che la prova può essere ampliata, anche attraverso l’utilizzo di presunzioni.

 

Acquisto/donazione

Un acquisto formale potrebbe in realtà mascherare una donazione. Qui l’onere della prova è a carico del contribuente il quale deve dimostrare la simulazione dell’atto ed ottenere così l’annullamento dell’accertamento (15).

Non vi è alcuna manifestazione di ricchezza anche nel caso di donazione indiretta, come nel caso del figlio che acquista un immobile con denaro elargito dal padre (16).

 

Note

(1) Cass. 26635/2009; Cass. 22552/2010; Cass. 13289/2011; Cass. 23554/2012; Cass. 6.2.2013, n. 2806; Cass. 29.1.2014, n. 2015). Conformi anche Ctr del Piemonte 24.11.2011, n. 76/14/11; Ctr del Lazio, sez. Roma, 4.3.2013, n. 59/38/13; Ctp di Padova, sent. 2.2.2010, n. 31; Ctp di Trieste, sent. 10.1.2013, n. 1; Ctp di Genova, sent. 14.2.2013, n. 49; Ctp Torino 1.7.2011, n. 136/2/11; Ctp di Torino, sent. 39/04/2013; Ctr Friuli Venezia Giulia, sez. Trieste, 10.1.2013, n. 22/11/13; Ctp Treviso, sent. 122/5/2013.

(2) (Ctp di Bari, sent. 10.5.2013, n. 146/1/13).

(3) Ctp di Novara, sent. 1.3.2010, n. 14; Ctp di Vicenza, sent. 13.10.2010, n. 148; Ctp di Alessandria, 2.4.2014, n. 1281/14; Ctp di Varese, sent. 13.4.2012, n. 53; Ctr del Piemonte, Sez. Torino, Sez. XIV, sent. 24.11.2011, n. 76/14/11; Ctp di Torino, sentt. nn. 2 e 3/4/13.

(4) Cass. 27595/2013; Cass. 27.6.2011, n. 14027; Cass. 26.10.2009, n. 21967; Cass. 26.3.2009, n. 7269; Cass. 30.12.2009, n. 28049; C.M. 5.12.2000, n. 224, par. 5.1.

(5) Cass. 4.4.2014, n. 7978

(6) art. 6, co. 4, L. 212/2000; Ctc 12.11.1996, n. 5606

(7) Cass. 1.3.2002, n. 2992; Cass. 14.5.2007, n. 11048; Cass. 14.3.2007, n. 5942; Cass. 13.11.2006, n. 24200.

(8) Moltiplicando il valore del canone di locazione al metro quadrato basato sui dati Omi, fissato per un immobile di categoria A/2 per 75 metri quadrati.

(9) Art. 2, co. 2, D.M. 24.12.2012.

(10) Cass. 3.5.2011, n. 9549.

(11) C.M. 15.2.2013, n. 1/E, par. 1.2.

(12) C.M. 21.6.2011, n. 28/E, par. 6.3.

(13) C.M. 24/E/2013, par. 3.6.7

(14) Cass. 19.3.2014, n. 6396; Cass. 18.4.2014, n. 8995; Cass. 12.2.2014, n. 311.

(15) Cass. 8.6.2000, n. 7802; Cass. 6.5.2009, n. 10385; Ctr della Toscana, 13.4.2010, n. 47; Ctr del Lazio, sez. Roma, 11.7.2013, n. 286/38/13; Ctp di Alessandria, 8.3.2012, n. 38.

(16) Cass. 17.10.2012, n. 17805).

 

9 luglio 2014

Vincenzo D’Andò